Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25824 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 27/10/2016, dep.14/12/2016),  n. 25824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11808-2012 proposto da:

P.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

DELLE MILIZIE 34, presso lo studio il suo studio, difeso da se

stesso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 53/2/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di P.F., avvocato, di cartella di pagamento portante IRAP per gli anni di imposta 2001 e 2003, la C.T.R. del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello del contribuente, confermava integralmente la decisione di primo grado che aveva rigettato, previa riunione, i ricorsi.

In particolare, secondo il Giudice di appello l’attività di recupero dell’imposta, dichiarata come dovuta dal contribuente e da questi non versata, posta in essere dall’Agenzia delle Entrate attraverso l’emissione delle cartelle impugnate era pienamente legittima, essendo stata, tra l’altro, preceduta dalla comunicazione di irregolarità; mentre, per altro verso, essendo la cartella impugnabile solo per vizi suoi propri non poteva più introdursi in giudizio il profilo della sussistenza della pretesa tributaria, avendo il contribuente altri mezzi a sua disposizione quali la presentazione di dichiarazione integrativa ovvero la presentazione di istanza di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38.

Avverso la sentenza ricorre, su quattro motivi, il contribuente.

L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare atto di costituzione.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo – rubricato: violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) – violazione dei principi e dei presupposti per la riunione dei giudizi – si deduce l’errore perpetrato dal Giudice di appello per avere ritenuto sussistenti i presupposti per la riunione dei ricorsi (disposta dalla C.T.P.), laddove, nella specie, non vi era tra i due procedimenti alcuna connessione oggettiva.

1.1. La censura è inammissibile laddove, oltre ad essere stata erroneamente dedotta sotto l’egida della violazione di legge e non dell’error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4, la riunione delle cause rientra nel potere discrezionale del giudice di merito onde la relativa statuizione non è censurabile in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo – rubricato: violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) nonchè motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) – si deduce l’errore in diritto commesso dal Giudice di appello laddove aveva ritenuto che, vertendosi in ipotesi di cartella emessa sulla base di pura attività di liquidazione dell’imposta dovuta e non versata, era esclusa in capo al contribuente alcuna possibilità di rettifica in sede di impugnazione.

2.1. La censura è fondata alla luce del principio consolidato e di recente ribadito (Cass. n.4049 del 27/02/2015 e SS.UU. n.13378/2016) secondo cui “in tema d’IRAP, il contribuente può contestare la debenza del tributo, frutto di errore nella dichiarazione presentata, anche in sede d’impugnazione della cartella di pagamento, nonostante la scadenza del termine di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis, atteso che le dichiarazioni dei redditi sono, in linea di principio, sempre emendabili, sin in sede processuale, ove per effetto dell’errore commesso derivi, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del dichiarante ad un tributo più gravoso di quello previsto dalla legge”.

3. L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo e del quarto, avendo la Commissione regionale errato nel ritenere precluso l’esame del merito della pretesa tributaria.

4. Pertanto, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbiti il terzo e quarto, la sentenza impugnata va cassata e va disposto il rinvio alla C.T.R. della Lazio perchè, adeguandosi ai superiori principi, provveda all’esame del merito e regoli le spese di lite.

PQM

La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbiti terzo e quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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