Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25823 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. II, 14/10/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 14/10/2019), n.25823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9740/2018 proposto da:

P.A., L.T., PA.AN.,

p.a., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 2/B,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PICONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ORLANDO MARIO CANDIANO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il

21/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che i sig.ri L.T., p.a., P.A. e Pa.An. hanno proposto ricorso per la cassazione del Decreto 21 novembre 2017, n. 4264, con cui la corte di appello di Bari ha rigettato l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, da loro proposta avverso il Decreto n. 2167 del 2017, adottato dal consigliere delegato della stessa corte, ai sensi della stessa L. n. 89 del 2001, art. 3, in data 4.5.17;

che la corte territoriale ha giudicato inammissibile l’opposizione proposta dagli odierni ricorrenti avverso il Decreto del consigliere delegato n. 2167 del 2017 sul rilievo che tale decreto riguardava le domande di equa riparazione proposte da soggetti diversi dai sigg.ri L. – P., ossia la domanda di G.D. (proc. n. 704/17) e la domanda degli eredi T. (proc. n. 706/17), con conseguente carenza di interesse all’impugnazione, ex art. 100 c.p.c., dei sigg.ri L. – P.;

che nell’esposizione di fatto svolta nel ricorso per cassazione i sigg.ri L. – P. riferiscono che essi avevano chiesto alla corte di appello di Bari, quali eredi di P.V., l’indennizzo per danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, per l’eccessiva durata del giudizio instaurato dal loro dante causa davanti alla Corte dei Conti per il riconoscimento di differenze sul trattamento pensionistico; che il consigliere delegato – dopo aver riunito il loro ricorso, recante il numero 707, con i su menzionati ricorsi nn. 704 e 706 – aveva rigettava il loro ricorso con decreto del 4.2.17 privo di numero cronologico e non comunicato e aveva rigettato i ricorsi nn. 704 e 706 con Decreto del 4.5.17 n. 2167/17; che il loro ricorso era stato rigettato sull’assunto che la domanda oggetto del giudizio presupposto era stata avanzata nella piena consapevolezza della sua inammissibilità, in quanto priva di una chiara esposizione dei fatti costitutivi della causa petendi e non preceduta dalla necessaria istanza amministrativa; che essi ricorrenti, con l’opposizione ex art. 5 ter, disattesa dalla corte barese con il decreto qui impugnato per cassazione, avevano censurato non solo il decreto del consigliere delegato del 4.5.17 n. 2167/17 ma anche (con richiesta di rimessione in termini) il decreto del consigliere delegato del 4.2.17 privo di numero cronologico;

che nel ricorso per cassazione si propongono quattro motivi;

che con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5) in cui la corte territoriale sarebbe incorsa omettendo di pronunciarsi sull’impugnazione del decreto del consigliere delegato del 4.2.17 privo di numero cronologico;

che con il secondo motivo – riferito al vizio di motivazione illogica e quindi inesistente (si richiama l’art. 360 c.p.c., n. 5) ed alla violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. – si censura la statuizione contenuta nel decreto del consigliere delegato del 4.2.17 secondo cui P.V. avrebbe avuto piena consapevolezza della inammissibilità della domanda da lui avanzata nel giudizio presupposto;

che con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 11 preleggi, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo applicabile la L. n. 89 del 2001, art. 2 sexies, nel testo risultante dalle modifiche recate dalla L. n. 208 del 2015 (entrata in vigore l’1.1.2016), anche per l’irragionevole durata del giudizio presupposto maturata fino al 31.12.2015;

che con il quarto motivo si solleva il dubbio di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2 sexies, per violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti fondamentali dell’uomo e degli artt. 24,111 e 117 Cost., lamentando altresì l’omessa pronuncia sulla questione, già sollevata nel giudizio di merito, da parte della corte territoriale;

che l’intimato Ministero dell’economia e delle Finanze non ha spiegato attività difensiva;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio dell’8 marzo 2019, per la quale non sono state depositate memorie;

ritenuto:

che il primo motivo è inammissibile perchè, da un lato, non attinge la ratio decidendi (carenza di interesse degli eredi P. alla caducazione di una decreto che non li riguardava) della declaratoria di inammissibilità dell’opposizione degli odierni ricorrenti al decreto del consigliere delegato del 4.5.17 n. 2167/17 e, d’altro lato, propone una doglianza di omessa pronuncia su una domanda – l’opposizione proposta degli eredi P. (anche) avverso il decreto del consigliere delegato, privo di numero, del 4.2.17 – della quale nel decreto qui impugnato non si fa alcuna menzione e nel ricorso per cassazione non si specificano gli estremi, non indicandosi in quali termini ed in quali luoghi dell’atto introduttivo del procedimento di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, la stessa sarebbe stata proposta (per il principio che, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario che le domande o eccezioni in relazione alle quali si lamenta l’omissione di pronuncia vengano riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, cfr., Cass. 5344/13);

che il secondo, il terzo e il quarto motivo sono inammissibili perchè non pertinenti alle motivazioni del decreto qui impugnato, sviluppando argomentazioni relative alla motivazione del decreto del consigliere delegato, privo di numero, del 4.2.17;

che quindi, in definitiva, il ricorso va giudicato inammissibile,per

l’inammissibilità dei motivi che lo sorreggono;

che non vi è luogo a regolazione delle spese del giudizio di cassazione, poichè l’intimato Ministero non si è difeso in questa sede;

che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, risultando dagli atti che il processo è esente dal pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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