Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25820 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2021, (ud. 07/07/2021, dep. 23/09/2021), n.25820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6563-2015 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 71,

presso lo studio dell’avvocato PIERPAOLO BAGNASCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE CIARAMELLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 8488/2014 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

depositata il 08/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2021 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza n. 8488/23/14 pubblicata l’8 ottobre 2014 la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta n. 361/10/12 con la quale era stato accolto il ricorso proposto da C.A. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti dalla stessa Agenzia delle Entrate e con il quale era stato rideterminato il reddito di impresa per l’anno d’imposta 2007 in Euro 87.531,00 a fronte di Euro 13.639,00 dichiarati con conseguente rideterminazione di IRPEF, IRAP ed IVA, sulla base di accertamento analitico induttivo;

che la Commissione tributaria regionale ha considerato che l’accertamento in questione era basato sugli stessi dati forniti dal contribuente esercente l’attività imprenditoriale di meccanico riparatore di autoveicoli, e che da tali dati erano emerse incongruenze e anomalie sia con riferimento agli indicatori economici indicati negli studi di settore, sia, in riferimento ad altri dati oggettivi che rendono inverosimili i ricavi dichiarati, per cui non necessitava alcun contraddittorio endoprocessuale come affermato dal giudice di primo grado;

che C.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su cinque motivi;

che l’Agenzia delle Entrate non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo si lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, convertito con modifiche con L. n. 427 del 1993, della L. n. 212 del 2000, artt. 5,6,7 e 10 e 12, nonché della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 21, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’omesso espletamento del contraddittorio endoprocessuale;

che con il secondo motivo si deduce ancora violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, convertito con modifiche con L. n. 427 del 1993, sotto un ulteriore profilo, degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento alle presunzioni considerate ai fini della determinazione del maggior reddito presunto;

che con il terzo motivo si assume ancora violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, convertito con modifiche con L. n. 427 del 1993, sotto un ulteriore profilo, degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al presunto comportamento aziendale antieconomico;

che con il quarto motivo si lamenta ancora violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, convertito con modifiche con L. n. 427 del 1993, sotto un ulteriore profilo, degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., in relazione ad un ultimo aspetto, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla mancata considerazione della ridotta capacità lavorativa del contribuente attuale ricorrente;

con il quinto motivo si lamenta violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento al calcolo del reddito presunto accertato;

che il primo motivo riferito all’omesso contraddittorio endoprocessuale è infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato (Cass. n. 24823/2015) il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Le Sezioni Unite hanno evidenziato, appunto, come, nella normativa tributaria nazionale, in relazione ai tributi non armonizzali, non si rinviene alcuna disposizione espressa che sancisca in via generale l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, al di fuori di precise disposizioni che tale contraddittorio prescrivono, peraltro a condizioni e con modalità ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi, quale “il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, (come modificato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, convertito in L. n. 122 del 2010), in tema di accertamento sintetico”. Nella specie, è pacifico che si verte in ipotesi di accertamento notificato “nel 2011″, ma per L’anno d’imposta 2007, in relazione al quale non opera la modifica normativa di cui al D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010. Invero” Il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, ha disposto (con l’art. 22, comma 1), con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche operano in relazione agli “accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazioné non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto” e quindi la norma ha effetto dal periodo d’imposta 2009 (cfr. Cass. n. 21041/2014; Class. n. 22746/2015);

che gli altri motivi sono tutti riferiti al merito dell’accertamento, alla valutazione delle prove, ed all’accertamento di circostanze di fatto, riservati al giudice del merito e non proponibili in sede di legittimità. Inoltre il quarto motivo è inammissibile anche sotto il profilo dell’irrilevanza: il documentato stato di invalidità del ricorrente, infatti, non rileva ai fini fiscali in quanto il motivo dell’assunzione dei dipendenti non può rilevare ai fini del calcolo del reddito per il quale rileva, invece, la congruità delle entrate in relazione alle spese senza che assuma alcun rilevo il motivo per il quale tali spese vengono sostenute;

nulla si dispone sulle spese non avendo la parte vincitrice svolto alcuna attività.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso con doppio contributo.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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