Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2582 del 05/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2582 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 26942-2009 proposto da:
PERFETTI ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CARLO MIRABELLO 14, presso lo studio
dell’avvocato MENDICINI MARIO, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 05/02/2014

nonchè contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 241/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 15/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MENDICINI che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA

1

SENTENZA
Ragioni della decisione
1.Angelo Perfetti propone, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso),
ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 241/14/08 con la quale, in controversia concernente
impugnazione di cartella di pagamento per Irpef relativa all’anno 1998, la C.T.R. Lazio sez. n. 14

nella specie la somma iscritta a ruolo derivava da un ricalcolo della tassazione separata che, a fronte
di una iniziale richiesta di € 6.353,97, era stata dall’Ufficio ridimensionata, mediante
provvedimento di sgravio, nella misura di € 2.556,03 richiesta nella cartella opposta.
2. Col primo motivo, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c., il contribuente, premesso che col
ricorso introduttivo era stato chiesto l’annullamento della cartella opposta deducendone
l’incomprensibilità e la mancanza di indicazioni circa la causale della pretesa e che su tale base i
primi giudici avevano disposto l’annullamento della suddetta cartella, si duole del fatto che i
giudici di appello abbiano ignorato tale punto pregiudiziale ed accolto il gravame dell’Ufficio
ritenendo la documentazione prodotta in quella sede idonea a dimostrare la fondatezza della pretesa.
Il motivo è (prescindendo da ogni altra possibile considerazione) innanzitutto inammissibile.
Nella situazione esposta dal ricorrente non è infatti ravvisabile il vizio denunciato (con conseguente
inadeguatezza del quesito proposto) perché l’omessa pronuncia è configurabile solo quando vi sia
un dovere del giudice di pronunciare. Nella specie, trattandosi di giudizio di appello, la devoluzione
al giudice avviene esclusivamente nell’ambito e nei limiti dei motivi d’appello, nel senso che la
proposizione di motivi “specifici” serve a delimitare l’ambito cognitorio del giudice
dell’impugnazione, il quale perciò è tenuto (e abilitato) a pronunciarsi (solo) sull’appello, non sulla
domanda proposta col ricorso introduttivo.
Ciò non esclude che, decidendo sull’impugnazione, il giudice d’appello debba tener conto di quella
domanda e degli elementi in fatto e diritto ad essa sottesi nonché della decisione sul punto resa dal
primo giudice, ma una eventuale mancata considerazione di tali circostanze potrebbe eventualmente

riformava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso del contribuente), rilevando che

viziare in vario modo la decisione d’appello (ad esempio, tra l’altro, per mancato rilievo
dell’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse, per mancato rilievo del giudicato interno
formatosi sul punto ecc.) tuttavia per motivi in ogni caso diversi da quello denunciato in questa
sede, essendo configurabile l’omessa pronuncia, come già rilevato, solo quando sussista un dovere
di pronuncia, laddove il giudice d’appello deve (e può) pronunciarsi esclusivamente nei limiti posti
dagli specifici motivi di impugnazione.

dell’indicazione richiesta dalla seconda parte dell’art. 366 bis (nonna applicabile ratione temporis) e
persino della chiara individuazione del fatto (inteso in senso storico e giuridico) controverso e
decisivo in ordine al quale la motivazione della sentenza impugnata dovrebbe ritenersi viziata ex
art. 360 comma primo n. 5 c.p.c.
Il terzo motivo, col quale si deduce violazione di legge, è inammissibile per inadeguatezza del
quesito di diritto (richiesto dalla prima parte dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis),
giacchè il ricorrente ha concluso il motivo in esame chiedendo alla Corte di dire “se le cartelle di
pagamento siano soggette a pena di nullità, ai sensi degli artt. 3 1. 7/8/1990, 6 e 7 1. 27 luglio 2000
n. 212 e 24 Costituzione, all’obbligo di motivazione”.
In tali termini il quesito proposto risulta inadeguato alla funzione attribuitagli dalla nonna siccome
interpretata da questo giudice di legittimità, il quale ha più volte, anche a Sezioni Unite, ribadito
che, a nonna dell’art. 366 “bis” c.p.c., è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque
indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da
non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi
desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione del suddetto articolo (v. tra le altre cass. n. 6420 del 2008) ed inoltre che il quesito
deve ritenersi inadeguato, con conseguente inammissibilità del relativo motivo di ricorso, quando,
essendo la formulazione generica e limitata alla riproduzione del contenuto del precetto di legge, è
inidoneo ad assumere qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del corrispondente motivo, mentre la

Il secondo motivo, col quale si deduce vizio di motivazione, è inammissibile per totale omissione

norma impone al ricorrente di indicare nel quesito l’errore di diritto della sentenza impugnata in
relazione alla concreta fattispecie (cfr. tra le altre SU n. 18759 del 2008).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM
La Corte

E 1.000,00 oltre eventuali spese prenotate a debito.
Roma 13.11.2013

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in

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