Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25819 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. II, 14/10/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 14/10/2019), n.25819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10900/2018 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4,

presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/03/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che la sig.ra C.L. ha impugnato il decreto col quale la corte d’appello di Perugia le ha riconosciuto la somma di Euro 5.792 a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, ed ha posto le spese di lite, liquidate in Euro 675 oltre accessori, a carico del convenuto Ministero dell’Economia, distraendole in favore del difensore antistatario della medesimo sig.ra C., l’avvocato Ferdinando Emilio Abbate;

che il ricorso si fonda su un unico motivo – riferito alla violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., comma 2, oltre che del D.M. n. 55 del 2014 – con il quale ci si duole della misura, inferiore al minimo di tariffa, delle spese liquidate;

che il Ministero intimato non ha svolto difese in questa sede;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio dell’8 marzo 2019, per la quale non sono state depositate memorie;

considerato:

che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, in tema di liquidazione delle spese processuali, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, il giudice può scendere anche al di sotto o salire pure al di sopra dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento, purchè ne dia apposita e specifica motivazione (Cass. 11601/18; conf. Cass. 2386/17) e sempre nel rispetto del disposto dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (Cass. 30286/17);

che, tenuto conto dello scaglione riferibile al valore della causa (da Euro 5.200,01 a Euro 26.000), la liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale risulta porsi immotivatamente al di sotto dei minimi imposti dal D.M. n. 55 del 2014;

che, infatti, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, i valori medi di detto scaglione, per i giudizi davanti alla corte di appello, sono di Euro 1.080 per la fase di studio, di Euro 877 per la fase introduttiva, di Euro 1.755 per la fase istruttoria e di Euro 1.820 per la fase decisoria, riducibili fino al 70% per la fase istruttoria e fino al 50% per le altre fasi alla stregua dell’art. 4, comma 1, del medesimo D.M.;

che è opportuno precisare che, per la fase istruttoria, l’espressione, contenuta alla fine del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, “diminuzione di regola fino al 70%”, va interpretata, in conformità al suo chiaro tenore letterale, nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70% del medesimo, ossia nel senso che l’importo minimo liquidabile corrisponde al 30% di tale valore medio; non già nel diverso senso che l’importo minimo liquidabile corrisponda al 70% del valore medio, ossia che la diminuzione applicabile sul valore medio non possa eccedere il 30% del medesimo (in termini, Cass. 7482/19);

che pertanto il decreto gravato va cassato;

che, sussistendone le condizioni, la causa va decisa nel merito, dovendosi determinare il compenso del difensore dell’odierna ricorrente per il giudizio davanti alla corte di appello applicando, in ragione della speciale semplicità dell’affare, la massima percentuale di riduzione praticabile ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 e, quindi, liquidandolo in Euro 2.415 (Euro 540 per la fase di studio, Euro 438,50 per la fase introduttiva, Euro 526,5 per la fase istruttoria, Euro 910 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo L. n. 576 del 1980, ex art. 11; con distrazione in favore dell’avvocato Ferdinando Emilio Abbate, che ne ha fatto richiesta, dichiarandosene antistatario;

considerato che anche le spese legali del giudizio di legittimità debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi al minimo, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in favore dell’odierna ricorrente nell’importo complessivo di Euro 2.415, oltre spese generali, accessori e spese vive per Euro 8,00, distratte in favore dell’avvocato Ferdinando Emilio Abbate.

Condanna il Ministero intimato al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore dell’avvocato Ferdinando Emilio Abbate, liquida in Euro 1.200 per compensi, oltre spese generali e accessori.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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