Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25813 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.31/10/2017),  n. 25813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20942-2015 proposto da:

R.G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE

MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato GUIDO VALORI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ORESTE GIAMBELLINI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A.G., RE.LU.DO., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 107, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO GELERA, rappresentati e difesi dall’avvocato

DIEGO ALFREDO CINQUETTI giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2366/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con atto di citazione notificato l’11 febbraio 2006, B.M.L. conveniva davanti al Tribunale di Lodi, Re.Lu.Do. e P.A.G. assumendo di essere creditrice della somma di Euro 24.056 a titolo di restituzione di indebito o, in via subordinata, a titolo di indennizzo per arricchimento senza causa, per avere corrisposto ai convenuti la complessiva somma di Euro 160.000, affinchè gli stessi rinunziassero alla esecuzione immobiliare contro la stessa intentata. Sulla base di un accordo tra le parti, la debitrice si riservava di verificare i conteggi in base ai quali era stato determinato il debito, a suo dire errato, nel calcolo degli interessi e chiederne, pertanto, la restituzione nella misura indicata. La vicenda traeva origine da una procedura esecutiva instaurata dai predetti creditori nei confronti della B. in virtù di pronunzie rese tra le parti dal Tribunale di Lodi, Sezione Specializzata Agraria e dalla Corte d’Appello di Milano, alle quali aveva fatto seguito un giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dalla debitrice. Con ordinanza del 12 maggio 2003 il giudice dell’esecuzione aveva accolto la domanda di conversione del pignoramento formulata dalla B. determinando in Euro 160.246 il credito per sorte capitale, rivalutazione e interessi alla data del 24 marzo 2003, oltre ad Euro 4.538 per interessi legali fino alla successiva data del 5 marzo 2004. Sospesi i versamenti delle rate mensili determinate nell’ordinanza di conversione la debitrice è stata dichiarata decaduta del beneficio; pertanto, con missiva dell’Il dicembre 2003 le parti si erano accordate nei termini sopra indicati, assumendo la debitrice di avere effettuato il pagamento concordato “con riserva di ripetizione”. Si costituiva in giudizio R.G.F. a causa dell’intervenuto decesso della madre B.M.L. e il Tribunale, dopo aver disposto una prima consulenza contabile, relativo supplemento e avere rimesso sul ruolo la causa in istruttoria, con sentenza del 20 gennaio 2011 determinava in Euro 9.892 la somma indebitamente corrisposta dall’attrice;

avverso tale sentenza proponeva appello il R., con atto notificato il 29 febbraio 2012, con il quale lamentava errori di calcolo e travisamento dell’accordo dell’11 dicembre 2003, eccependo la tardività dell’eccezione di compensazione dei convenuti.

Costituitisi gli appellati, chiedevano il rigetto dell’impugnazione e, in via incidentale, il rigetto delle domande proposte dalla debitrice con l’atto di citazione e che fosse conteggiata la rivalutazione del proprio credito sul capitale, maggiorato degli interessi;

con sentenza del 19 giugno 2014 la Corte d’Appello di Milano respingeva l’appello principale e dichiarava inammissibile quello incidentale, con condanna di R.G.F. al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione R.G.F. sulla base di due motivi. Resistono in giudizio Re.Lu.Do. e P.A. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto, quale semplice sviluppo della tesi difensiva iniziale, l’eccezione di compensazione che, al contrario, avrebbe dovuto essere formulata nei termini assegnati dal giudice ai sensi dell’art. 183 c.p.c. vigente al tempo, mentre la questione era stata sollevata all’esito della consulenza;

con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1965 c.c., tenuto conto degli artt. 1362 e 1372 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la Corte d’Appello fatto propria l’erronea interpretazione del Tribunale, secondo cui la riserva contenuta nell’accettazione del 18 dicembre 2003 si riferiva al conteggio posto a base della conversione del pignoramento, come determinata dal giudice dell’esecuzione e, quindi, comprensivo anche del calcolo della rivalutazione e degli interessi successivi all’atto di precetto. Al contrario, le parti avevano sempre avuto come parametro di riferimento il prospetto analitico menzionato nella lettera dell’11 dicembre 2003, prodotta nella causa di opposizione all’esecuzione. Nello stesso modo doveva ritenersi errata la ricostruzione della volontà delle parti fatta propria dai giudicanti secondo cui l’oggetto della transazione avrebbe dovuto rinvenirsi nell’incontro delle volontà, risultante dalla proposta del 18 novembre 2003 e dal fax di risposta del 27 novembre 2003, il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza poichè deducendosi la nullità della sentenza in ordine alla qualificazione di una difesa di parte, il ricorrente avrebbe dovuto trascrivere il contenuto di tale deduzione difensiva al fine di consentire alla Corte di legittimità di valutare il merito della richiesta;

in ogni caso il motivo appare assolutamente generico e privo di specificità in quanto, nei termini in cui è prospettato, appare evidente la correttezza della decisione della Corte territoriale secondo cui le deduzioni in oggetto, secondo le quali il calcolo del dovuto avrebbe dovuto riferirsi anche alla rivalutazione monetaria ed agli interessi successivi al 30 giugno 2000, non hanno natura di eccezione in senso stretto, ma rappresentano il contenuto della tesi sostenuta dai creditori, al fine di correttamente individuare la complessiva posizione debitoria dell’esecutata e, conseguentemente, determinare le somme eventualmente corrisposte in esubero;

il secondo motivo è inammissibile poichè si chiede alla Corte di legittimità di rivalutare l’intero materiale probatorio, prospettando una tesi che risulta più appagante per la posizione della ricorrente e che richiede di esaminare la documentazione, le risultanze processuali ed i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, al fine di verificare la congruità della motivazione adottata dai giudici di merito;

il motivo risulta altresì inammissibile perchè, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, la parte intende, in realtà, censurare l’inadeguatezza della motivazione, facendo riferimento ad un’ipotesi che non è più consentita dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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