Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25813 del 02/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STILE Paolo – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. PAULUCCI DE’

CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato SANDULLI PIERO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO DERMOPATICO DELL’IMMACOLATA – CONGREGAZIONE DEI FIGLI

DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE, LA PROVINCIA ITALIANA DELLA CONGREGAZIONE

DEI FIGLI DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6474/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/11/2005 R.G.N. 7761/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato TRILLO’ BIANCALUCINA per delega SANDULLI PIERO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 4 novembre 2005) dichiara la nullità dell’appello proposto da M.F. nei confronti dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata -Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione e dichiara inammissibile l’atto di intervento in appello della Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione.

La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:

a) preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’atto di intervento in appello della Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione, in quanto la suddetta Provincia non è parte del giudizio di impugnazione, visto che l’atto di appello non risulta nè proposto nè notificato nei suoi confronti;

b) va, inoltre, dichiarata d’ufficio la nullità del ricorso in appello, per essere stato proposto nei confronti dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata – Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione, anzichè nei confronti dei suo successore Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione;

c) quest’ultima ha già riconosciuto espressamente la propria legittimazione passiva e nei suoi confronti è stata emessa la sentenza di primo grado, non impugnata sul punto dal M.F.;

d) in appello la lavoratrice non ha svolto alcun rilievo sul fenomeno successorio o sull’intervento in primo grado della Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione e neanche ha prospettato l’ipotesi di un mutamento solo di denominazione dell’ente, ferma restando la sua identità soggettiva;

e) dalla comunicazione (pubblicata sulla GU del 29 aprile 1999) dell’estratto del D.M. 17 marzo 1999, di conferimento di efficacia civile al provvedimento canonico col quale la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione con sede in (OMISSIS) è stata trasformata nella Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione, si desume che non si è trattato di un semplice mutamento di denominazione, ma della creazione di un nuovo soggetto giuridico, ottenuta attraverso la trasformazione della “congregazione” in “provincia”;

f) in base all’art. 110 cod. proc. civ., in caso di successione a titolo universale di una parte del giudizio, l’atto di impugnazione deve essere proposto nei confronti del successore, ove la parte sia venuta a conoscenza della successione;

g) nella specie, la lavoratrice era venuta a conoscenza dell’estinzione del soggetto originario, in quanto il successore si era costituito in primo grado, conseguentemente, l’atto di appello doveva essere notificato nei confronti di quest’ultimo e non del soggetto ormai estinto;

h) si tratta di un’ipotesi di nullità assoluta e insanabile ex art. 291 cod. proc. civ. perchè consiste nell’errata identificazione del soggetto passivo della vocatio injus nel giudizio di appello e nella conseguente inesistenza della notificazione.

2 – Il ricorso di M.F. domanda la cassazione della sentenza per due motivi.

La Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione e l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata – Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione non svolgono attività difensiva.

La ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Profili preliminari.

3- Preliminarmente deve essere precisato che la rinnovata notifica del ricorso deve considerarsi valida, a nulla rilevando il rifiuto dell’avvocato destinatario di ricevere l’atto.

Infatti, costituisce principio di diritto, sia sostanziale che processuale, che il rifiuto di una prestazione o di un adempimento da parte del destinatario non possa risolversi a danno dell’obbligato, inficiandone l’adempimento (Cass. 18 settembre 2009, n. 20272).

Un’applicazione di tale principio è rappresentata dalla cosiddetta perpetualo dell’ufficio defensionale, secondo cui, ai sensi degli artt. 85 e 301 cod. proc. civ., la revoca o la rinuncia al mandato non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore (Cass. 3 giugno 1997, n. 4944).

Conseguentemente, la notificazione deve ritenersi avvenuta qualora – come accade nella specie – l’ufficiale giudiziario, nella sua relazione, non si sia limitato a dare atto della dichiarazione del procuratore domiciliatario di avere rinunciato al mandato, ma abbia anche attestato il rifiuto dello stesso procuratore destinatario di ricevere la copia dell’atto da notificare (Cass. 26 giugno 1969, n. 2293).

2 – Sintesi dei motivi di ricorso.

4- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 cod. proc. civ. Si sottolinea che la situazione verificatasi nella specie – diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello – è da qualificare come successione nel diritto controverso o successione a titolo particolare per atto tra vivi del diritto stesso, giacchè il soggetto dante causa non si estinto ed ha, quindi, mantenuto la qualità di parte processuale nei giudizi pendenti.

In tale situazione il successore può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, senza che questo comporti automaticamente l’estromissione del dante causa, che può essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano.

Conseguentemente, nel giudizio di impugnazione, il successore intervenuto in causa e l’alienante non estromesso sono litisconsorti necessari, tanto che se la sentenza viene appellata da uno solo o contro uno solo dei suddetti soggetti deve essere ordinata, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. Ciò significa che, se nel giudizio di appello in oggetto la Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione non avesse spontaneamente effettuato un atto di intervento necessario, la Corte romana avrebbe dovuto ordinare la suddetta integrazione nei confronti della Provincia stessa.

Resta comunque da precisare che nei confronti dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata – Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione – contraddittore originario della M. – non è mai stato adottato dal Tribunale alcun provvedimento di formale estromissione, nè nel corso del giudizio nè nella sentenza, sicchè ben si comprende che la lavoratrice, nell’atto di appello, abbia ignorato la problematica riguardante il fenomeno successorio, non potendo certo immaginare che, del tutto arbitrariamente, sarebbe stata disposta la modifica del proprio contraddittore.

5.- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa e/o contraddittoria pronuncia circa un punto decisivo della controversia.

Si ribadisce che la vicenda in oggetto deve collocarsi nell’ambito della successione a titolo particolare nel processo e che, conseguentemente, l’atto di appello è stato proposto soltanto nei confronti del soggetto dante causa che non si è estinto.

Peraltro, per la corretta instaurazione del contraddittorio in sede di impugnazione, era necessario che fosse presente in giudizio anche il successore (avente veste di litisconsorte necessario), sicchè la Corte d’appello avrebbe dovuto disporre, d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio.

Tuttavia, la Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione è volontariamente intervenuta nel giudizio di appello, così sanando il suddetto vizio.

Invece, la Corte d’appello ha, contraddittoriamente, dichiarato l’inammissibilità del suddetto atto di intervento, rilevando che la suddetta Provincia non è parte del giudizio di impugnazione.

In tal modo, la Corte romana sembra altresì voler affermare che la qualità di parte sia il necessario presupposto dell’atto di intervento, mentre è da ricordare che, nelle ipotesi disciplinate dall’art. 105 cod. proc. civ., è possibile a soggetti estranei intervenire volontariamente in un processo in corso tra altre persone.

3 – Esame delle censure.

6.- I motivi – da trattare congiuntamente, data la loro intima connessione sono da accogliere, nei limiti di seguito precisati.

6.1.- La legittimazione, intesa come individuazione della parte capace processualmente, è un presupposto necessario per la regolare costituzione del rapporto processuale in tutte le sue fasi, compresa quella di appello. Essa deve essere verificata ed è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di cassazione, come questa Corte ha ripetutamente affermato (vedi per tutte. Cass. sentenze n. 914 del 1988; n. 5024 del 1995, nonchè Cass. 16 marzo 2009, n. 6348; Cass. 13 ottobre 2009, n. 21703).

Per quel che riguarda la capacità processuale degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte, è stato stabilito che:

a) la capacità di essere parte – ossìa la capacità giuridica considerata sul piano processuale -compete all’ente ecclesiastico riconosciuto civilmente, che è dotato di personalità giuridica, e non già alle strutture di esso volte a realizzarne le finalità istituzionali (Cass. 1 dicembre 1990, n. 11530);

b) conseguentemente, con riferimento agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l’attività ospedaliera, quale l’Ordine Ospedaliero S. Giovanni di Dio (detto Fatebenefratelli), la capacità di essere parte – ossia la capacità giuridica considerata sul piano processuale – compete all’ente ecclesiastico che è dotato di personalità giuridica, e non già alle strutture ospedaliere di esso, volte a realizzarne la finalità istituzionale, le quali non danno luogo ad un autonomo soggetto giuridico; sicchè va confermata la sentenza impugnata, secondo la quale la costituzione in giudizio dell’Ordine Ospedaliero aveva sanato il vizio, attinente alla formazione del contraddittorio, costituito dall’erronea citazione in giudizio dell’Ospedale (Cass. 6 aprile 1994, n. 3249);

In applicazione di tali principi, in due giudizi aventi ad oggetto questioni attinenti a rapporti di lavoro di medici dipendenti dall’istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI), questa Corte ha considerato titolare della legittimazione processuale la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, proprietaria del suddetto Istituto (Cass. sentenze n. 12818 del 1991 e n. 11699 del 1992).

In particolare, nella citata sentenza n. 11699 del 1992, è stato precisato che:

1) l’I.D.I., proprio perchè privo di soggettività giuridica autonoma, non è persona diversa rispetto alla Congregazione, che ne è “proprietaria”, conseguentemente si versa nella ipotesi delle persone giuridiche, cui, ai fini in discorso, possono essere assimilati ed affiancati gli enti non-persone a proposito dei quali (delle une, e degli altri) può essere formulato il principio secondo cui l’intimazione o richiesta di pagamento ai fini della costituzione in mora non deve necessariamente contenere l’indicazione – non imposta da alcuna disposizione di legge, nè indispensabile – dell’organo che ne ha la rappresentanza legale nei rapporti esterni;

principio che può essere completato con la trascrizione di quanto si legge in un abbastanza remoto ma pur sempre valido precedente di questa Corte (sentenza 28 gennaio 1966, n. 324): inaccettabile si appalesa il concetto cui si è ispirata la Corte di merito, la quale ha finito col ritenere che gli atti di costituzione in mora nei confronti delle persone giuridiche non sono efficaci e non producono effetti se non sono indirizzati al legale rappresentante dell’ente, o, quanto meno, se non sono portati a sua diretta conoscenza;

2) ciò non è esatto, poichè la richiesta di pagamento ai fini della costituzione in mora, deve essere rivolta alla debitrice, cioè alla persona giuridica, senza che sia necessario indicare l’organo che ne ha la rappresentanza nei rapporti esterni, non essendo un siffatto onere imposto da alcuna disposizione di legge e non essendo l’indicazione necessaria. La richiesta può essere validamente indirizzata anche ai funzionari specificamente competenti in quella determinata materia quali organi abilitati a ricevere l’atto in nome e per conto dell’ente destinatario;

3) quel che conta è che l’atto scritto contenente la richiesta di pagamento (atto di costituzione in mora) sia diretto alla persona giuridica debitrice, e sia alla stessa recapitato mediante consegna dell’atto medesimo a chi è abilitato a riceverlo: ai fini della costituzione in mora ed in virtù del rapporto organico, la rappresentanza della persona giuridica è devoluta a tutti i suoi impiegati e dipendenti, in relazione e nei limiti delle funzioni ad essi attribuite;

4) ai fini in discorso, quindi, fatto di citazione, da riguardarsi come atto stragiudiziale, in quanto diretto e recapitato all’I.D.I. – che alla Congregazione, che ne è proprietaria, appartiene, e con essa in definitiva si identifica, quale suo “centro di attività” e quale parte del tutto – va considerato atto diretto e consegnato alla stessa Congregazione, che non può non esserne venuta a conoscenza;

5) con riferimento, al diverso profilo della idoneità di quell’atto, riguardato come atto di citazione, ai diversi fini di una valida vocatio in jus della Congregazione debitrice, deve farsi riferimento all’espressa norma dell’art. 75 cod. proc. civ., che disciplina la c.d. capacità processuale delle persone che hanno o che non hanno il libero esercizio dei diritti che si fanno valere in giudizio, delle persone giuridiche, delle associazioni e dei comitati che non sono persone giuridiche;

6) peraltro va tenuto presente che un ente – come la diocesi – che, sia per il diritto canonico sia per l’ordinamento dello Stato, è un ente ecclesiastico munito di personalità giuridica, può stare in giudizio per mezzo non soltanto del vescovo, ma anche del vicario generale, senza necessità di un mandato del primo al secondo, in quanto entrambi hanno la veste di suoi organi, e, come tali, sono direttamente muniti della rappresentanza sostanziale e processuale dell’ente medesimo (Cass. SU 11 settembre 1979, n. 4743; Cass. 5 novembre 1990, n. 10607).

In altro analogo giudizio (avente ad oggetto il licenziamento intimato dalla Congregazione Suore S. Carlo di Nancy, all’epoca proprietaria dell’omonimo Ospedale, che agli inizi del 1998 è stato acquistato dalla Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione), questa Corte ha sottolineato che non ricorre violazione del principio del contraddittorio quando alla domanda avversaria – prefigurante una data situazione di fatto ed invocante una certa tutela giuridica – parte convenuta sia stata posta in grado di controdedurre, a nulla rilevando, poi, se la parte attrice abbia o meno fornito la giustificazione giuridica – da distinguere dalla causa petendi, intesa in senso oggettivo – della propria pretesa, ossia abbia indicato elementi idonei all’inquadramento di quella situazione nell’ambito della fattispecie legale, propria della tutela invocata e addotto argomenti di diritto utili per ottenere una pronuncia favorevole (Cass. 12 ottobre 1995, n. 10636).

6.2.- Dall’insieme dei suddetti principi si desume che la questione relativa alla individuazione del soggetto passivamente legittimato nel giudizio non sembra essere stata correttamente affrontata dalla Corte d’appello di Roma.

La suddetta scorrettezza è nata da un’erronea configurazione dei rapporti tra l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (presso il quale lavorava l’attuale ricorrente), la Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione e la Provincia Italiana della Congregazione dei Figli della Immacolata Concezione. Quindi, per chiarezza espositiva, appare opportuno sinteticamente indicare quale è il regime giuridico cui sono soggette le suddette entità e quindi quale è l’esatta relazione che le lega, ai fini che qui interessano.

Come è noto, in base ad un consolidato e condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, la Corte di cassazione, nell’esaminare il ricorso, il controricorso e/o il ricorso incidentale (e gli altri atti di parte ad essi collegati) deve, in primo luogo, verificare la veridicità delle allegazioni in essi contenute, quando ciò sia possibile in quanto esse riguardino situazioni accettabili attraverso fonti di conoscenza di carattere ufficiale (Cass. 29 dicembre 2009, n. 27630; Cass. 19 agosto 2011, n. 17394). Ciò, infatti, oltre ad essere conforme ai principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., può rilevare anche ai fini del controllo della conformità del comportamento delle parti e dei difensori in primo luogo al generale dovere di lealtà e probità (di cui all’art. 88 cod. proc. civ.), la cui violazione può avere anche riflessi sul regime delle spese processuali (vedi, per tutte:

Cass. SU 29 marzo 2011, n. 7097).

I suddetti principi valgono, a maggior ragione, nel caso in cui si tratti di esaminare una questione rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, come accade nella specie.

Orbene, attraverso l’accesso al sito ufficiale internet della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione si rileva facilmente che la Congregazione è stata fondata nel 1857, con il fine di prestare assistenza sanitaria e supporto spirituale ai bisognosi.

Si tratta, quindi, di un ente ecclesiastico riconosciuto civilmente prima del Concordato del 1929, il quali in base al nuovo Concordato del 1984 e alla successiva L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 6 entro due anni dall’entrata in vigore della legge stessa doveva chiedere l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche.

Originariamente l’attività della Congregazione si è svolta solo in Italia e l’I.D.I. ne ha rappresentato la struttura sanitaria di maggiore prestigio.

A partire dal 1970, la Congregazione ha cominciato a diffondere la propria attività anche in altri Paesi.

Attualmente risulta essere presente in varie zone dell’Africa centrale, in Canada, negli Stati Uniti d’America, in America Latina e in Messico. In Europa le attività della Congregazione sono prevalentemente concentrate in Italia e in Albania.

Ovviamente, con il diffondersi delle iniziative, è stato necessario anche adeguare gli Organi di Governo della Congregazione alla mutata situazione.

Attualmente tali organi risultano essere i seguenti: 1) Curia generale (cui compete il Governo generale della Congregazione); 2) Provincia Italiana (per Italia e Albania); 3) Provincia Indiana; 4) Provincia Latino-Americana; 5) Delegazione Africana; 6) Delegazione Filippina; 7) Delegazione Nord Americana.

6.3- Una tappa del suddetto percorso è rappresentata dal D.M. Interno 17 marzo 1999, con il quale è stata data “efficacia civile” al provvedimento canonico con il quale la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, con sede in (OMISSIS), è stata “trasformata” in Provincia, assumendo la nuova denominazione di Provincia italiana della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, con sede in (OMISSIS), di cui è stata data notizia col Comunicato – significativamente intitolato “Assunzione di nuova denominazione della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, in (OMISSIS) – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 aprile 1999, cui fa espresso riferimento la Corte d’appello di Roma.

Dalla lettura del testo integrale del suddetto decreto si desume agevolmente che si tratta di un atto con il quale è stato soltanto disposto un mutamento del modo di essere dell’ente da “congregazione” in “provincia”, con conseguente assunzione di una nuova denominazione (il tutto, ovviamente, non per la Congregazione nel suo complesso, ma solo per il segmento italiano, avente sede in (OMISSIS)).

Infatti, nella premessa del decreto stesso sono richiamate le norme che disciplinano la suddetta fattispecie (l. 20 maggio 1985, n. 222, art. 5 e 19, art. 12 del Regolamento di cui al D.P.R. 13 febbraio 1987, n. 33) e d’altra parte nell’articolato non si fa alcun riferimento al riconoscimento di personalità giuridica ad un nuovo ente religioso e al connesso obbligo di richiedere l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche (ai sensi della L. n. 222 del 1985, art. 5), come accade di consueto quando si verifica una simile evenienza (vedi, ad esempio, D.M. 27 maggio 2002).

Nè porta ad una diversa conclusione il D.M. 17 marzo 1999, art. 2 cit., che stabilisce che la Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, con sede in (OMISSIS), “subentra” in tutti i rapporti attivi e passivi della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, con sede in (OMISSIS).

E’, infatti, evidente che il suindicato “subentro” è meramente nominalistico e, comunque, si riferisce solo alla sede (OMISSIS) della Congregazione, certamente non alla Congregazione nel suo complesso.

6.4.- Da quanto si è detto si evince che il D.M. 17 marzo 1999 cit.

non ha portato – nè poteva portare – alcuna modifica, nella presente controversia, in merito all’ente cui deve essere attribuita la legittimazione processuale, come riflesso della titolarità della personalità giuridica.

Infatti, la complessiva considerazione dei suddetti elementi – e, soprattutto, la lettura integrale letterale e sistematica del decreto stesso – porta ad escludere che, nella specie, si sia verificato un fenomeno di soppressione di un ente ecclesiastico con correlativa successione (a titolo universale o particolare) di un diverso ente ecclesiastico. E tale assunto trova conferma anche nel testo del Comunicato, richiamato dalla Corte romana e nel relativo titolo (riferito, come si è detto, ad una semplice assunzione di nuova denominazione).

D’altra parte, alla luce della normativa che disciplina gli enti ecclesiastici, appare del tutto evidente che l’uso del termine “trasformazione” – presente sia nel D.M. 17 marzo 1999, sia nel relativo Comunicato – anche se, in ipotesi, riferisce ad una situazione verificatasi, come tale, nell’ambito del diritto canonico, non modifica il modo in cui tale situazione è da intendere per lo Stato italiano, nel quale è da escludere che essa abbia determinato alcun effetto diverso da quello della modifica di denominazione del medesimo ente ecclesiastico.

Nella specie, il contraddittorio risulta essere stato instaurato correttamente con la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e dotato di legittimazione processuale. La sede di (OMISSIS) della Congregazione – che è anche proprietaria dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (che con essa in definitiva si identifica, quale suo “centro di attività” e quale parte del tutto) ha mutato denominazione ed ha partecipato al giudizio di primo grado con la nuova denominazione di Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, senza che si facesse questione al riguardo (tanto che, nella sentenza di primo grado, tale argomento non è proprio trattato).

La sentenza di primo grado è stata emessa nei confronti della suddetta Provincia, mentre l’atto di appello è stato notificato solo all’Istituto dermopatico dell’Immacolata – Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione.

La Provincia suindicata, peraltro, è spontaneamente intervenuta in giudizio.

In questa situazione può dirsi che – al di là delle imprecisioni e delle confusioni terminologiche – il soggetto passivamente legittimato è venuto a conoscenza dell’impugnazione, in quanto non si è verificata alcuna successione – in senso tecnico – tra enti.

3- Conclusioni.

7- In sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni suesposte, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto (da intendere alla luce di quanto esposto spec. al punto 6).

La capacità di essere parte – ossia la capacità giuridica considerata sul piano processuale – compete all’ente ecclesiastico riconosciuto civilmente, che è dotato di personalità giuridica, e non già alle strutture di esso volte a realizzarne le finalità istituzionali. Pertanto, ai suddetti fini, è del tutto ininfluente il “mutamento del modo di essere” di una struttura organizzativa di un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, limitata all’acquisizione di una differente denominazione. Tale fattispecie, infatti, non comporta, per il diritto civile, alcun fenomeno successorio, dovendo essere tenuta nettamente distinta da quella del riconoscimento della personalità giuridica ad un ente ecclesiastico (con eventuale corrispondente soppressione di un altro ente ecclesiastico). Nè assume alcun rilievo in contrario che nel relativo provvedimento canonico (cui deve essere attribuita efficacia civile con D.M. Interno, in base alla L. n. 222 del 1985, artt. 5 e 19, D.P.R. 13 febbraio 1987, n. 33, art. 12 e della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 26), si usi il termine “trasformazione”, in quanto seppure il fenomeno possa avere avuto un simile effetto per il diritto canonico, ciò non esclude che, per lo Stato italiano, esso non può determinare alcun effetto diverso da quello della modifica di denominazione, di cui si è detto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011

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