Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25811 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2021, (ud. 12/04/2021, dep. 23/09/2021), n.25811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24581-2014 proposto da:

F.M., F.V.E., (OMISSIS) SRL FALLITA,

F.G.C., (OMISSIS) SRL FALLITA, (OMISSIS) SRL FALLITA,

F.G., F.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

G.G. BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO FACCIOTTI,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANLUIGI

BONIFATI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1856/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA,

depositata il 09/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/04/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l., nonché i signori F.G., F.V.E., F.G.C., F.M. ed F.E. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1856/2014, depositata il 9 aprile 2014, che ha confermato la sentenza di primo grado, di rigetto dell’originario ricorso dei contribuenti, proposto avverso avvisi di accertamento in materia di IRPEF, IVA, IRES, IRAP e altro, relativi agli anni 2006 e 2007;

2. il ricorso è affidato a tre motivi;

3. resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, l’omessa motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione delle norme in materia di ristretta base azionaria, censurando la sentenza impugnata per aver considerato un utile extracontabile l’IVA indebitamente detratta;

3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32;

4. in via logicamente preliminare, vanno esaminati il primo e il terzo motivo, che sono inammissibili;

5. il primo motivo è inammissibile anzitutto perché parte ricorrente sovrappone e confonde, tanto nella rubrica quanto nel corpo del motivo, il vizio di omessa motivazione, che presuppone la totale assenza di motivazione o la sua riduzione al di sotto del cd. “minimum” costituzionale e che è denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, che costituisce ormai l’unico profilo di difettosità sotto il quale è attaccabile una motivazione esistente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (per la distinzione tra i due vizi si rinvia a Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e successive conformi);

6. già questa contraddizione porta ad escludere l’ammissibilità del ricorso in riferimento al n. 4, poiché è evidente – e la lettura della sentenza impugnata lo conferma – che la contestazione dell’omesso esame di un fatto decisivo presuppone che una motivazione vi sia stata, ancorché carente per la ragione denunciata (Cass. 18/06/2014, n. 13866, Cass. 05/03/2021, n. 6150);

7. passando all’esame del motivo nella parte in cui denuncia il vizio di motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5, va ricordato che, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza di questa S.C., il fatto decisivo la cui omessa considerazione integra il vizio in esame deve consistere in un fatto storico, principale o secondario, da intendersi come preciso accadimento o precisa circostanza in senso storico-naturalistico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (ancora Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e successive conformi);

8. pertanto, attraverso tale percorso, oltre a non poter essere fatti valere altri profili di difettosità della motivazione, neppure sono denunciabili: l’omesso esame di elementi istruttori (Cass. 29/10/2018, n. 27415), l’omessa valutazione di deduzioni difensive, questioni o argomentazioni (Cass. 14/06/2017, n. 14802, Cass. 18/10/2018, n. 26305, Cass. 06/09/2019, n. 22397), l’omessa valutazione delle risultanze di una c.t.u. (Cass. 24/06/2020, n. 12387);

9. inoltre, anche qui secondo un insegnamento consolidato, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento, con l’ulteriore conseguenza che in tal caso la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. 28/09/2016, n. 19150, Cass. 26/06/2018, n. 16812);

10. nella specie, alcune delle omissioni che parte ricorrente addebita alla sentenza impugnata non sono riconducibili al paradigma del fatto in senso storico-naturalistico;

11. in particolare, non lo sono: la presunta mancata considerazione dei motivi d’appello relativi alla ristretta base azionaria (v. pag. 10-11 del ricorso), l’asserita contraddittorietà tra i diversi atti impositivi, che sarebbe stata valere con l’atto d’appello (v. pag. 14), il mancato esame delle deduzioni di parte sui movimenti confluiti sui conti dei soci (pag. 19), la dedotta mancata considerazione dell’eccezione di giudicato, anch’essa fatta valere in appello (pag. 22);

12. in altri casi, la deduzione di parte ricorrente sarebbe astrattamente idonea a integrare il suddetto paradigma, ma a mancare è una adeguata deduzione in ordine alla decisività del fatto o documento trascurato: così, per i documenti indicati a pag. 11 del ricorso, che sarebbero stati prodotti in appello, non sono trascritti i brani degli stessi utili a dimostrare la tesi sostenuta, né sono indicate le ragioni che avrebbero certamente portato a una decisione diversa; quanto alla documentazione comprovante lo storno delle fatture (v. pag. 14), la decisività è fatta valere, ma a mancare è l’indicazione specifica dei documenti comprovanti lo storno;

13. anche il terzo motivo, come accennato, è inammissibile;

14. la sentenza della CTR viene censurata per aver violato o falsamente applicato il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, nella parte (commi 3 e 4), in cui regola l’utilizzabilità dei documenti contabili che non siano stati esibiti o trasmessi all’Ufficio finanziario in sede di verifica;

15. sostiene parte ricorrente che detti documenti, effettivamente non esibiti agli accertatori in sede di verifica perché oggetto di furto, sarebbero stati almeno in parte prodotti successivamente, nel corso del giudizio; ne scaturirebbe una duplice conseguenza: la causa di inutilizzabilità delle scritture non esibite o non trasmesse in sede di verifica verrebbe meno, in quanto dovuta a causa incolpevole; sarebbe erronea la sentenza della CTR che tale inutilizzabilità ha affermato;

16. si tratta di un’affermazione astrattamente corretta, poiché il citato art. 32, comma 4, effettivamente consente al contribuente una sorta di rimessione in termini quanto alla produzione dei documenti non esibiti;

17. parte ricorrente trascura però che proprio il comma 4, subordina tale rimessione e dunque l’utilizzabilità dei documenti in sede contenziosa a una precisa condizione: il contribuente deve allegarli all’atto introduttivo del giudizio di primo grado, contestualmente dichiarando di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile;

18. pertanto, per poter dire che la C; TR ha errato nell’affermare l’inutilizzabilità in sede contenziosa dei documenti è necessario accertare il verificarsi della suddetta condizione, gravando a tal fine sul ricorrente l’onere di allegare, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, che la stessa sia stata puntualmente integrata;

19. tale onere non è stato assolto da parte ricorrente, la quale non ha riprodotto nel ricorso per cassazione il brano o i brani del ricorso di primo grado in cui sarebbe contenuta la dichiarazione richiesta dal comma 4;

20. è vero che a pag. 14 del ricorso per cassazione viene riprodotto uno stralcio della sentenza di primo grado, in cui la CTP dà atto della dichiarazione delle società ricorrenti che l’indisponibilità originaria delle scritture era dovuta a un furto; ma dallo stesso brano della sentenza di primo grado emerge che questa dichiarazione non era stata accompagnata da alcuna produzione documentale, essendosi le società riservate “di produrre in seguito l’eventuale documentazione che dovesse sopravvenire nelle more della data di fissazione dell’udienza di trattazione dei ricorsi dinanzi a questa C.T.P.”;

21. nel ricorso per cassazione parte ricorrente ha contestato tale ultima affermazione della CTP, affermando che alcuni documenti erano stati già allegati nel corso del primo giudizio di merito, ma nel far ciò non ha riprodotto i brani dell’originario ricorso, né, a ben vedere, ha indicato in modo specifico quali dei documenti contabili originariamente rubati essa fosse stata in grado di reperire successivamente;

22. in tal modo, il Collegio non è stato messo nelle condizioni di comprendere se effettivamente, in sede contenziosa, le società ricorrenti avessero ritualmente impedito l’operare delle cause di inutilizzabilità previste dall’art. 32;

23. il secondo motivo è invece fondato;

24. a tale conclusione si giunge non già per il fatto che la sentenza impugnata abbia affermato che “in presenza di società di capitali a ristretta base azionaria, ovvero a base familiare… opera la presunzione di attribuzione pro-quota ai soci degli utili (occulti)”;

25. tale affermazione è infatti coerente con il costante insegnamento di questa S.C., che il Collegio pienamente condivide (v. tra le più recenti Cass. 24/12/2020, n. 29503, Cass. 24/01/2019, n. 1947, Cass. 20/12/2018, n. 32959);

26. quel che invece non è condivisibile è il fatto che la CTR abbia ritenuto che a formare l’utile extrabilancio delle società contribuenti sia stato l’importo dell’IVA indebitamente detratta e abbia posto questa come premessa per l’operare della presunzione di ripartizione ai soci;

27. si tratta con ogni evidenza di una premessa erronea, poiché l’importo dell’IVA indebitamente detratta, come tale disconosciuta dall’Amministrazione finanziaria, è per definizione inidonea a costituire una posta attiva del bilancio, visto che il disconoscimento si traduce nella negazione di un credito;

28. alla luce di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata e la causa rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, affinché verifichi se gli accertamenti compiuti dall’Amministrazione, di cui danno conto entrambe le parti nei rispettivi atti, abbiano fatto emergere in capo alle società ricorrenti effettivi utili extracontabili, diversi dall’IVA pur indebitamente detratta, suscettibili di essere imputati ai soci secondo il descritto meccanismo presuntivo, operante per le società a ristretta base azionaria;

29. il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara fondato il secondo motivo di ricorso, inammissibili il primo e il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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