Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25810 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2021, (ud. 12/04/2021, dep. 23/09/2021), n.25810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29200/2015 R.G. proposto da:

N.G., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Salvatore Rosania

e Massimiliano Moscariello, con domicilio eletto in Roma, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e:

Equitalia Sud Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Ester Dattolo,

presso la quale è domiciliata in Avellino via degli Imbimbo n. 8/B,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania sez. staccata di Salerno n. 4181/4/15, depositata il 6

maggio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 aprile

2021 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

che:

N.G. impugnava la cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle entrate, e notificata da Equitalia Sud Spa, a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, in relazione al Mod. Unico 2010 per l’anno 2009, per una maggiore imposta Irpef e per l’omesso versamento della maggiore Iva in conseguenza del riporto di una eccedenza Iva del 2007, disconosciuta dall’Ufficio per l’omessa e ultratardiva presentazione delle dichiarazioni fiscali.

Il contribuente contestava la validità della notifica e la legittimità della cartella e nel merito deduceva che: il credito traeva origine da una eccedenza d’imposta del 1999 maturata dalla società Panificio N. di N.G. & C. Snc, esposta nel 2000 e nel 2001, omessa nel 2002, per essere poi nuovamente riportata nelle annualità dal 2003 al 2005; nel 2005 la società si era trasformata nella ditta individuale N.G., la quale, nel 2006, aveva riportato il suddetto credito d’imposta, operazione poi nuovamente effettuata per le annualità fino al 2010; l’Agenzia delle entrate, dopo aver segnalato l’esistenza di errori sulla dichiarazione Unico 2010, aveva disposto lo sgravio delle somme” pari ad Euro 49.842,64, iscritte a ruolo “ravvisando un credito Iva anni precedenti riconosciuto personalmente”; successivamente l’Ufficio, peraltro, aveva proceduto ad iscrivere a ruolo l’importo di Euro 30.054,00, ossia lo stesso asseritamente già sgravato.

La Commissione tributaria provinciale di Avellino, disattese le eccezioni sulla legittimità della cartella, riteneva fondato il ricorso nel merito.

La sentenza era riformata dal giudice d’appello, secondo il quale il credito proveniente dalla precedente cessata società, che neppure lo aveva esposto in sede di liquidazione, non era utilizzabile dall’impresa individuale, diversa rispetto alla prima, e che mai lo aveva esposto nelle dichiarazioni fino al 2008.

N.G. propone ricorso per cassazione con due motivi. L’Agenzia delle entrate ed Equitalia Sud Spa resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, degli artt. 2498,2500-septies, 2559 e 1236 c.c., per aver la CTR ritenuto la società Panificio N.G. Snc cessata senza considerare che l’impresa individuale N.G. era succeduta nelle relative attività, ivi compreso, dunque, il credito Iva già alla prima spettante, irrilevante la sua mancata indicazione in sede di liquidazione.

2. Il motivo è inammissibile non cogliendo la ratio della decisione.

2.1. La CTR, infatti, dopo aver esordito che “l’appello si sostanzia sul fatto di riconoscere o meno il credito Iva in capo alla ditta N.G. che ha continuato di fatto l’attività della precedente società”, rileva, in primo luogo, che dell’asserito credito in capo alla società non vi è alcuna prova poiché “agli atti del processo nulla si dice o riferisce in ordine alla esistenza e/o cessione del credito Iva” e che, anzi, di esso neppure “ne è fatta menzione nell’atto di scioglimento della società”.

Il giudice d’appello, in secondo luogo, nell’esaminare il “riporto di detto credito” evidenzia che “per l’anno 2005, anno di inizio dell’attività del sig. N.G., non se ne è fatta alcuna menzione in quanto nessuna dichiarazione è stata fatta dal titolare della ditta. Pari silenzio per l’anno d’imposta 2006. Detto credito per l’importo di Euro 30.054 appare nell’Unico 2008 e negli anni a seguire. Dichiarazioni che peccano di ritardo e quindi considerazione essendo state inoltrate oltre i 90 gg. di tolleranza”.

2.2. La CTR, dunque, fonda la propria decisione su un duplice rilievo: a) non vi è prova del credito in capo alla Panificio N.G. Snc; b) il credito, in ogni caso, non è mai stato esposto nelle dichiarazioni perché omesse o tardive.

Da tutto ciò ha derivato che “il sottaciuto credito Iva nell’atto di scioglimento della società “Panificio N. Snc” non possa essere utilizzato “sic ed simpliciter” nella contabilità di altra ditta ” N.G.”, diversa dalla prima e con partita Iva diversa”.

2.3. Rispetto a tale fondamento resta dunque privo di ogni rilievo la circostanza che la CTR abbia escluso che il passaggio tra la Snc e l’impresa individuale fosse riconducibile ad una trasformazione o ad una successione tra soggetti distinti, nessun credito risultando esistente e, in ogni caso, attesa la reiterata omessa presentazione delle dichiarazioni.

3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatto decisivo, costituito dall’esistenza di un pregresso provvedimento di sgravio adottato dall’Agenzia delle entrate, comprovante l’esistenza del credito.

3.1. Il motivo è inammissibile.

La doglianza oltre che carente in punto di autosufficienza – non avendo il contribuente riprodotto né l’atto di sgravio, non potendosi apprezzare la sovrapponibilità del relativo credito, riferito al 2002, rispetto a quello oggetto della ripresa, né, comunque, le pregresse dichiarazioni, che ne attesterebbero la continuità – non è decisiva poiché non suscettibile di incidere sulla ratio della decisione che, come su evidenziato, ha ritenuto fondante l’omessa presentazione delle dichiarazioni Iva.

4. Il ricorso va pertanto rigettato per inammissibilità dei motivi. Le spese, liquidate come in dispositivo, sono regolate per soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna N.G. al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessive Euro 3.500,00, oltre spese prenotate a debito, nonché al pagamento delle spese a favore di Equitalia Sud Spa, che liquida in complessive Euro 3.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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