Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25810 del 18/11/2013
Civile Sent. Sez. 2 Num. 25810 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 30604-2007 proposto da:
PIVA
LUCIANA
C.F.PVILCN41D54G224V,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANASTASIO II 80, presso lo
studio dell’avvocato BARBATO ADRIANO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato TURCONI
ALDO;
– ricorrente –
2013
2050
contro
RAUTER KONRAD C.F.RTRKRD66D27B160H, MESSNER ELISABETH
C.F.MSSLBT67T43B160D, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 87, presso lo studio
Data pubblicazione: 18/11/2013
•
dell’avvocato COLARIZZI MASSIMO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato WIELANDER WOLFGANG;
– controri correnti nonchè contro
GIATTI GIANCARLO;
avvérso la sentenza n. 193/2006 della CORTE D’APPELLO’b(TgEnxm
SEZ.DIST. DI
BOLZANO, depositata il 14/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Barbato Adriano difensore della
ricorrente che si riporta agli atti;
udito
l’Avv.
Welander
Wolfgang
difensore
dei
controricorrenti che si riporta agli atti e chiede il
rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e il rigetto
dell’incidentale.
– intimato-
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 26/11/1998 Piva Luciana, dichiarando
di essere, oltre a Michela e Maria Teresa Piva erede
legittima di Piva Arsenio Guerrino, conveniva in
giudizio Rauter Konrad e il notaio Giatti Giancarlo per
– nei confronti del primo, deducendone la mala fede,
sia l’annullamento di un atto di vendita con il quale
il Piva, moribondo e incapace di intendere e di volere,
(tale risultante da attestazione di medico psichiatra
contenuta nella cartella clinica) gli aveva venduto a
prezzo vile un immobile, sia il risarcimento del danno;
– nei confronti del notaio che aveva rogato l’atto, il
risarcimento del danno.
Rauter Konrad si costituiva chiedendo il rigetto delle
domande e interveniva volontariamente la moglie Messner
Elisabeth.
Si costituiva anche il notaio che chiedeva il rigetto
della domanda risarcitoria deducendo di non avere
rogato l’atto, ma semplicemente autenticato la
sottoscrizione, che non era tenuto alla verifica della
congruità del prezzo, che non v’era prova
dell’incapacità del venditore al momento dell’atto e
3
chiedere (per quanto qui interessa):
che da un certificato medico del 5/8/1998 il venditore
risultava capace di intendere e volere.
A seguito di trattazione orale il Tribunale di Bolzano,
istruita la causa con testi e CTU, pronunciava, in data
3/3/2005, sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. con la
incapacità di intendere e di volere del venditore al
momento dell’atto, conosciuta dall’acquirente;
rigettava le domande risarcitorie.
La sentenza era appellata sia dai coniugi Rauter e
Messner, sia dall’erede Piva Luciana che insisteva per
la declaratoria della responsabilità professionale del
notaio, per il risarcimento del danno e per la
pronuncia di condanna alla restituzione dell’immobile
oggetto del contratto annullato.
La Corte di Appello di Trento, sezione distaccata di
Bolzano, con sentenza del 14/10/2006 dichiarava la
nullità della sentenza appellata per omessa
integrazione del contraddittorio nei confronti delle
altre due eredi del deceduto venditore e rimetteva la
causa al primo giudice; compensava le spese di entrambi
i gradi del giudizio.
Luciana Piva ha proposto ricorso affidato a due motivi
e ha depositato memoria; con il ricorso ha prodotto due
4
quale annullava il contratto compravendita per
documenti non prodotti nel giudizio di merito: la
dichiarazione della coerede Piva Michela attestante
l’intervenuta delega per la gestione della lite e
testamento olografo dell’altra erede Piva Maria Teresa,
nel frattempo deceduta.
controricorso e successiva memoria e hanno proposto
ricorso incidentale affidato a due motivi; Giatti
Giancarlo è rimasto intimato.
Motivi della decisione
Preliminarmente occorre dichiarare, ai sensi dell’art.
372
c.p.c.,
documentali
l’inammissibilità
della
ricorrente,
delle
produzioni
testè
menzionate
(attestazione di delega e testamento) in quanto
documenti non prodotti nel giudizio di merito e non
riguardanti né l’ammissibilità del ricorso né la
nullità della sentenza, dovendosi intendere, per
documenti riguardanti la nullità della sentenza, quelli
derivanti da vizi propri di tale atto processuale
(Cass. 26/10/2006 n. 23026).
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la
violazione dell’art. 102 c.p.c. sostenendo che non era
necessaria
del
l’integrazione
5
contraddittorio nei
Rauter Konrad e Messner Elisabeth hanno resistito con
confronti dei coeredi del soggetto che aveva compiuto
l’atto ritenuto annullabile per incapacità.
1.1 n primo motivo è infondato.
L’azione di annullamento del contratto per incapacità
di intendere e volere di uno dei contraenti che sia
gli siano succeduti nella qualità di eredi e tutti
devono essere chiamati a partecipare al giudizio
essendo contraddittori necessari.
L’azione può essere proposta anche da uno solo dei
coeredi (anche in contrasto con gli altri), ma ciò non
comporta la possibilità di un frazionamento dell’azione
con caducazione soltanto parziale dell’atto perché
l’annullamento non può investire l’atto limitatamente
ad un soggetto, ma lo investe nella sua interezza,
posto che l’atto non può essere contemporaneamente
valido per un soggetto e invalido per un altro;
l’eventuale restituzione non può avvenire pro quota, la
sentenza che pronuncia sull’annullamento deve produrre
effetti nei confronti di tutti gli eredi e pertanto
tutti i coeredi di colui che ha compiuto l’atto oggetto
della domanda di annullamento devono partecipare al
giudizio e, quindi, o promuoverlo o intervenirvi.
6
successivamente deceduto spetta a tutti i soggetti che
Fermo restando quanto sopra in punto di diritto,
tuttavia preliminare rilevare che le deleghe per
l’esercizio dell’azione di annullamento, il certificato
di morte e il testamento non possono essere presi in
considerazione alcuna in questa sede in quanto, come
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la
violazione dell’art. 102 c.p.c. sostenendo che la
richiesta di integrazione del contraddittorio sarebbe
stata
tardivamente
formulata
solo
in
comparsa
conclusionale di appello dai convenuti i quali neppure
avrebbero
indicato
il
nominativo
dei
pretesi
litisconsorti e le ulteriori indicazioni necessarie per
la loro individuazione e per l’accertamento della
qualifica di eredi.
2.1 n motivo è infondato per le ragioni qui di seguito
esposte.
Occorre
premettere,
quanto
alla
violazione
del
contraddittorio:
–
che Piva Luciana aveva replicato alla questione
sollevata dagli appellanti con memoria di replica;
– che l’omessa indicazione alle parti, ad opera del
giudice, di una questione di fatto ovvero mista di
fatto e diritto rilevata d’ufficio, sulla quale si
7
sopra riferito, le produzioni sono inammissibili.
fondi la decisione, comporta la nullità della sentenza
per violazione del diritto di difesa solo quando la
parte che se ne dolga prospetti in concreto le ragioni
che
avrebbe
potuto
far
valere
qualora
il
contraddittorio sulla predetta eccezione fosse stato
(Cass.
30/4/2011 n.
9591
Ord.); occorre precisare che le ragioni per contrastare
la decisione dovevano essere deducibili già al momento
della sentenza e non sono rilevanti quelle sorte
successivamente; sotto questo profilo il motivo
carente di specificità in ordine alla rilevanza;
– che la sentenza che decida, come nel caso di specie,
su di una questione di puro diritto,
rilevata
d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle
parti onde consentire su di essa l’apertura della
discussione, non è nulla, in quanto da tale omissione
potrebbe tutt’al più derivare un vizio di “error in
iudicando” o di “error in procedendo” la cui denuncia
in sede di legittimità consente la cassazione della
sentenza solo se tale errore si sia in concreto
consumato
(Cass.
12/4/2013
n.
8936;
Cass.
S.U.
30/9/2009 n. 20935)
Quanto alle restanti censure si osserva quanto segue.
8
tempestivamente attivato
E’ corretto affermare che la parte che deduca la non
integrita’ del contraddittorio deve indicare quali
siano i litisconsorzi pretermessi dimostrandone la
qualita’ di eredi “ex lege”(cfr. Cass. S.U. 4.12.2001
n. 15289; Cass. 1.8.2003 n. 11736).
il
principio non
è
applicabile
nella
fattispecie perché la mancanza di integrità del
contraddittorio,
rilevabile
di
ufficio,
è
stata
rilevata dalla Corte di Appello, seppure a seguito di
sollecitazione degli appellanti (cfr. pag. 12 della
sentenza di appello) e la stessa Corte ha esattamente
individuato le coeredi nelle persone di Michela e Maria
Teresa Piva,
sorelle dell’attrice e dalla stessa
indicate come coeredi al punto 2 dell’atto di citazione
del primo grado (v. pag. 13 della sentenza appellata).
La
necessità
dell’esatta
dei
individuazione
litisconsorti necessari e dei motivi per i quali
necessaria
l’integrazione,
affermata
dalla
giurisprudenza sopra richiamata, è funzionale ad
evitare adempimenti processuali che possano rivelarsi
non necessari, ma in questo caso le ragioni per le
quali necessaria l’integrazione sono state
esattamente individuate dal giudice che l’ha disposta,
così come non è neppure contestato che le persone
9
Tuttavia
individuate dalla Corte di Appello fossero nel corso
del giudizio di merito, le coeredi.
3. Con il ricorso incidentale Rauter Konrad e Messner
Elisbeth si dolgono:
a)
di una affermazione incidentale della Corte di
coeredi non sarebbe necessario nel caso in cui queste
conferiscano una delega;
b)
della integrale compensazione delle spese di
entrambi i gradi del giudizio da parte della Corte di
Appello benché parte attrice avesse commesso un errore
tecnico nell’instaurazione della causa.
3.1 La prima censura è inammissibile perché riguarda
un’affermazione incidentale della Corte di Appello che
non impinge il contenuto decisorio del provvedimento,
non vincola il giudice del primo grado al quale è stata
rimessa la causa e in ordine alla quale i ricorrenti
incidentali non hanno neppure interesse a proporre
impugnazione.
La seconda censura è inammissibile ex art. 366 c.p.c.
perché totalmente mancante dell’indicazione delle norme
di diritto sulle quali si dovrebbe fondare la censura e
manca qualsiasi riferimento ad un vizio di omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione.
10
\
Appello secondo la quale il litisconsorzio con le
4. In conclusione, il ricorso principale deve essere
rigettato e il ricorso incidentale deve essere
dichiarato inammissibile per inammissibilità dei
motivi.
Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese di
integralmente compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale.
Compensa le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 8/10/2013.
questo giudizio di cassazione devono essere