Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25810 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12580-2015 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI

MISENATI 22, presso lo studio dell’avvocato NADIA POLISETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI PAGANO;

– ricorrente –

contro

M.I.U.R. MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,

in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE

PER LA CAMPANIA – Ambito Territoriale per la Provincia di Salerno e

ISTITUTO SUPERIORE STATALE “(OMISSIS)”, in persona del legale

rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

ope legis, in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1037/2014 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 06/11/2014 R.G.N. 1215/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Salerno ha respinto l’appello di M.F. avverso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore che aveva rigettato il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca nonchè dell’Istituto Superiore Statale (OMISSIS) ed aveva ritenuto legittima la sanzione disciplinare della censura, inflitta dal Dirigente scolastico perchè l’insegnante, nei giorni (OMISSIS), si era allontanata dalla classe per recarsi in segreteria senza che ricorressero ragioni idonee a giustificare l’allontanamento e senza avvisare la vicepresidenza, in violazione dei doveri imposti dall’art. 51 del regolamento di istituto;

2. la Corte territoriale, riassunti i termini della controversia, ha innanzitutto precisato che il regolamento non era stato integrato e modificato in epoca successiva ai fatti contestati in sede disciplinare, perchè nell’aprile del 2012 erano stati solo specificati gli obblighi di servizio degli insegnanti in relazione alla vigilanza sugli alunni, senza alcuna modifica sostanziale rispetto alla versione previgente;

3. il giudice d’appello ha, inoltre, escluso l’eccepita nullità della costituzione dell’Istituto ed ha evidenziato che quest’ultima era avvenuta, con memoria del 1 luglio 2011, in forza di delega conferita ex art. 417 bis c.p.c. e nel rispetto della norma dettata dal codice di rito;

4. quanto al merito la Corte territoriale ha ritenuto provato l’illecito disciplinare ed ha accertato che l’insegnante si era allontanata dalla classe senza che ricorressero gravi ed improvvisi motivi e senza avvisare la vicepresidenza, ed inoltre aveva persistito nella condotta, sebbene il 23 novembre fosse stata redarguita dal dirigente scolastico;

5. ha rilevato che non valeva ad escludere la rilevanza disciplinare della condotta la circostanza che l’allontanamento fosse stato di breve durata e non avesse esposto a pericolo gli alunni, controllati la prima volta dai loro rappresentanti, nella successiva occasione da un collaboratore scolastico;

6. infine ha ritenuto la sanzione della censura proporzionata alla complessiva gravità della condotta in quanto il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 494, lett. c), per la violazione del dovere di vigilanza prevede la sanzione della sospensione dall’insegnamento fino ad un mese;

7. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.F. sulla base di due motivi di censura, illustrati da memoria, ai quali ha opposto difese il MIUR con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo la ricorrente denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e ribadisce che il (OMISSIS) era stato integrato e modificato il regolamento affisso all’albo della scuola 7 novembre 2010 e, pertanto, non poteva essere addebitata all’insegnante la violazione di una regola di condotta non chiara, al punto da richiedere una successiva specificazione;

1.1. aggiunge che nella specie non poteva essere ravvisata una violazione dell’obbligo di vigilanza perchè, in un’occasione, il controllo della classe, composta per la maggior parte da maggiorenni, era stato affidato ai due rappresentanti e nell’altra era stato richiesto l’intervento di personale ATA;

1.2. rileva, inoltre, che di allontanamento si può parlare solo nel caso in cui il docente esca dal plesso scolastico non già qualora, come nella fattispecie, si rechi presso l’ufficio di segreteria per svolgere incombenze connesse all’attività di insegnamento;

2. con la seconda censura la M. denuncia la “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto (processuali e sostanziali)” ed insiste nel sostenere che doveva essere dichiarata la nullità della costituzione dell’Istituto, in quanto ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 16, il potere di promuovere e resistere alle liti è attribuito unicamente ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali e non quindi a quelli delle istituzioni scolastiche;

2.1. aggiunge che la nota dell’Avvocatura dello Stato non legittimava la costituzione in quanto si limitava ad esprimere un giudizio sulla memoria inviata;

2.2. rileva, inoltre, la ricorrente che nel corso del procedimento disciplinare era stato mortificato il suo diritto di difesa, perchè illegittimamente l’amministrazione aveva richiesto il pagamento delle spese di fotoriproduzione, posto come condizione per il rilascio delle copie degli atti;

2.3. infine sostiene che la sanzione non poteva essere ritentaproporzionata alla gravità del fatto ed all’intensità dell’elemento intenzionale, in quanto occorreva tener conto di tutte le circostanze allegate dalla ricorrente e delle modalità soggettive della condotta;

3. occorre premettere che nella memoria depositata ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, la ricorrente ha dichiarato di essere stata collocata in pensione dal 1 settembre 2018 ed ha evidenziato che l’estinzione del rapporto ha determinato il venir meno dell’interesse alla decisione, in quanto in questa sede è contestata la legittimità di una sanzione diversa dal licenziamento;

3.1. ha, quindi, concluso chiedendo, in via principale, la ” valutazione della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione”, e ribadendo, poi, le ragioni sviluppate nel ricorso a sostegno della domandata cassazione della sentenza;

4. rileva il Collegio che non sussistono i presupposti processuali necessari ai fini della pronuncia di cessazione della materia del contendere, che presuppone una richiesta congiunta delle parti, le quali devono entrambe dare atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottoporre al giudice conclusioni conformi in tal senso (Cass. n. 16150/2010; Cass. n. 2063/2014; Cass. n. 5188/2015 e fra le più recenti in motivazione Cass. n. 19845/2019);

5. tuttavia nel giudizio di cassazione la dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del ricorso, resa dal ricorrente, va equiparata alla rinuncia ex art. 390 c.p.c. e, pertanto, in assenza dei requisiti richiesti dal comma 3 della disposizione citata, la stessa, seppure non idonea a determinare l’estinzione del processo, comporta l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso per carenza di interesse (Cass. S.U. n. 3876/2010), atteso che quest’ultimo deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’impugnazione ma anche successivamente sino alla decisione della causa;

6. vanno integralmente compensate le spese del giudizio di cassazione, poichè la pronuncia di inammissibilità è fondata sulla sopravvenuta carenza di interesse dichiarata dalla stessa ricorrente;

6.1. per la medesima ragione non sussistono nei confronti di quest’ultima le condizioni processuali richieste per il raddoppio del contributo unificato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, perchè la misura, che si applica ai soli casi tipici del rigetto dell’impugnazione o di inammissibilità originaria del ricorso, ha natura eccezionale e lato sensu sanzionatoria e, pertanto, non può essere applicata estensivamente o analogicamente (Cass. n. 19071/2018; Cass. n. 31732/2018).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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