Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25808 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 23/09/2021), n.25808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. LEUZZI S. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 3671 del ruolo generale dell’anno

2015, proposto da:

Equitalia sud s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Puri, elettivamente

domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, via XXIV maggio n.

43;

– ricorrente –

contro

F.A., res. in (OMISSIS);

– intimato –

Comune di Morlupo, in persona del sindaco pro tempore, con sede in

(OMISSIS);

– intimato –

Società di cartolarizzazione dei crediti INPS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, con sede in (OMISSIS);

– intimata –

INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede

legale in Roma, via Ciro il Grande, n. 21;

– intimata –

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

elettivamente si domicilia;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 12 giugno 2014, n.

3896/9/14;

sentita la relazione svolta dal consigliere Salvatore Leuzzi nella

camera di consiglio del 10 marzo 2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.A. impugnava il sollecito di pagamento, notificatogli il 23 giugno 2010, fondato su alcune cartelle di pagamento variamente riguardanti ICI, tassa automobilistica, Irpef, contributi INPS e IVA, non corrisposti.

Il ricorso del contribuente veniva accolto in parte; nel relativo giudizio Equitalia Sud non si costituiva.

Il successivo appello erariale veniva rigettato.

Equitalia Sud ha affidato il proprio ricorso per cassazione a quattro motivi; si è costituita ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con conseguente nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., per avere la CTR trascurato di considerare la documentazione depositata da Equitalia Sud s.p.a., attestante la regolare notifica delle cartelle di pagamento.

Con il secondo motivo di ricorso si censura la nullità della sentenza in violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR acriticamente trascurato, aderendo in modo apodittico alle conclusioni della CTP, la circostanza della regolare notifica delle cartelle di pagamento “sottese al sollecito di pagamento”, tralasciando l’esame della documentazione versata in atti dall’agente della riscossione.

I primi tre motivi sono fondati e vanno accolti nei termini che seguono.

Le prime due censure si soffermano sull’adombrata regolarità della notifica delle cartelle di pagamento, aspetto trascurato dal giudice d’appello; il terzo motivo pone in luce la non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto pedissequo alle cartelle qual e’, nella prospettazione agenziale, il sollecito di pagamento.

Il fatto rappresentato dall’intervenuta ritualità della notifica delle cartelle è decisivo, in quanto ne discende il perimetro di impugnabilità dell’atto che si pone a valle di esse, in est del sollecito di pagamento.

Va premesso che la deduzione dell’intervenuta notifica delle cartelle presupposte dal sollecito di pagamento costituisce mera difesa, e non eccezione in senso tecnico, nel giudizio di impugnativa del medesimo (con riferimento all’iscrizione ipotecaria, ma con argomentazioni mutuabili v. Cass. n. 14486 del 2013). Invero, nel processo tributario, in cui è ammessa la produzione di nuovi documenti in appello, è consentito alla parte, rimasta contumace in primo grado, produrre nel predetto grado l’originale dell’atto impositivo notificato (e di cui era contestata dal contribuente l’avvenuta notifica), costituendo tale produzione una mera difesa, volta alla confutazione delle ragioni poste a fondamento del ricorso della controparte, e riguardando il divieto di proporre eccezioni nuove, di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, unicamente le eccezioni in senso stretto (Cass. n. 12008 del 2011).

L’impugnabilità del sollecito di pagamento – esclusa con il terzo mezzo di ricorso – costituisce, a sua volta, questione rilevabile d’ufficio e non eccezione a cura di parte soggetta al regime delle preclusioni previste dalla disciplina del processo tributario. Attiene infatti all’ammissibilità stessa dell’impugnazione, di talché l’agente della riscossione contumace in primo grado ne ha legittimamente fatto, in sede d’appello, oggetto di censura in sede volta a far dichiarare che l’atto notificato non era soggetto ad impugnazione.

Ora, il sollecito di pagamento ha natura ontologicamente non impositiva, ma di mero invito o stimolo, qualora si palesi riproduttivo del contenuto delle cartelle di pagamento che ne sono alla base. La CTR ha omesso di vagliare detto profilo essenziale.

Eppure, a tenore del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, è preclusa l’impugnazione del sollecito di pagamento, a causa della definitività acquisita dalle cartelle che lo sorreggono e lo giustificano, quali atti presupposto, ove delle stesse dovesse reputarsi documentata la rituale e tempestiva notifica

Posto, in altri termini, che le cartella di pagamento non oggetto d’impugnazione da parte del contribuente avevano la funzione di portare a conoscenza del destinatario l’importo e la causa della pretesa tributaria, il predetto avrebbe dovuto pregiarsi di impugnarle, quali atti autonomamente impugnabili, per fare valere la non debenza delle somme richieste.

E’ infondato, invece, il quarto motivo, perché non vi è “conversione” in decennale dell’originario termine di prescrizione che contrassegna il credito.

Come chiarito da questa Corte in più occasioni, la mancata impugnazione della cartella di pagamento nel termine di decadenza previsto dalla legge produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve – eventualmente previsto – in quello ordinario decennale, di cui all’art. 2953 c.c. (Cass. n. 11760 del 2019; Cass., sez. un., n. 23397 del 2016; Cass. n. 12200 del 2018).

Il ricorso va, in ultima analisi, accolto con riferimento ai primi tre motivi, disatteso il quarto.

La causa va rimessa alla CTR del Lazio per un nuovo esame – alla luce dei principi sopra espressi – nonché per la regolazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, rigetta il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per le regolazione delle spese del giudizio alla CTR del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

 

 

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