Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25802 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 23/09/2021), n.25802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1020-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.P.R., M.M., M.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PREFETTI 17, presso lo

studio dell’avvocato CARLO PANDISCIA, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARCO GARZULINO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 99/2013 della COMM. TRIB. REG. PIEMONTE,

depositata il 10/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/01/2021 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha chiesto

accoglimento del motivo 1) di ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Nei confronti delle società F.lli M. S.r.l. e Sistempack S.r.l., in liquidazione, furono notificati rispettivamente quattro avvisi di accertamento per ciascuna relativi al recupero a tassazione di IRES, IVA ed IRAP per gli anni d’imposta dal 2002 al 2005, a seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza – Compagnia di (OMISSIS), il cui esito era compendiato nel processo verbale di constatazione (pvc) del (OMISSIS), che aveva evidenziato il coinvolgimento delle società nell’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.

Il pvc, al quale si riferivano le motivazioni degli atti impositivi, aveva evidenziato un ulteriore profilo di evasione, riferito al trasferimento delle quote societarie a meri prestanomi, con svuotamento del patrimonio delle rispettive società e trasferimento delle sedi sociali in Bulgaria ed Ucraina.

Detti avvisi di accertamento, oltre che nei confronti di chi figurava essere il rappresentante legale delle società, furono notificati anche ai soci M.M., M.G. e M.P.R., cui era imputata la qualità di “autori delle violazioni”, anche in relazione all’avere liquidato le predette società, distraendone il patrimonio.

Gli avvisi di accertamento non furono oggetto d’impugnazione e, in conseguenza della loro definitività, seguì l’iscrizione a ruolo degli importi dovuti, di cui alle cartelle di pagamento n. (OMISSIS) e (OMISSIS), anch’esse notificate alle società in liquidazione ed agli ex soci M.M., M.G. e M.P.R., questi ultimi “in qualità di coobbligati in solido”.

Avverso le cartelle di pagamento i predetti ex soci proposero separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Verbania, che, riuniti i ricorsi, li respinse con sentenza n. 64/1/11.

Detta sentenza fu oggetto di separate impugnazioni, l’una da parte di M.G. e l’altra congiuntamente proposta da M.M. e M.P.R..

La Commissione tributaria regionale (CTR) del Piemonte, riuniti gli appelli, con sentenza n. 99/22/13, depositata il 10 ottobre 2013, non notificata, li accolse, ritenendo che gli avvisi di accertamento notificati ai fratelli M. non avessero prodotto alcun effetto nei loro confronti, in quanto privi all’epoca della contestazione di alcun potere di rappresentanza legale delle società partecipate, e pertanto altrettanto privi di legittimazione all’impugnazione, dovendosi escludere, inoltre, alla stregua del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, convertito, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 326, che agli amministratori o gestori di fatto potesse riferirsi l’imputabilità personale delle sanzioni.

Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui i contribuenti resistono con controricorso.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 14,25 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata, senza esaminarne il contenuto, ha escluso che gli avvisi di accertamento notificati ai fratelli M. costituissero valido fondamento dell’emissione dei ruoli, notificati a mezzo delle cartelle di pagamento oggetto d’impugnazione da parte di questi ultimi nei giudizi proposti in primo grado dinanzi alla CTP di Verbania, erroneamente avendo dedotto il giudice tributario d’appello che i fratelli M. non avessero l’onere d’impugnare detti atti impositivi, stante il difetto in capo ad essi di ogni potere di rappresentanza legale di entrambe le società.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha motivato l’accoglimento del gravame proposto dai contribuenti avverso la pronuncia di primo grado “anche” in relazione a “quanto disposto dal D.L. n. 269 del 2003, art. 7, in materia di sanzioni amministrative; norma questa che appunto esclude l’imputabilità personale di dette sanzioni agli amministratori o gestori di fatto”, trattandosi di norma che si riferisce, appunto, solo alle sanzioni ed ancora una volta ignorando, quale fonte della responsabilità degli ex soci ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, i comportamenti illeciti ad essi addebitati nei rispettivi avvisi di accertamento ad essi notificati.

3. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che, con riferimento a M.M. e M.P.R., sono intervenute sentenze penali di applicazione di pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.c., in relazione ai fatti oggetto di contestazione negli atti impositivi, per cui i predetti, quali autori dei reati loro contestati, hanno prodotto proventi di fonte illecita per propri scopi fraudolenti e personali, attraverso la mera interposizione fittizia delle società, ciò comportando la legittimità della riscossione delle imposte dovute su detti proventi illeciti.

4. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi.

Essi sono fondati nei termini di seguito precisati.

4.1. La CTR ha erroneamente affermato che gli avvisi di accertamento, sebbene aventi come destinatari, ciascuno in proprio, quali “autori delle violazioni”, i tre fratelli M. – in quanto pur sempre riferibili all’imponibile accertato nei confronti delle due società del gruppo – non fossero in grado di produrre alcun effetto nei confronti degli ex soci M.M., M.G. e M.P.R., non avendo che “la mera funzione di informazione delle vicende societarie”.

4.2. La ricorrente Agenzia delle Entrate, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ha riprodotto il contenuto essenziale degli atti impositivi, dal quale si evidenzia che, di là dalla mera indicazione formale dell’attribuzione a ciascuno della qualità di “autore delle violazioni”, segnatamente in relazione alle vicende emerse nel corso dell’istruttoria nei giudizi penali svoltisi nei confronti di M.M., definito “amministratore di fatto” e “mente economica” del gruppo, e di M.P.R., sono stati contestati specifici comportamenti illeciti di natura dolosa, consistiti in “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, “occultamento o distruzione di documenti contabili” e “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”, rispetto ai quali i giudizi penali sono stati definiti dal Tribunale di Verbania con applicazione di pena su richiesta di ciascun imputato, ex art. 444 c.p.p..

4.3. Si tratta, dunque, di comportamenti idonei ad integrare il fondamento della responsabilità dei medesimi, quali ex soci, di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 3, che il citato art. 36, successivo comma 5, prevede che sia appunto contestata dall’Amministrazione finanziaria con atto motivato.

A mezzo, dunque, degli avvisi di accertamento notificati ai fratelli M. in proprio, quali autori delle violazioni, e divenuti definitivi per difetto d’impugnazione nei termini, l’Amministrazione finanziaria ha inteso quindi far valere detta responsabilità, per la lesione del proprio diritto di credito per i tributi non versati dalle anzidette due società del gruppo per gli anni dal 2002 al 2005, divenuto a sua volta incontestabile in forza di accertamenti divenuti definitivi nei confronti delle società medesime.

4.4. Quanto alla concorrente ratio decidendi secondo la quale la CTR ha ritenuto che debba escludersi, alla stregua del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, convertito, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 326, che agli amministratori o gestori di fatto potesse riferirsi l’imputabilità personale delle sanzioni, è sufficiente in questa sede osservare, per un verso, che l’esclusione della responsabilità solidale di questi sarebbe comunque riferita alle sole sanzioni, mentre, per altro verso, è mancato del tutto l’accertamento in fatto, da parte del giudice di merito, riguardo alla circostanza, in relazione alla natura dei comportamenti illeciti ascritti in primo luogo al M.M., che le due anzidette società del gruppo potessero ciascuna costituire mera fictio creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria delle violazioni, dovendo, in caso affermativo, rispondere anche l’amministratore di fatto, non potendo ravvisarsi alcuna differenza tra trasgressore e contribuente (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 18 aprile 2019, n. 10975).

5. Resta assorbito, alla stregua delle considerazioni che precedono, l’esame del terzo motivo.

6. La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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