Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2580 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 05/02/2020), n.2580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27194-2017 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE MARRUCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 139/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PERUGIA, depositata il 14/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016 osserva;

Con sentenza n. 139/3/2017 depositata il 14.4.2017, la CTR dell’Umbria accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate su controversia avente ad oggetto un avviso di accertamento relativo a Irpef e relative addizionali per l’anno di imposta 2009, adottato all’esito di un verbale di ispezione della Guardia di Finanza emesso nei confronti della Fratelli C. di F. e F. C. s.n.c. – della quale società C.F. era socio al 50% – sul presupposto della mancata dimostrazione, da parte del contribuente, dell’inerenza e la deducibilità dei costi.

C.F. ricorre per la cassazione della sentenza affidando il suo mezzo a un motivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

1. Con il motivo il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, in relazione all’art. 100 c.p.c. e all’art. 111 Cost.; nullità della sentenza per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti dell’altro socio e della società, litisconsorti necessari.

La censura è inammissibile.

Il giudice di prime cure ha esaminato la questione del litisconsorzio necessario affermando che l’atto di accertamento emesso nei confronti del socio era individuale e che, essendo l’accertamento nei confronti della società definitivo e la società cancellata dal registro delle imprese, non si potesse integrare il contraddittorio nei confronti della stessa.

Tale pronuncia non è stata oggetto di gravame, nemmeno incidentale sicchè, sulla stessa, si è formato il giudicato.

Questa Corte ha affermato più volte che il vizio processuale derivante dalla omessa citazione di alcuni litisconsorti necessari può essere dedotto per la prima volta anche in sede di legittimità ma alla duplice condizione che gli elementi posti a fondamento del rilievo emergano, con ogni evidenza, dagli atti già ritualmente acquisiti nelle precedenti fasi, senza quindi la necessità dello svolgimento di ulteriori attività istruttorie (precluse nel giudizio di cassazione), e che sulla questione non si sia formato il giudicato (Cass. 3024/2012; Cass. 3830/2010).

L’art. 161 c.p.c., comma 1, formula, infatti, il principio della conversione delle cause di nullità della sentenza in motivi di impugnazione, in forza del quale le nullità della sentenza possono essere fatte valere, al fine della loro rimozione, soltanto attraverso il sistema dei mezzi di impugnazione soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi. Cass. 3 novembre 2000, n. 14348; conforme Cass. 23 giugno 1997, n. 5573; Cass. lav., 28 dicembre 1996, n. 11357; Cass. 15 novembre 1995, n. 11827).

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 4.100,00 – oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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