Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25798 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2019, (ud. 23/05/2018, dep. 14/10/2019), n.25798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14811/2018 R.G. proposto da:

C.G., rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Castaldo,

con domicilio in Scafati, alla Via Martiri d’Ungheria n. 297;

– ricorrente –

contro

G.I., rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Vitiello, con

domicilio in Napoli, alla Via Palermo n. 56;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli n. 608/2018,

depositata in data 14.3.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

12.4.2019 dal Consigliere Dott. FORTUNATO Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte distrettuale di Napoli, pronunciando sul reclamo proposto da G.I., ha confermato il provvedimento di rigetto della domanda di revoca di C.G. dalla carica di amministratore del Condominio (OMISSIS), ritenendo che:

a) il fatto che l’amministratore avesse riscosso le quote condominiali relative al 2014 ed avesse versato cumulativamente le somme sul conto condominiale, senza indicare gli importi corrisposti dai singoli condomini e senza rilasciare ricevute, non configurasse alcuna violazione, poichè i versamenti eseguiti erano stati di modesta entità ed erano stati annotati nei registri di contabilità tenuti dall’amministratore;

b) che non fosse necessaria la verbalizzazione delle attività svolte nel corso della riunione del 23.4.2015, poichè che era stata il coniuge della ricorrente ad impedire lo svolgimento dell’assemblea, che quindi non si era neppure tenuta.

c) l’amministratore avesse consegnato, così come richiestogli, la documentazione relativa alla gestione del 2011, sia pure in formato cartaceo, mentre quella relativa alla gestione 2012 e 2015 fosse stata posta a disposizione della resistente, non presentatasi agli incontri fissati per la consegna;

d) la ricorrente non potesse dolersi della mancata convocazione di taluni condomini a varie assemblee indette dall’amministrazione, trattandosi di un vizio di annullabilità delle delibere, sanato per mancata impugnazione da parte dei singoli interessati;

e) che, contrariamente a quanto sostenuto dalla reclamante, l’amministratore avesse convocato l’assemblea del 25.6.2015 senza poter rispondere dalla mancata produzione, nel giudizio civile n. 463/2010, dei documenti necessari a comprovare una rappresentazione non veritiera dello stato dei luoghi, oggetto di causa, poichè il ricorrente non era autore dell’atto in questione, non era beneficiario dell’attività che aveva dato luogo ad indagini penali, non era chiaro lo stesso contenuto dell’addebito e non era possibile apprezzare la consapevole produzione di un documento falso, del quale non era noto l’oggetto, le parti o l’oggetto della causa;

f) non giustificasse la revoca neppure il fatto che nella riunione del 5.9.2016 fosse stata conferita la procura alle liti relativamente al presente giudizio all’avv. Castaldo, già delegato da altro condomino a partecipare alla assemblea, non trattandosi di vizio imputabile all’amministratore.

La Corte d’appello ha infine compensato le spese processuali del giudizio di reclamo per la complessità degli accertamenti e delle questioni affrontate e per la natura del procedimento.

La cassazione del provvedimento di reclamo è chiesta da C.G. sulla base di un unico motivo di ricorso, illustrato con memoria.

G.I. ha depositato controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va respinta l’istanza di sospensione o di rinvio proposta dalla resistente con memoria ex art. 380 bis c.p.c., a seguito della richiesta di revoca o di correzione del provvedimento impugnato avanzata dinanzi al Corte di appello di Napoli, poichè, dato l’esito del presente giudizio, sarà il giudice del rinvio a tener conto di eventuali correzioni o modifiche del provvedimento, eventualmente disposte.

2. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando l’erroneità della pronuncia di compensazione delle spese processuali, poichè la complessità degli accertamenti e delle questioni dibattute e la natura del procedimento non potevano integrare quelle gravi ed eccezionali ragioni contemplate dall’art. 92, nel testo risultante dalla pronuncia di parziale illegittimità di cui alla sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale.

3. Il motivo è fondato.

Deve anzitutto affermarsi l’ammissibilità del presente ricorso, posto che, sebbene la pronuncia sulla revoca dell’amministratore di condominio non abbia carattere definitivo e sia inidonea al giudicato, tale definitività investe il capo di pronuncia sulle spese, involgendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello, sostanziale, dibattuto in giudizio (Cass. 9516/2005; Cass. s.u. 20957/2004).

3.1. La censura non propone di contestare l’opportunità di disporre la compensazione delle spese, che è profilo rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, ma è volto a negare che i motivi addotti dalla pronuncia impugnata siano tali da integrare le gravi ed eccezionali ragioni contemplate dall’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, art. 13, comma 1, convertito con L. n. 162 del 2014 (applicabile al caso in esame in relazione alla data di proposizione del ricorso di primo grado), e quindi risultante dalla pronuncia di parziale illegittimità costituzionale (cfr. Corte Cost. 77/2018), profilando quindi un errore di sussunzione scrutinabile con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. 23059/2018; Cass. 2883/2014; Cass. s.u. 2572/2012).

Va premesso che l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorchè concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni non determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche” (Cass. s.u. 2572/2012).

Posta tale premesse, è da escludere che la natura del procedimento (revoca per giusta causa dell’amministratore condominiale) giustificasse di per sè la compensazione.

Tali controversie hanno natura contenziosa e soggiacciono alla regola della soccombenza ex art. 91 c.p.c., posto inoltre che il giudizio si è concluso con il rigetto della domanda e dovendo inoltre rilevarsi l’inapplicabilità del principio sancito dall’art. 1129 c.c., comma 11, nel testo, novellato dalla L. n. 220 del 2012, norma che – peraltro – rende ripetibili le spese nel rapporto interno tra il condomino vittorioso che le abbia anticipate e il Condominio, nei cui confronti si producano gli effetti della decisione, mentre è solo nel rapporto processuale tra le parti del giudizio che le spese trovano la loro esclusiva regola di riparto (Cass. 18487/2018).

Riguardo invece alla complessità degli accertamenti e delle questioni affrontate occorre precisare che la Corte costituzionale, con sentenza 77/2018, ha dichiarato illegittimo l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, convertito con L. n. 162 del 2014 (ove non prevedeva la possibilità di compensare le spese processuali anche in presenza di altre gravi ed eccezionali ragioni, diverse dall’assoluta novità della questione o dal mutamento di giurisprudenza), ritenendo lesivo del canone di ragionevolezza “l’aver il legislatore del 2014 tenuto fuori dalle fattispecie nominate, che facoltizzano il giudice a compensare le spese di lite in caso di soccombenza totale, le analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata”.

Secondo il Giudice delle leggi, “la rigidità di tale tassatività ridonda anche in violazione del canone del giusto processo (art. 111 Cost., comma 1) e del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost., comma 1) perchè la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti”.

La pronuncia ha inoltre soggiunto che “le ipotesi illegittimamente non considerate dalla disposizione censurata possono identificarsi in quelle che siano riconducibili a tale clausola generale e che siano analoghe a quelle tipizzate nominativamente nella norma, nel senso che devono essere di pari, o maggiore, gravità ed eccezionalità. Le quali ultime quindi – l'”assoluta novità della questione trattata” ed il “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti” – hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale” (cfr. Corte Cost. 77/2018).

D’altro canto è orientamento di questa Corte, con riferimento all’analoga formula contenuta nell’art. 92 c.p.c., comma 2, come risultante dalle modifiche adottate con L. n. 69 del 2009, che, ad es., anche l’oggettiva opinabilità delle questioni affrontate o l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese (Cass. 2883/2014).

Nello specifico, la Corte distrettuale si è invece limitata a pronunciare la compensazione senza minimamente indagare – dandone conto in motivazione – le ragioni che connotavano in concreto la complessità degli accertamenti e delle questioni esaminate in termini che consentissero di apprezzarle quali sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a profili di assoluta incertezza o comunque munite di una gravità ed eccezionalità equiparabili a quella delle altre ipotesi considerate dall’art. 92 c.p.c., comma 2 (in senso integralmente conforme, in motivazione, Cass. 14969/2017).

La generica e non meglio specificata complessità degli accertamenti e delle questioni dibattute (oltre, per quanto detto, sulla natura del procedimento), sganciata dal riscontro dei particolari requisiti richiesti dell’attuale formulazione della norma, non integra quindi il presupposto indispensabile per disporre la compensazione.

E’ quindi accolto l’unico motivo di ricorso e il provvedimento impugnato è cassato in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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