Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25797 del 30/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/10/2017, (ud. 26/09/2017, dep.30/10/2017),  n. 25797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19324-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 150/11/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONE di BOLOGNA, depositata il 26/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/09/2017 dal Consigliere Dott. MANZON ENRICO.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 28 gennaio 2016 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, nella parte che qui rileva, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 137/3/11 della Commissione tributaria provinciale di L’orli che aveva parzialmente accolto il ricorso della (OMISSIS) srl contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES ed altro 2004. La CTR osservava in particolare che il recupero a tassazione di Euro 100.000 per canoni di locazione attivi non dichiarati (dalla incorporata (OMISSIS) srl) non trovava fondamento sul principio di competenza, in assenza degli indispensabili requisiti di “certezza e determinabilità” delle componenti (positive o negative) del reddito di impresa quali imposti dall’art. 109, TUIR.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1′ Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

L’intimata società, nelle more fallita, non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nn. 3 e 4, art. 132 c.p.c., denunciando la “mera apparenza” della motivazione reiettiva del suo gravame.

La censura è fondata.

Va infatti ribadito che:

“La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01);

– “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, art. 54, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

La sentenza impugnata paradigmaticamente si colloca nell’ambito delle “patologie motivazionali” individuate in tali arresti giurisprudenziali e quindi ben al di sotto del “minimo costituzionale” evocato nel secondo.

Il giudice tributario di appello infatti si è limitato a riaffermare i principi di diritto governanti la determinazione delle componenti positive del reddito di impresa ossia la competenza, certezza e determinabilità, senza tuttavia il minimo collegamento argomentativo con la fattispecie concreta oggetto della lite e senza alcun riscontro degli specifici motivi di censura contenuti nel gravame agenziale sul punto decisionale in questione della sentenza appellata, basando quindi la correlativa statuizione reiettiva su una mera, del tutto apodittica, affermazione di illegittimità della pretesa erariale.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2017

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