Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25794 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 09/06/2016, dep.14/12/2016),  n. 25794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza 8735/2015 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

SEMINARIO 85, presso lo studio dell’avvocato GAIA FABBRI,

rappresentato e difeso dagli avvocati VITTORIO SCOGNAMIGLIO, MILENA

MONTEMAGGI, ILARIA PAIS GRECO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CIESSE IMMOBILIARE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. LUCIO CAPASSO

che conclude chiedendo dichiararsi la competenza del Tribunale di

Rimini;

avverso la sentenza n. 227/2015 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 24/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Rimini, con sentenza del 24 febbraio 2015, resa nel giudizio avente NRG 6246/2013, pronunciando in relazione alla causa inerente l’opposizione a decreto ingiuntivo promossa da Ciesse Immobiliare S.r.l. nei confronti di V.G., ha accolto l’opposizione, dichiarato nullo e per l’effetto revocato il d.i. opposto, con condanna del V. al pagamento delle spese di lite, stante l’efficacia fra le parti della clausola compromissoria di cui all’art. 34 del contratto preliminare, come pure eccepito dall’opponente.

Avverso tale sentenza il V. ha proposto regolamento di competenza basato su tre motivi.

Ciesse Immobiliare S.r.l. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso con declaratoria di competenza del Tribunale di Rimini.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il regolamento di competenza all’esame proposto avverso il provvedimento declinatorio di competenza per esistenza di clausola compromissoria è ammissibile, trattandosi di giudizio instaurato successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore dell’art. 819 ter c.p.c., nel testo introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (Cass., ord., 28/12/2011, n. 29261; Cass. 28/07/2015, n. 15850).

2. Va poi evidenziato che è impugnabile mediante regolamento ex art. 42 c.p.c., la decisione declinatoria della competenza assunta, come nel caso di specie, con sentenza e non con ordinanza, in violazione dell’art. 279 c.p.c., comma 1, primo inciso, introdotto dalla L. n. 69 del 2009, attesa l’irrilevanza, trattandosi di provvedimenti di analogo contenuto decisorio, dell’inosservanza del requisito di forma (Cass., ord., 26/01/2016, n. 1400), sicchè il proposto regolamento è ammissibile anche sotto tale profilo.

3 Con il secondo motivo, che, seguendo l’ordine logico, va esaminato per primo, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e in ogni caso violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, lett. t)”, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale, richiamando l’orientamento espresso da Cass., sez. un., 3/10/2002, n. 14223, ha ritenuto la non riconducibilità della questione relativa all’efficacia tra le parti della clausola compromissoria a quelle che attengono alla competenza per essere la stessa questione inerente al merito. Sostiene altresì il V., facendo riferimento al più recente orientamento espresso da Cass. 25/10/2013, n. 14223, che, stante la natura giurisdizionale e non negoziale dell’arbitrato rituale, in presenza di clausola compromissoria in arbitrato rituale, il contrasto tra l’attribuzione della cognizione della controversia al collegio arbitrale italiano o al giudice ordinario integra una questione di competenza e che la clausola compromissoria per arbitrato rituale costituisce deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria e rientra, pertanto, tra le clausole che si presumono vessatorie ai sensi dell’art. 33 del Codice del consumo.

3.1. Il motivo è fondato nei termini appresso indicati e sulla base delle seguenti argomentazioni.

3.2. In considerazione della natura giurisdizionale dell’arbitrato e della sua funzione sostitutiva della giurisdizione ordinaria, come desumibil dalla disciplina introdotta dalla L. n. 5 del 1994 e dalle modificazioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, l’eccezione di compromesso ha carattere processuale ed integra una questione di competenza (Cass., sez. un., ord., 25/10/2013, n. 24153; Cass. 21/01/2016, n. 1101; Cass., ord., 6/11/2015, n. 22748; Cass. 12/11/2015, n. 23176).

3.3. Il contratto preliminare di vendita immobiliare di cui si discute in causa risulta stipulato in data 11 agosto 2006 e, quindi, in epoca successiva non solo all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, ma anche del Codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005), sicchè è applicabile ratione temporis il sistema normativo introdotto dallo stesso, stante la qualifica di consumatore del ricorrente.

3.4. La disciplina di tutela del consumatore posta del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, artt. 33 e segg. (c.d. Codice del consumo) prescinde dal tipo contrattuale prescelto dalle parti e dalla natura della prestazione oggetto del contratto, trovando applicazione sia in caso di predisposizione di moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, che di contratto singolarmente predisposto per lo specifico affare (Cass., ord., 20/03/2010, n. 6802; Cass., ord., 18/10/2010, n. 21379).

3.5. Il D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, lett. t), nello stabilire che si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto il sancire a carico del consumatore deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, trova applicazione anche con riferimento alla clausola compromissoria.

3.6. Mentre spetta al consumatore, ex art. 34, comma 5, Codice del Consumo, che agisca in giudizio, di allegare e provare che il contratto è stato predisposto dal professionista e che le clausole costituenti il contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui all’art. 33, comma 2, del citato D.Lgs., spetta, invece, al professionista superare tale presunzione, dando prova che la sottoscrizione della clausola derogatrice della competenza ha costituito l’esito di una trattativa individuale, seria ed effettiva, essendo a tal fine insufficiente la mera aggiunta a penna della clausola, nell’ambito di un testo contrattuale dattiloscritto, o la mera approvazione per iscritto della clausola medesima (Cass., ord., 26/09/2008, n. 24262; Cass., ord., 10/07/2013, n. 17083) e nella specie tale prova non è stata offerta.

4. Quanto sopra evidenziato assorbe l’esame del primo motivo, con cui, lamentando “violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c.”, il ricorrente si duole che il Tribunale abbia ritenuto implicitamente sussistente un contratto di adesione e valida la sottoscrizione della clausola in parola sul presupposto – ritenuto dal V. erroneo – che il contratto fosse stato sottoscritto in tutte le pagine dai contraenti e recasse la doppia sottoscrizione, omettendo di considerare che, nella fattispecie all’esame, l’asserita doppia sottoscrizione non sarebbe affatto distinta e separata rispetto alle clausole non vessatorie. Ed invero, come pure ritenuto dal P.G. risulta ultroneo verificare se quello di cui si discute sia o non un contratto per adesione e se il riepilogo finale delle clausole corredato da apposita sottoscrizione includa o non clausole non vessatorie.

5. Risulta altresì assorbito anche il terzo motivo del ricorso, con cui, lamentando “Violazione e falsa applicazione di legge – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – in relazione all’art. 33 del codice del consumo per il quale si considerano vessatorie le clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, il V. deduce di non aver avuto, prima della sottoscrizione del contratto, la possibilità di conoscere il regolamento arbitrale disciplinante i costi dell’arbitrato e rappresenta che, qualora avesse conosciuto tale regolamento, non avrebbe sottoscritto la clausola in questione, sia per l’onerosità in sè dell’arbitrato deferito a un collegio arbitrale sia per l’incertezza dei criteri di risoluzione della controversia, e sostiene, infine, che la clausola in parola sarebbe stata “predisposta unilateralmente dalla Ciesse Immobiliare in un contesto contrattuale destinato ad essere utilizzato per una serie indefinita di rapporti quali sarebbero stati quelli di vendita dei singoli immobili del complesso residenziale in costruzione”.

6. Alla luce di quanto precede il ricorso per regolamento di competenza va accolto e va dichiarata la competenza del Tribunale di Rimini, dinanzi al quale la causa va riassunta nei termini di legge.

7. A tale esito segue la condanna dell’intimata società al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Rimini, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassunta nei termini di legge; condanna Ciesse Immobiliare S.r.l. in liquidazione al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del presente procedimento, che liquida in complessivi Euro 3.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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