Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25790 del 02/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21455/2010 proposto da:

M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

ZIINO Alfio, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 282/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

19.4.2010, depositata il 05/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 360 bis cod. ptoc. civ., è stata redatta relazione;

che la relazione ha il seguente contenuto:

“1. Oggetto del ricorso per cassazione è la sentenza della Corte di appello di Messina (5 maggio 2010) che, rigettando l’impugnazione proposta dal M., confermava la decisione del Tribunale di primo grado, con la quale venivano rigettate le domande del M.: di annullamento della revoca del mandato ad amministrare il patrimonio, precedentemente conferitogli dalla P.; di risarcimento dei danni conseguenti.

2. Il M. censura la sentenza con tre motivi.

La P., ritualmente intimata, non ha svolto difese.

E’ applicabile ratione temporis la L. 18 giugno 2009, n. 69.

Proposta di decisione.

1. La Corte di merito: a) premette che, in presenza di revoca per giusta causa, viene meno la rilevanza della differenza tra il comma 1 e il comma 2, dell’art. 1723 cod. civ., e quindi la rilevanza di stabilire se nella specie ricorre o meno un mandato in rem propriam, aggiunge che, comunque, il mandato è oneroso e non in rem propriam, b) ritiene che la procura conferita con atto pubblico era stata integrata dalla scrittura privata successiva, nel senso di prevedere l’esonero di un obbligo formale di rendiconto; c) interpreta tale ultima previsione nel senso che l’esonero era limitato solo al rendiconto formale e secondo cadenze temporali predefinite e non all’obbligo di rendicontazione, durante lo svolgimento dell’attività, anche in considerazione della singolare ampiezza dei poteri conferiti; d) rileva la pacifica assenza di ogni forma di rendiconto da parte del M.; e) ritiene per tale motivo integrata la giusta causa di revoca del mandato ad amministrare; f) richiama l’ulteriore causa di revoca addotta dalla P. (comportamento fraudolento del mandatario) per dichiararla divenuta priva di rilievo pratico, essendo già stata ritenuta integrata la giusta causa per assenza di rendiconto.

2. Il ricorso è inammissibile, essendo inammissibili tutti i motivi.

2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., come ultrapetizione, e nelle argomentazioni si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non sussistente nella specie un mandato in rem propriam, secondo quanto sostenuto dall’appellante ( M.), ma non chiesto dalla appellata, così pronunciando su una domanda od eccezione non proposta.

A parte la singolarità della prospettazione, come ultrapetizione, rispetto ad una pronuncia sulla qualificazione giuridica del rapporto contrattuale prospettata, per sua stessa ammissione, dallo stesso ricorrente, ai fini della inammissibilità del motivo rileva l’assorbente ragione che la Corte di merito ha fondato il rigetto delle domande sulla rinvenuta esistenza della giusta causa di revoca ed ha espressamente sostenuto che la ritenuta non sussistenza di un mandato in rempropriam diveniva irrilevante rispetto alla decisione.

2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 e, comunque, dell’art. 1713 cod. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

I due profili sono strettamente connessi, essendo dedotta l’omessa pronuncia sul motivo di appello, secondo il quale il M. non era tenuto alla rendicontazione per non essere il mandato giunto a compimento, nonchè la violazione dell’art. 1713 cod. civ., secondo il quale non sussisterebbe obbligo di rendicontazione in corso di svolgimento del mandato.

Entrambi i profili sono inammissibili per l’assorbente ragione che il ricorrente non censura la decisione impugnata nella parte in cui, interpretando la scrittura privata che esonerava il mandatario dall’obbligo di rendiconto formale, ha ritenuto che, anche sulla base degli ampli poteri conferiti, il mandatario fosse tenuto a rendiconto nel corso del rapporto. Quindi, anche a prescindere dal principio dell’autosufficienza – che non può dirsi propriamente rispettato se, come nella specie, ci si limita a riportare alcune massime citate in appello per esporre il motivo di appello sul quale sarebbe stata omessa la pronuncia – il motivo è inammissibile per difetto di interesse, in quanto l’eventuale accoglimento del gravame sarebbe privo di ogni effetto pratico, dal momento che la sentenza stessa dovrebbe comunque restare ferma.

2.3. Con il terzo motivo si deduce, peraltro del tutto genericamente, il difetto di motivazione della sentenza rispetto ad affermazioni – circa l’ulteriore causa di revoca addotta dalla P., relativa al comportamento fraudolento del mandatario – che la Corte di merito fa in via ipotetica, richiamando gli argomenti difensivi per dichiararli privi di rilievo pratico, essendo stata rinvenuta in altra causa la legittimità della revoca. Conseguente è l’inammissibilità anche di questo motivo”;

che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione;

che le parti non hanno mosso rilievi;

che, pertanto, il ricorso – correlato alla sussistenza di precedenti conformi – deve essere dichiarato inammissibile;

che, non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011

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