Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2579 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 04/02/2021), n.2579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 2311/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Kuwait Petroleum Italia spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dalle avv. Livia Salvini e Giancarla

Branda, con domicilio eletto in Roma, via Mazzini n. 11, presso il

loro studio;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 5660/52/15, depositata in data 11 giugno 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 novembre 2020

dal Consigliere Enrico Manzon;

udita l’avv. Livia Salvini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Tommaso Basile, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del primo motivo, in subordine per il rigetto.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con determina direttoriale prot. (OMISSIS) del 28 giugno 2011 il direttore dell’Agenzia delle dogane, in applicazione della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5 quinquies, disponeva l’aumento delle aliquote del carburante per autotrazione per il periodo dal 28 giugno al 30 giugno 2011. Tale provvedimento veniva pubblicato sul sito dell’agenzia fiscale nel pomeriggio del giorno di emissione, ma veniva dichiarato efficace dalle 00.00 del giorno medesimo.

La Kuwait Petroleum Italia spa (breviter, Kuwait), mediante istanza di rimborso, successivamente, richiedeva il differenziale di aliquota versato per il giorno di entrata in vigore del provvedimento agenziale, affermando di non aver potuto esercitare la rivalsa nei confronti dei propri clienti cessionari, essendosi già stabilito il giorno precedente il prezzo di cessione dei prodotti secondo gli accordi contrattuali, appunto al netto dell’aumento temporaneo dell’aliquota dell’accisa.

Avverso il diniego – espresso – di rimborso la società contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, in via preliminare sollevando questione di legittimità costituzionale della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5 quinquies, nel merito facendo valere ulteriori vizi dell’atto impugnato.

La Commissione tributaria provinciale adita, con sentenza n. 10768/5/14, ritenuta infondata la questione di costituzionalità prospettata, rigettava il ricorso.

Avverso tale decisione proponeva appello la società contribuente riproponendo le difese di prime cure.

Con sentenza n. 5660/52/15, depositata in data 11 giugno 2015, la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dalla Kuwait Petroleurn Italia spa.

La CTR osservava in particolare che il diniego di rimborso oggetto del processo doveva ritenersi illegittimo, sia a causa della retroattività del provvedimento direttoriale, essendo stato emesso alle ore 17.00 del 28 giugno 2011, ma con effetto dalle ore 00.00 dello giorno stesso, rilevandone il contrasto con il principio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 3, (divieto di retroattività delle leggi tributarie), quale estrinsecazione settoriale del principio più generale di cui all’art. 11 preleggi sia in relazione alle transazioni successive all’ora di pubblicazione del provvedimento direttoriale de quo, poichè tale efficacia doveva considerarsi contrastante con il principio generale di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, essendone evidente la violazione dei canoni di tutela dell’affidamento e di buona fede da tale disposizione statutaria sanciti.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente, poi illustrato con una memoria.

Con ordinanza in data 27 novembre 2019 questa Corte ha disposto che la causa venisse trattata in pubblica udienza.

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5 quinquies, della L. n. 212 del 2000, art. 3, dell’art. 11 preleggi, poichè la CTR ha affermato l’illegittimità dell’atto tributario (provvedimento direttoriale generale) presupposto di quello impugnato (diniego di rimborso), nella parte relativa alla sua – affermata – efficacia dalle 00.00 del giorno di emissione (28 giugno 2011), per la violazione della disposizione statutaria evocata, essendo stato emesso (pacificamente) alle ore 17.00 di quel giorno.

Con il secondo motivo l’agenzia fiscale ricorrente critica la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata ossia nella parte in cui ha sancito che anche la parte di maggiorazione di accisa successiva alle ore 17.00 del 28 giugno 2011 (e fino alle ore 24.00) debba essere restituita alla società contribuente come dalla medesima richiesto, chiedendone pertanto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la cassazione, anche, in parte qua, per la violazione/falsa applicazione dell’art. 16 TUA, comma 3.

In particolare l’Agenzia delle dogane afferma che le questioni inerenti la possibilità di traslazione/rivalsa della maggiorazione dell’accisa non riguardano il rapporto d’imposta, unicamente intercorrente tra l’Ente impositore e l’impresa produttrice/venditrice del prodotto soggetto all’accisa e non implicano quindi l’applicazione dei principi statutari evocati dal giudice tributario di appello a sostegno di questa specifica ratio decidendi.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione dell’art. 14 TUA, comma 2, poichè la CTR ha ritenuto ammissibile l’istanza di rimborso de qua, pur non vertendosi in un’ipotesi di “pagamento indebito” dell’accisa sui carburanti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va esaminata in via preliminare l’eccezione di legittimità costituzionale della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5 quinquies, secondo e terzo periodo, proposta dalla società contribuente fin dal ricorso introduttivo della presente lite.

Ritiene la Corte che tale questione di costituzionalità sia rilevante e non manifestamente infondata.

Quanto al primo profilo basti rilevare che l’istanza di rimborso oggetto della controversia riguarda un aumento temporaneo della aliquota dell’accisa sui carburanti per autotrazione disposto dal Direttore dell’Agenzia delle dogane proprio ed esclusivamente sulla base della disposizione legislativa denunziata di incostituzionalità. Per la precisione si tratta della L. 24 febbraio 1992, n. 225, art. 5, comma 5-quinquies, secondo e terzo periodo, quale introdotto dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 2-quater, (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, art. 1, comma 1), il quale prevede che “Qualora sia utilizzato il fondo di cui alla L. 31 dicembre 2009, n. 196, art. 28 (fondo per le spese impreviste del Ministero dell’economia e delle finanze, ndr) il fondo è corrispondentemente ed obbligatoriamente reintegrato in pari misura con le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonchè dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante di cui all’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni. La misura dell’aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva. La disposizione del terzo periodo del presente comma si applica anche per la copertura degli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi ai sensi del comma 5 ter”.

Nel caso di specie il direttore dell’Agenzia delle dogane si è appunto avvalso di tale previsione normativa per disporre l’aumento di aliquote delle accise sui carburanti per autotrazione per il quale in questa sede giudiziale la Kuwait chiede il rimborso, essendo incontestato in fatto che la società contribuente non ha esercitato la rivalsa (facoltativa) nei confronti dei propri clienti cessionari ed essendo comunque irrilevante in diritto che ciò sia o meno avvenuto, trattandosi di un rapporto meramente privatistico, non incidente su quello fiscale esclusivamente intercorrente tra l’Ente impositore e la Kuwait stessa (v. Cass., n. 28675 del 07/11/2019, Rv. 655734 – 01). Ciò rende dunque del tutto evidente che, qualora la Corte costituzionale dichiarasse illegittima detta disposizione legislativa, il provvedimento direttoriale di che si tratta non avrebbe più una base normativa e la sua sopravvenuta illegittimità darebbe sicuro fondamento alla pretesa creditoria restitutoria azionata dalla società contribuente, sicchè non è dubbia la rilevanza della questione di legittimità costituzionale della disposizione medesima.

Tale questione peraltro appare non manifestamente infondata, dovendosi necessariamente tener conto della già intervenuta dichiarazione di incostituzionalità del D.L. n. 225 del 2010, art. 2, comma 2-quater, nella parte in cui ha introdotto la L. n. 225 del 1992, art. 5, commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza 16 febbraio 2012, n. 22.

Va in questo senso anzitutto rilevato che la fonte normativa delle disposizioni dichiarate incostituzionali è esattamente la stessa ossia il D.L. n. 225 del 2010, art. 2, comma 2 quater, e che tale comma non apparteneva al testo originario del decreto, ma è stato inserito con la legge di conversione (n. 10/2011) all’esito del relativo iter parlamentare.

Orbene, con la sentenza n. 22/2012, la Corte costituzionale sulla base di questa considerazione e sulla scorta della propria consolidata giurisprudenza, ha rilevato la violazione dell’art. 77, Cost..

La Corte infatti ha osservato che “.. risulta palese l’estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge cosiddetto “milleproroghe”, in quanto si tratta di un frammento, relativo ai rapporti finanziari, della disciplina generale e sistematica, tuttora mancante, del riparto delle funzioni e degli oneri tra Stato e Regioni in materia di protezione civile” (quello era l’oggetto della disciplina dichiarata incostituzionale, ndr) ed ancora che “.. la semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge oggettivamente e teleologica mente unitario non vale trasmettere, per ciò solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalità..”; che “L’inserimento di norme eterogenee all’oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza di provvedere ed i “provvedimenti provvisori con forza di legge”, di cui alla norma costituzionale citata. Il presupposto del “caso” straordinario di necessità ed urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno”.

Tali considerazioni vengono dalla Corte ribadite con specifico, ancorchè generale, riferimento ai c.d. “decreti milleproroghe”, sancendo che “Del tutto estranea a tali interventi è la disciplina “a regime” di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa di cui all’art. 71 Cost.”, ma anche con riguardo alla “legge di conversione”, affermando che “In definitiva, l’innesto nell’iter di conversione dell’ordinaria funzione legislativa può certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione di urgenza e potere di conversione. Se tale legame viene interrotto, la violazione dell’art. 77 Cost., comma 2, non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza per /e norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari.., ma per l’uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge”.

Le considerazioni del giudice delle leggi che si sono riportate hanno un’evidente portata generale nella configurazione dei limiti di costituzionalità dell’ampliamento dell’oggetto normativo di un decreto-legge da parte della legge di conversione.

Per tale ragione esse sono un riferimento univoco ed ineludibile, anche, nel caso in esame, nel quale la fattispecie normativa denunciata di incostituzionalità ha esattamente le stesse caratteristiche, per così di dire, “genetiche” e quindi “ontologiche” di quelle che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime con detta sentenza.

Infatti, con l’inserimento in sede di conversione del D.L. n. 225 del 2010 (pacificamente un decreto “milleproroghe”), art. 2, comma 2-quater, novellandosi la L. n. 225 del 1992, art. 5, si è introdotta una specifica, nuova, disciplina dei poteri dei Presidenti di Regione in caso di dichiarazione dello stato di emergenza con particolare riguardo ai profili finanziari (e sono queste le disposizioni già dichiarate incostituzionali dal giudice delle leggi con la citata sentenza n. 22/2012: della L. n. 225 del 1992, art. 5, commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo), ma anche, ex novo, sempre per i profili di pubblica finanza, l’attribuzione al direttore dell’Agenzia delle dogane di un potere -complementare- di aumento temporaneo delle aliquote delle accise sui carburanti per autotrazione (della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5-quinquies, secondo e terzo periodo).

Queste ultime dunque, condividendo in modo del tutto evidente la genesi e la ratio delle prime, non possono a loro volta che essere portate al giudizio della Corte costituzionale, per le medesime ragioni dalla Corte stessa già vagliate e che sopra si sono sintetizzate.

In particolare risulta chiara la “comunanza” a dette disposizioni del “vizio procedimentale” in violazione dell’art. 77 Cost., comma 2, quale realizzato con la loro introduzione nella legge di conversione in aggiunta, innovativa ed eterogenea, del testo originario del D.L. n. 225 del 2010, trattandosi, come appunto già rilevatosi in C. Cost., sentenza n. 22/2012, di disposizioni che nulla avevano a che fare con lo scopo del decreto-legge (che era la proroga di termini legali in scadenza di tipo tributario e per il sostegno delle imprese e delle famiglie).

P.Q.M.

La Corte, visto l’art. 134 Cost. e la L. n. 87 del 1953, art. 23, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione dell’art. 77 Cost., comma 2, la questione di legittimità costituzionale del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 2-quater, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, art. 1, comma 1, nella parte in cui introduce la L. 24 febbraio 1992, n. 225, art. 5, comma 5-quinquies, secondo e terzo periodo;

dispone la sospensione del presente giudizio;

dispone che la Cancelleria notifichi la presente ordinanza alle parti del giudizio di cassazione, al Pubblico Ministero presso questa Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri; che l’ordinanza stessa venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone che gli atti, comprensivamente dei documenti relativi alle notificazioni e comunicazioni disposte, vengano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

 

 

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