Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25787 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. II, 13/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 8475/16) proposto da:

D.R.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù

di mandato apposto a margine del ricorso, dall’Avv. Alessandro

Cardosi, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.

Simone Tablò, in Roma, viale Tiziano, n. 110;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LERICI, (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale

in calce al controricorso, dall’Avv. Danilo Canci, ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Filippo Tornabuoni, in Roma,

viale B. Buozzi, n. 77;

– controricorrente –

e

F.E., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù

di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Pier

Giorgio Leoni, ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Gian Luca Di Giorgio, in Roma, viale dei Parioli;

– altro controricorrente –

e

M.R., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù

di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Pier

Giorgio Leoni ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Gian Luca Di Giorgio, in Roma, viale dei Parioli;

– altro controricorrente –

nonchè

D.S.R., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in

virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Pier

Giorgio Leoni ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Gian Luca Di Giorgio, in Roma, viale dei Parioli;

– altro controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Genova n. 1116/2015

(depositata il 30 settembre 2015);

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. l’arch. D.R.G. esponeva:

– che era stato incaricato con Delib. Giunta comunale di Lerici 10 luglio 1997 della progettazione e direzione dei lavori di costruzione di una piscina in località “(OMISSIS)” e che il predetto Comune non aveva provveduto al conseguente pagamento delle competenze professionali malgrado l’emissione di regolare fattura, chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo per l’intimazione del pagamento dell’importo di Euro 14.309,74, oltre interessi e spese;

– che il citato Comune aveva opposto il predetto decreto monitorio e che lo stesso ente promuoveva, contestualmente, una causa di responsabilità civile nei confronti dei suoi tre amministratori F.E., D.S.R. e M.R.;

– che le due cause, una volta riunite, venivano decise con sentenza del luglio 2008, con la quale era stata respinta la domanda del Comune di risoluzione del contratto, di riduzione del prezzo e risarcimento dei danni, ma, al contempo, revocava anche il decreto ingiuntivo rilevando che non sussisteva alcun valido contratto d’opera professionale concluso per iscritto;

– che la menzionata sentenza non veniva impugnata e, quindi, passava in giudicato.

Sulla scorta di questa premessa, perciò, il D.R., con il formulato ricorso, chiedeva accertarsi la responsabilità degli amministratori del Comune di Lerici che avevano consentito lo svolgimento della sua prestazione professionale, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191 e, in subordine, invocava l’accoglimento della domanda di pagamento del saldo nei confronti del Comune di Lerici ai sensi dell’art. 1338 c.c. o, in via sussidiaria, in virtù dell’art. 2041 c.c..

L’adito Tribunale di La Spezia, nell’opposizione dei convenuti, con ordinanza pubblicata il 24 settembre 2014, rigettava la domanda del D.R., condannandolo anche al pagamento delle spese giudiziali.

2. Interposto appello da parte dello stesso D.R. e nella costituzione di tutte le parti appellate, la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 1116/2015 (depositata il 30 settembre 2015), respingeva il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata decisione la Corte ligure rilevava che non ricorrevano, nel caso di specie, la condizioni cui la legge subordina la diretta responsabilità degli amministratori e funzionari della P.A. (nella specie del Comune di Lerici) e, inoltre, che l’appellante non aveva dimostrato il fatto oggettivo dell’arricchimento da parte del suddetto ente comunale, donde il rigetto anche del motivo relativo all’applicabilità dell’invocato art. 2041 c.c..

3. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il D.R.G., al quale hanno resistito tutti gli intimati con distinti controricorsi.

Le difese del ricorrente e dei controricorrenti F.E. e M.R. hanno anche depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 194 nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ossia sul se anche la situazione contrapposta di insussistenza della validità del contratto avesse travolto il relativo impegno di spesa, discendendo dall’affermazione di tale presupposto il riconoscimento della responsabilità degli amministratori e dei funzionari ai sensi del citato art. 191 T.U. degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000).

2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1338,2909,2697 e 2041 c.c., nonchè la violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, poichè nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, si sarebbe dovuta rilevare la violazione del legittimo affidamento di esso ricorrente e, quindi, riconoscere la responsabilità degli amministratori che avevano agito per conto del Comune di Lerici e, in ogni caso, si sarebbero dovute considerare configurate le condizioni per ravvisare l’ipotesi dell’arricchimento senza causa da parte del citato Comune, non emergendo un disconoscimento dell’utilitas dell’attività professionale svolta da esso ricorrente, anche per effetto della circostanza che l’ente pubblico aveva deciso di compensare la rinuncia alla prosecuzione dell’incarico con l’integrazione prevista dalla tariffa professionale vigente.

4. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato.

Deve premettersi che, in punto di fatto, la Corte di appello ha, con motivazione adeguata, accertato che l’impegno di spesa relativo all’opera in questione era stato finanziato con apposite delibere della Giunta comunale e che, inoltre, con atto del luglio 1996, era stato predisposto apposito disciplinare tra il ricorrente e;o stesso Comune di Lerici.

Da ciò il giudice di appello – confermando la decisione di primo grado – ne ha legittimamente dedotto che non potevano dirsi sussistenti le condizioni per affermare la responsabilità diretta di amministratori e funzionari di detto Comune (e, quindi, nello specifico, dei tre controricorrenti), rilevando correttamente che, in effetti, la declaratoria di nullità del contratto (per difetto della necessaria prova scritta per la conclusione del contratto di prestazione professionali con una P.A.) non poteva essere imputata a detti soggetti, precisandosi che, in ogni caso, l’attività del citato Comune non era stata posta in essere in violazione delle regole contabili, ossia provvedendo all’assunzione del debito “fuori bilancio”.

Pertanto, in virtù di tali presupposti di fatto, il giudice di secondo grado ha – in conformità alla giurisprudenza di questa Corte – statuito che, nel caso di specie, non poteva ritenersi concretata alcuna responsabilità diretta dei menzionati amministratori dell’ente comunale poichè l’attività di quest’ultimo non era stata eseguita in violazione delle regole contabili ed in difetto di appositi provvedimenti deliberativi al riguardo.

A tal proposito è stato reiteratamente chiarito da questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 1391/2014, n. 24478/2013 e Cass. n. 11036/2018) che, in tema di assunzione di impegni e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, l’attuale D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 191 (e già in precedenza il D.L. 3 marzo 1989, n. 66, art. 23 convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 1989, n. 144) ha previsto un innovativo sistema di imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell’amministratore o funzionario degli effetti dell’attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili in merito alla gestione degli enti locali, comportante, relativamente ai beni o servizi acquisiti, una frattura o scissione “ope legis” del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la P.A., escludente la riferibilità a quest’ultima delle iniziative adottate al di fuori della schema procedimentale delle norme ad evidenza pubblica. Solo in tal caso (che non ricorre nel caso di specie), sorgono obbligazioni a carico non dell’ente, bensì in virtù di una sorta di novazione soggettiva di fonte normativa dell’amministratore o del funzionario, i quali rispondono con il proprio patrimonio, senza che sia esperibile l’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., atteso che difetta il requisito della sussidiarietà (art. 2042 c.c.), che va escluso quando esista altra azione esperibile non solo nei confronti dell’arricchito, ma anche nei confronti di persona diverso, da esso.

5. Anche la seconda censura è priva di fondamento e va respinta. Una volta escluso che le proposte domande cui pone riferimento la doglianza potevano ritenersi coperte dal giudicato costituito dalla precedente sentenza, divenuta irrevocabile, del Tribunale di La Spezia n. 648/2008 (siccome afferente al solo accertamento della nullità del contratto intercorso tra le parti), la Corte di appello ligure ha correttamente ravvisato l’infondatezza del motivo proposto dal D.R. sia con riferimento all’addotta applicabilità dell’art. 1338 c.c. che in ordine alla prospettata ricorrenza delle condizioni per l’accoglimento della subordinata domanda ex art. 2041 c.c. nei confronti del Comune di Lerici. Sotto il primo profilo va condivisa la decisione della Corte genovese poichè il professionista ricorrente non avrebbe potuto ignorare che per la valida instaurazione del rapporto con il Comune di Lerici occorreva – sotto pena di nullità, per espressa previsione di legge, con l’effetto che la sua negligenza non era scusabile (e che, ai fini di tale consapevolezza, non occorreva necessariamente essere un esperto di materie giuridiche, come incongruamente sostiene il D.R.) – la stipula di un formale contratto, donde l’inconfigurabilità della dedotta violazione dell’art. 1338 c.c..

Occorre a tal proposito rimarcare che le norme degli artt. 1337 e 1338 c.c. seppure mirano a tutelare nella fase precontrattuale il contraente di buona fede ingannato o fuorviato dalla ignoranza della causa di invalidità del contratto che gli è stata sottaciuta e che non era nei suoi poteri conoscere non si applicano qualora vi sia stata colpa da parte dello stesso contraente, ovvero se egli avrebbe potuto, con l’ordinaria diligenza, venire a conoscenza della reale situazione e, quindi, della causa di invalidità del contratto (e tale cognizione, nella fattispecie, siccome afferente ad una norma di generale applicabilità sull’invalidità dei contratti conclusi con una P.A. se non stipulati con l’adozione della forma scritta, prescritta “ad substantiam”, non poteva sfuggire al D.R.).

Quanto al profilo concernente la negazione, con l’impugnata sentenza, della sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di ingiustificato arricchimento, la Corte territoriale, con logica e sufficiente valutazione di fatto insindacabile nella presente sede di legittimità, ha accertato che non solo il Comune di Lerici non aveva riconosciuto l’eventuale arricchimento (evidenziato che il ricorrente non aveva, comunque, assolto al relativo onere probatorio, che incombeva su di lui), ma che, addirittura, il citato ente non aveva conseguito, in concreto, alcun arricchimento avendo, infatti, dovuto attivare successive iniziative per porre rimedio alle carenze riconducibili all’attività professionale svolta dal D.R. (per la quale aveva comunque percepito un ingente compenso e con la successiva contestazione da parte del Comune di Lerici dell’ulteriore richiesta di pagamento del saldo, proprio in conseguenza del mancato arricchimento da ricondursi alla insussistenza della effettività utilità dell’opera svolta dal D.R., tanto è vero che quest’ultimo era stato citato in giudizio dal suddetto Comune per i danni correlati all’errata progettazione). Nè può assumere rilievo la circostanza (invero non espressamente esaminata dalla Corte di appello, ma ciò si giustifica in virtù dell’implicito presupposto della sua non decisività alla stregua degli altri univoci fatti accertati) in base alla quale si sarebbe venuto a configurare un riconoscimento tacito dell’utilità dell’opera in base alla Delib. Giunta comunale n. 101 del 2002 (di revoca dell’incarico ed assegnazione a terzi), siccome rimasto mero atto interno e non sfociato nell’emissione di un provvedimento avente rilevanza esterna che avrebbe dovuto essere, comunque, adottato dal Sindaco quale legale rappresentante del Comune.

6. In definitiva, alla stregua di tutte le complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano, in favore di ciascuno dei controricorrenti Comune di Lerici e D.S.R., in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge, nonchè, in favore di ognuno degli altri controricorrenti F.E. e M.R., in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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