Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25785 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 14/12/2016, (ud. 27/09/2016, dep.14/12/2016),  n. 25785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6146/2012 proposto da:

S.G., (OMISSIS), SC.VE. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIETRO COSSA 13, presso lo

studio dell’avvocato ANTONINO ISGRO’, rappresentati e difesi

dall’avvocato GUGLIELMO D’ANNA;

– ricorrenti –

contro

C.A., C. F. (OMISSIS), B.S. C. F.

(OMISSIS), B.A.R. C.F. (OMISSIS), EREDI DI

B.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CALABRIA 56,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BONARRIGO, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIAMBATTISTA DI BLASI;

– controricorrenti –

e contro

B.C., B.R.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 41/2011 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 27/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato D’Anna Guglielmo difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

S.G. e Sc.Ve., quali proprietari di un terreno sito in (OMISSIS) in forza di atto del 1988 per notaio G., convenivano in giudizio nel 1989 il confinante proprietario B.G..

Gli attori lamentavano il sistematico sconfinamento nella loro proprietà del vicino confinante e la di lui illegittima occupazione di una loro striscia di terreno di mt. 30 di superficie.

Chiedevano, quindi, la condanna al rilascio ed il risarcimento del danno patito.

Costituitosi in giudizio il B. asseriva di occupare solo il terreno da lui acquistato nel 1967 con atto per notaio M., contestava l’avversa domanda di cui chiedeva il rigetto per infondatezza e, dedotto che il comune confino era delimitato da un vetusto muro a secco, avanzava domanda riconvenzionale per la declaratoria in proprio favore di acquisto per intervenuta usucapione della succitata striscia di terreno.

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (innanzi al quale la causa era riassunta dopo una prima sentenza del Tribunale di Messina, in origine adito, il quale dichiarava la propria incompetenza per territorio) con sentenza n. 661//2000 accoglieva parzialmente la domanda attorea, quanto al rilascio della striscia occupata illegittimamente, rigettando la domanda di risarcimento del danno e quella riconvenzionale di usucapione. Avverso tale decisione, di cui chiedeva la riforma, il B. interponeva appello, resistito dalle parti appellate.

L’adita Corte di Appello di Messina, con sentenza n. 41/2011, rigettava le domande proposte dagli attori e compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorrono gli S.- Sc. con atto fondato su tre ordini di motivi.

Resiste con controricorso gli eredi del B.. Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. sia le parti ricorrenti che quelle contro ricorrenti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Col motivo qui in esame si lamenta la violazione principio corrispondenza fra chiesto e pronunciato in quanto era stata proposta una azione di regolamento di confini che la Corte territoriale aveva riqualificato come azione personale di restituzione dell’immobile. (Cass. 12891/2006).

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Parti ricorrenti insistono con questo motivo nella deduzione dell’errore in cui incorre la gravata sentenza, con la quale – senza neppure il dovuto riferimento alle mappe catastali – si è valutata come personale l’azione proposta e si sarebbe violato il disposto dell’art. 950 c.c..

3.- I suesposti primi due motivi del ricorso, attesa la loro continuità e contiguità argomentativa e logica devono essere trattati congiuntamente.

Gli stessi sono fondati e vanno accolti.

La Corte territoriale ha ritenuto, errando, che “gli attori non deducono alcuna situazione di incertezza di confini….ma lamentano solo una occupazione sine titulo di una porzione del proprio fondo da parte del vicino”.

Tale affermazione, su cui si fonda l’intera interpretazione della domanda come azione personale, è del tutto destituita di fondamento.

In proposito basta (e bastava) rileggere i punti 2 e 4 delle conclusioni di cui all’atto introduttivo del giudizio nelle quali è espressamente richiesto di “stabilire il confine fra il fondo di proprietà degli attori e quello di proprietà del convenuto sulla scorta dei dati forniti dalla mappa catastale”, nonchè di “disporre consulenza tecnica….al fine di determinare l’esatto confine tra i fondi di reciproca pertinenza”.

Emerge, quindi, con chiarezza l’errore commesso e la fondatezza dei motivi qui congiuntamente esaminati.

Per di più alla qualificazione come personale dell’azione svolta dagli odierno ricorrenti osta una ulteriore serie di considerazione alla stregua di principi che questa Corte ha già avuto modo di fissare e che vanno osservati.

Infatti la qualificazione come personale dell’azione degli originari attori oggi ricorrenti non può logicamente invocarsi per la differente caratteristica logica ed ontologica che tale azione ha rispetto alla azione di regolamento di confini.

“L’azione personale di restituzione è, in effetti, destinata ad ottenere l’adempimento di una obbligazione di ritrasferire una cosa….e non presuppone necessariamente la qualità di proprietario” (Cass. civ., S.U. n. 7305/2014 e Cass. civ. Sez. 2 n. 705/2013).

Ed, ancora, va evidenziato come allorchè “si dibatta, senza porre in discussione i titoli di proprietà, sulla estensione dei rispettivi fondi l’azione va qualificata come regolamento di confini” (Cass. civ., Sez. 2, n. 12891/2006).

Anche alla stregua dei detti richiamati e condivisi precedenti gli stessi possono oggi essere riattualizzati in relazione alla specifica controversia in esame afferma dosi che ” l’esatta verifica e determinazione dell’estensione dei fondi contigui è presupposto (ove a ciò diretta) della regolamentazione dei confini e non può alterare il contenuto della domanda a tale ultimo fine svolta”.

4.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano la violazione delle norme di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo, stante l’accoglimento dei due motivi già innanzi esaminati, è assorbito.

5.- Il ricorso va, quindi, accolto, in relazione ai due primi motivi con conseguente cassazione della impugna sentenza e rimessione ad altra Sezione della Corte territoriale affinchè la stessa decida la controversia attenendosi ai principi innanzi enunciati.

PQM

LA CORTE

accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese ad altra sezione della Corte di Appello di Messina.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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