Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25784 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. II, 13/11/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Cristiana – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 25139 – 2016 R.G. proposto da:

A.E., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliata, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Tolmezzo, alla via Q.

Ermacora, n. 6/a, presso lo studio dell’avvocato Francesco Marcolini

che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.F., – c.f. (OMISSIS) -;

– intimato –

avverso la sentenza n. 477 – 21.6/22.7.2016 della Corte d’Appello di

Trieste;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 9

settembre 2020 dal consigliere Dott. Luigi Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Dott. Mucci Roberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notificato il 28.1.2013 A.E., proprietaria del complesso immobiliare costituito da fabbricato e pertinenze scoperte in (OMISSIS) (in catasto al fol. (OMISSIS)), citava a comparire dinanzi al Tribunale di Tolmezzo A.F., proprietario dell’immobile confinante (in catasto al fol. (OMISSIS)).

Chiedeva accertare e dichiarare che nessuna servitù di passaggio, per accedere alla e recedere dalla pubblica via, gravava sul proprio immobile a vantaggio del complesso immobiliare di proprietà del convenuto.

2. Si costituiva A.F..

Eccepiva, peraltro, il difetto di legittimazione attiva dell’attrice, siccome l’area scoperta costituente il subalterno 2 del mappate 173 era di proprietà pubblica. Instava per il rigetto dell’avversa domanda.

3. Assunta la prova per testimoni, con sentenza n. 136/2014 il Tribunale di Udine – che nelle more aveva accorpato il Tribunale di Tolmezzo – dichiarava che l’immobile di proprietà dell’attrice non era gravato da alcuna servitù di passaggio a vantaggio dell’immobile di proprietà del convenuto e faceva a costui ordine di astenersi da ogni forma di transito.

4. Proponeva appello A.F..

Resisteva A.E..

5. Con sentenza n. 477 dei 21.6/22.7.2016 la Corte d’Appello di Trieste accoglieva l’appello ed, in riforma della gravata sentenza, rigettava l’actio negatoria servitutis esperita in prime cure dall’appellata.

Esplicitava la corte – segnatamente in ordine al motivo d’appello, con cui era stato censurato il primo dictum siccome il subalterno attraverso il quale il passaggio veniva esercitato, era di proprietà comunale – che gli elementi addotti dall’appellata a riscontro della pretesa sua proprietà sull’area attraverso la quale il transito avveniva, erano privi di valore probatorio.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso A.E.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente pronuncia anche in ordine alle spese.

A.F. non ha svolto difese.

7. E’ stata formulata proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1 ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

8. La ricorrente ha depositato memoria.

9. Con ordinanza interlocutoria si è reputato che non si configurasse l’ipotesi di cui all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 e si è disposta la rimessione del presente procedimento alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

10. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1140,1142,1146 e 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.

Deduce che la corte di merito ha omesso qualsivoglia esame in ordine all’addotto acquisto a titolo originario, da parte di ella ricorrente, della proprietà dell’area oggetto del preteso passaggio.

Deduce in particolare che la corte di merito avrebbe dovuto dar atto dell’intervenuto acquisto, da parte sua, per usucapione dell’area oggetto del preteso transito sia in dipendenza della successione ex art. 1146 c.c. nell’originario possesso di R.C. (deceduta il (OMISSIS)) di A.T. e poi della successione nel possesso di A.T. (deceduto il (OMISSIS)) di ella ricorrente sia in dipendenza della presunzione di “possesso intermedio” ex art. 1142 c.c.

11. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 2248 del 1865, all. “E”, artt. 4 e 5.

Deduce che la corte distrettuale per nulla ha disaminato la quaestio, prefigurata nelle difese conclusionali d’appello, alla cui stregua la Delib. 1 ottobre 2015 della giunta del Comune di (OMISSIS), prodotta dall’appellante in seconde cure, all’udienza del 13.10.2015, sarebbe stata da disapplicare, siccome assunta dalla giunta comunale in totale carenza di potere.

Deduce in particolare che – aveva addotto che – la L. n. 448 del 1998, art. 31, comma 21, attribuisce ai Comuni, in relazione unicamente al demanio stradale, il potere di procedere a rettifiche catastali previa acquisizione del consenso dei proprietari; che al riguardo non ha prestato alcun consenso.

Deduce quindi che la corte distrettuale non avrebbe potuto considerare la delibera anzidetta rilevante ai fini della prova della proprietà dell’area oggetto del passaggio.

12. Il primo motivo è privo di fondamento e va respinto.

13. Previamente, nonostante le violazioni di legge prefigurate in rubrica, con il mezzo in disamina si denuncia un presunto “omesso esame”.

Propriamente il presunto “omesso esame” degli elementi di valutazione asseritamente atti a dar riscontro dell’intervenuto acquisto per usucapione da parte della ricorrente dell’area oggetto del controverso passaggio.

14. Ebbene “omesso esame” per nulla vi è stato.

14.1. La corte territoriale invero ha specificato che non aveva rinvenuto alcun riscontro probatorio la dedotta delimitazione, siccome destinata a pollaio da R.C. sin dagli anni ‘50, dell’area di transito.

La corte territoriale dunque ha disconosciuto la pretesa esteriore manifestazione dell’addotto possesso animo domini di R.C..

Ed ha soggiunto che l’esistenza, quanto meno sino all’anno 1995, di un muretto, alto circa 40 cm., tra i mappali confinanti non concorreva a dar ragione della proprietà dell’area sottoposta al transito in capo ad A.E.; che difatti il muretto – edificato dai proprietari del mappale n. (OMISSIS) – non era tale da impedire il passaggio.

14.2. La corte triestina ha specificato altresì che le risultanze delle mappe catastali e delle denunzie di successione, che delle mappe riflettevano il contenuto, avevano mera valenza indiziaria, valenza indiziaria contraddetta sia dalle risultanze delle mappe estratte dal precedente catastato sia dalla Delib. 1 ottobre 2015 della giunta del Comune di (OMISSIS).

La corte triestina dunque ha disconosciuto anche in tal guisa il preteso possesso animo domini di R.C. nonchè il preteso possesso animo domini di A.T., il quale – si è addotto – in data 8.10.1990 aveva fatto eseguire l’accatastamento del complesso immobiliare comprensivo del presunto fondo servente.

15. Ovviamente il dictum della Corte di Trieste è pur in parte qua in toto ineccepibile.

Invero questa Corte spiega che il catasto è preordinato a fini essenzialmente fiscali, sicchè il diritto di proprietà, al pari degli altri diritti reali, non può – in assenza di altri e più qualificanti elementi ed in considerazione del rigore formale prescritto per tali diritti – essere provato in base alla mera annotazione di dati nei registri catastali, dati che hanno, in concrete circostanze, soltanto il valore di semplici indizi (cfr. Cass. 24.8.1991, n. 9096; Cass. (ord.) 6.9.2019, n. 22339).

E spiega inoltre che la denuncia di successione, di per sè, ha efficacia a soli fini fiscali e rilievo civilistico di tipo unicamente indiziario, sicchè è inidonea a fornire la prova del diritto di proprietà di un determinato bene (cfr. Cass. 29.7.2004, n. 14395, ove si soggiunge che, per converso, la mancata indicazione in denuncia di successione di un bene non consente di desumere automaticamente il difetto del relativo diritto di proprietà).

16. Su tale scorta a nulla vale che la ricorrente prospetti di aver, a sua volta, posseduto animo domini l’area del contestato passaggio, così come comprovato dalla circostanza che il 12.11.2010 aveva provveduto all’accertamento in contraddittorio con la controparte del confine tra i fondi limitrofi ed all’apposizione dei termini.

Evidentemente, alla data del 28.1.2013, dì di inizio del presente giudizio, nel cui corso hanno trovato svolgimento le contestazioni di A.F. dirette ad ottenere ope iudicis il disconoscimento della proprietà privata dell’area di transito, non era decorso il ventennio necessario ex art. 1158 c.c. a far data dal (OMISSIS), dì del decesso di A.T..

17. Nel quadro così delineato l’ineccepibile, esaustivo riscontro del difetto di qualsivoglia utile forma di possesso ad usucapionem – e quindi dell’usucapione – in capo alla ricorrente e, dapprima, in capo ai suoi danti causa rende vano il riferimento all’art. 1146 c.c., ossia alla successione dell’erede nel possesso del de cuius, ed all’art. 1142 c.c., ossia alla presunzione di “possesso intermedio”.

18. Il secondo motivo del pari è privo di fondamento e va respinto.

19. Il riferimento alla Delib. 1 ottobre 2015 della giunta del Comune di (OMISSIS) – contemplante l'”accorpamento al demanio stradale delle porzioni di terreno utilizzate ad uso pubblico ininterrottamente da oltre venti anni (…) e rettifica intestazioni a ditte private di aree adibite a pubblico transito” – è stato dalla corte giuliana effettuato al mero fine di accreditare l’operata valutazione di inidoneità delle risultanze istruttorie, segnatamente delle mappe catastali e degli atti successori, risultanze già di per sè reputate sufficientemente inidonee – indipendentemente dal riferimento alla delibera della giunta comunale – a dar riscontro del preteso possesso ad usucapionem, della pretesa usucapione.

Del resto va significativamente posto in risalto che la corte giuliana ha assunto la Delib. 1 ottobre 2015 come mero indice della pretesa proprietaria vantata, a sua volta, dal Comune di (OMISSIS) sull’area di esercizio del controverso passaggio (cfr. sentenza d’appello, pag. 6).

20. In questo quadro, evidentemente, non solo non si giustifica la denuncia di omessa disamina della quaestio concernente la supposta carenza di potere inficiante l’adozione della summenzionata Delib. della giunta comunale, ma neppur si giustifica la deduzione della ricorrente secondo cui la corte d’appello avrebbe dovuto attendere alla disapplicazione della medesima delibera.

21. A.F. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

22. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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