Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25783 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. II, 13/11/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 13/11/2020), n.25783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1076 – 2017 R.G. proposto da:

RECOVER s.r.l. in liquidazione, – p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del

legale rappresentante pro tempore, F.G., – c.f.

(OMISSIS) – elettivamente domiciliati in Roma, alla via Giuseppe

Pisanelli, n. 2, presso lo studio dell’avvocato Daniele Ciuti, che

disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Giulio Italo Rizzo, li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

CITTA’ METROPOLITANA di MILANO, (già Provincia di Milano) –

c.f./p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del sindaco metropolitano pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Emilia, n. 88,

presso lo studio dell’avvocato professor Stefano Vinti, che

disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Alessandra Zimmitti, ed

all’avvocato Maria Luisa Ferrari, la rappresenta e difende in virtù

di procura speciale a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2138/2016 della Corte d’Appello di Milano;

udita la relazione nella camera di consiglio del 16 luglio 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale Dott. Capasso Lucio, che ha chiesto rigettarsi

il ricorso.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ordinanza n. 217027/2009/9.11/2009/1522, notificata in data 9.5.2011, la Provincia di Milano ingiungeva alla “Recover” s.r.l. ed al legale rappresentante, F.G., il pagamento della somma di Euro 511.950,88, per la violazione di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 2 e art. 52, comma 3, ovvero per aver effettuato “n. 54 trasporti di rifiuti derivanti dall’attività di costruzione e demolizione senza il prescritto formulario di identificazione”.

2. Avverso tale ordinanza la “Recover” s.r.l. e F.G., con ricorso L. n. 689 del 1981, ex artt. 22 e 22 bis proponevano opposizione dinanzi al Tribunale di Milano.

3. Resisteva la Provincia di Milano.

4. Con sentenza pronunciata all’udienza del 4.12.2012 l’adito tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione e rideterminava la sanzione pecuniaria nel minor ammontare di Euro 250.998,50; compensava le spese di lite.

5. La “Recover” s.r.l. e F.G. proponevano appello.

6. Resisteva la Provincia di Milano.

7. Con sentenza n. 2138/2016 la Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame e condannava gli appellanti alle spese del grado.

Evidenziava la corte che la polizia provinciale aveva effettuato in data 11.5.2009 un sopralluogo presso la sede della “Recover” e, nel corso dell’esame della documentazione contabile, aveva rinvenuto n. 4 fatture – la n. (OMISSIS), la n. (OMISSIS), la n. (OMISSIS), la n. (OMISSIS) – emesse dalla ditta “Cocciolo”, da cui risultava che per conto della “Recover” erano stati eseguiti n. 54 trasporti di “macerie”, in relazione ai quali non risultavano compilati i formulari di identificazione.

Evidenziava – la corte – che in base a tali accertamenti la polizia provinciale di Milano aveva redatto, il 27.7.2009, processo verbale di trasgressione, notificato alla “Recover” ed a F.G. in data 4.8.2009.

Evidenziava che il verbale era stato notificato alla “Recover” ed a F.G. nel rispetto del termine di novanta giorni, L. n. 689 del 1981, ex art. 14 a far data dall’11.5.2009, dì dell’accertamento.

Evidenziava che doveva altresì reputarsi efficacemente interrotto il termine quinquennale di prescrizione.

Evidenziava che il tribunale aveva rideterminato il quantum della sanzione in maniera adeguata in considerazione del numero complessivo dei trasporti illeciti, eseguiti in un arco temporale di circa otto mesi.

8. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso la “Recover” s.r.l. e F.G.; ne hanno chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

La Città Metropolitana di Milano ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

9. I ricorrenti hanno depositato memoria.

10. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

11. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,153 e 169 c.p.c. e dell’art. 77 disp. att. c.p.c.

Deducono che la corte di merito ha escluso che fosse decorso il termine di prescrizione alla luce delle risultanze di documentazione di cui non avrebbe potuto tener conto.

Deducono segnatamente che tale documentazione era allegata al fascicolo di parte appellata, la quale ha provveduto a ritirare il proprio fascicolo in data 12.3.2013 ed ha provveduto a ridepositarlo allorchè era decorso il termine di cui all’art. 169 c.p.c., comma 2.

12. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deducono che la corte distrettuale ha errato, allorchè ha disconosciuto l’inosservanza del termine di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14 ai fini della contestazione differita delle violazioni.

Deducono segnatamente che l’acquisizione delle fatture è avvenuta antecedentemente al sopralluogo effettuato in data 11.5.2009 presso la sede della “Recover”, ossia nel corso di un autonomo procedimento ai danni della ditta “Cocciolo”; che dunque già nell’anno 2008 la Provincia di Milano aveva la piena disponibilità degli elementi tutti per far luogo alla contestazione; che di conseguenza, nell’agosto del 2009, vi ha provveduto tardivamente.

13. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, commi 3 e 4.

Deducono che il tribunale e poi la corte territoriale hanno ritenuto che autore dei trasporti eseguiti senza formulario è stata la ditta “Cocciolo”.

Deducono conseguentemente che, semmai, essi ricorrenti non sarebbero stati da sanzionare ai sensi del comma 3 ma unicamente ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 4 per omessa conservazione del formulario.

14. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 2011, art. 11.

Deducono che la Corte di Milano ha fatto erronea applicazione dei criteri legislativi ai fini della determinazione del quantum della sanzione.

15. Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

16. E’ sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte.

Ovvero all’insegnamento secondo cui la perentorietà del termine entro il quale, a norma dell’art. 169 c.p.c., comma 2, deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all’atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell’art. 345 c.p.c. alle sole prove nuove e, quindi, ai documenti che nel giudizio si pretenda di introdurre come “nuovi”, in quanto non introdotti prima del grado di appello, tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell’osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c. (cfr. Cass. (ord.) 6.12.2017, n. 29309; in tale occasione, questa Corte, rigettando il ricorso, ha affermato che quando la parte che aveva omesso di ridepositare il fascicolo in una con la comparsa conclusionale in primo grado, produce in appello il detto fascicolo in cui i documenti erano stati prodotti nell’osservanza delle preclusioni probatorie previste in primo grado, compie un’attività che, riguardo alla reintroduzione nel processo dei documenti, non può in alcun modo considerarsi come di introduzione di nuove prove; cfr. Cass. 19.12.2013, n. 28462).

17. Il secondo motivo di ricorso del pari è destituito di fondamento.

Questa Corte spiega che, in tema di sanzioni amministrative, nel caso di mancata contestazione immediata della violazione, l’attività di accertamento dell’illecito non coincide con il momento in cui viene acquisito il “fatto” nella sua materialità, ma deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti e afferenti agli elementi (oggettivi e soggettivi) dell’infrazione e, quindi, come comprensiva della fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione (cfr. Cass. 18.4.2007, n. 9311).

E soggiunge che compete, poi, al giudice di merito determinare il tempo ragionevolmente necessario all’Amministrazione per giungere alla surriferita completa conoscenza, individuando il “dies a quo” di decorrenza del termine, tenendo conto della maggiore o minore difficoltà del caso concreto e della necessità che tali indagini, pur nell’assenza di limiti temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo, essendo il relativo giudizio sindacabile, in sede di legittimità, solo sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. 18.4.2007, n. 9311).

18. Su tale scorta, evidentemente, il summenzionato giudizio – “di fatto” – già sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo motivazionale, è allo stato, al cospetto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, novello n. 5, sindacabile in sede di legittimità unicamente per omesso esame circa fatto decisivo e controverso.

19. Il che tuttavia rende inevitabili i rilievi che seguono.

In primo luogo, il giudizio di appello ha avuto inizio in data 10.1.2013 (cfr. ricorso, pag. 4).

In secondo luogo, la statuizione di seconde cure ha in toto confermato – pur con riferimento al motivo di gravame concernente la dedotta violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 – la statuizione di prime cure.

In terzo luogo – conseguentemente – si applica ratione temporis al caso di specie la previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l’art. 348 ter c.p.c., comma 5, non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11.9.2012). Si tenga conto comunque che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).

20. Il terzo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del quarto.

21. Va debitamente puntualizzato che, al di là degli errores in iudicando denunciati nella rubrica del terzo motivo (cfr. ricorso, pag. 3), i ricorrenti, in sede di illustrazione del terzo mezzo, nell’incipit, hanno addotto un difetto di motivazione ovvero hanno prospettato che la corte d’appello non ha argomentato in ordine al motivo di gravame esperito in merito alla fattispecie illecita puntualmente ascrivibile alla “Recover”.

Più esattamente – in un quadro (come premesso) segnato, a monte, dalla contestazione alla “Recover” ed al legale rappresentante, F.G., della violazione di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 2 e art. 52, comma 3, per aver effettuato “n. 54 trasporti di rifiuti derivanti dall’attività di costruzione e demolizione senza il prescritto formulario di identificazione”, e – a fronte dell’affermazione del tribunale, a tenor della quale “l’impresa Cocciolo ha effettuato per conto di Recover “viaggi di macerie con vs mezzi in ns magazzino” per un totale di 54 trasporti” (cfr. ricorso, pag. 13, ove è riprodotto il trascritto passaggio della motivazione del primo dictum; cfr. sentenza d’appello, pag. 13), gli appellanti, con apposito motivo di gravame, adducevano che il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 3, ascrive la mancanza del formulario di cui all’art. 15 medesimo D.Lgs. unicamente al “trasportatore”, cosicchè l’illecito oggetto di contestazione non poteva esser imputato e, ancor prima, prefigurato nei confronti della “Recover”, in quanto non già “trasportatore”, bensì soggetto nel cui interesse le operazioni di trasporto erano state eseguite.

22. Ebbene sussiste il denunciato difetto di motivazione, sub specie di “motivazione apparente” (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16762, secondo cui il vizio di “motivazione apparente” ricorre quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito; Cass. 24.2.1995, n. 2114. Cfr. Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053, secondo cui a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione).

23. Propriamente la corte d’appello non ha atteso alla debita, approfondita disamina logico – giuridica, sì da riscontrare in maniera univoca ed incontrovertibile nei confronti della “Recover” la veste di “trasportatore”, ossia di “autrice” delle 54 operazioni di trasporto, e sì che potesse giustificarsi nei confronti della stessa s.r.l. la contestazione di cui all’ordinanza – ingiunzione e l’irrogazione del trattamento sanzionatorio conseguente.

In particolare, per un verso, la corte di merito ha affermato che presso la sede della “Recover” erano state rinvenute “fatture emesse dalla ditta Cocciolo da cui risultava che per conto della Recover erano stati effettuati n. 54 trasporti di “macerie” in relazione ai quali non risultavano compilati i formulari di identificazione” (così sentenza d’appello, pag. 14).

Evidentemente l’espressione “per conto della Recover” lascia intendere che “trasportatore” fosse stata la ditta Cocciolo.

In particolare, per altro verso, la corte di merito ha non solo specificato che le fatture rinvenute presso la sede della “Recover” recavano la dicitura “viaggi di macerie con vs mezzi in ns magazzino”, ma ha soggiunto che le fatture risultavano avvalorate dalle dichiarazioni rese da F.G., il quale aveva affermato che le fatture si riferivano a macerie “prodotte in nostri cantieri di (OMISSIS) che, per comodità, venivano conferiti con nostri autocarri cassonati (…) verso il deposito della ditta Cocciolo (…)” (così sentenza d’appello, pag. 14).

Evidentemente le espressioni “viaggi (…) con vs mezzi in ns magazzino” e “conferiti con nostri autocarri cassonati (…) verso il deposito della ditta Cocciolo” lasciano intendere, di contro, che “trasportatore” fosse stata la “Recover”.

23.1. Si aggiunge che, al cospetto della delineata, in parte qua agitur, cornice motivazionale, per nulla soccorre ai fini della univoca identificazione della “Recover” quale “trasportatore” l’ulteriore affermazione – “la Corte rileva che la contestazione non si è fondata sulle fatture emesse dalla ditta Cocciolo, bensì dalle dichiarazioni del F. che ne ha confermato la causale” (così sentenza d’appello, pag. 16) – che si rinviene in un successivo passaggio della motivazione dell’impugnato dictum.

24. Non è fuor di luogo puntualizzare che l’acclarata anomalia motivazionale per certi versi riceve conferma dalle prospettazioni della controricorrente.

La Città Metropolitana di Milano, con riferimento al rilievo, specificamente riflesso nella motivazione dell’impugnata sentenza della Corte di Milano, per cui dalle “fatture emesse dalla ditta Cocciolo (…) risultava che per conto della Recover erano stati effettuati n. 54 trasporti”, ha addotto, onde evidentemente svilirne la valenza, che si tratterebbe di un mero “errore materiale” (cfr. controricorso, pag. 20).

Al contempo la controricorrente ha ammesso che F.G. “aveva svolto argomentazioni a tratti contraddittorie” (cfr. controricorso, pag. 20).

25. In accoglimento del terzo motivo di ricorso la sentenza n. 2138/2016 della Corte d’Appello di Milano va – nei limiti dell’accolto motivo – cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

26. In dipendenza del (parziale) buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perchè, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbita la disamina del quarto motivo;

cassa in relazione e nei limiti del motivo accolto la sentenza n. 2138/2016 della Corte d’Appello di Milano e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

rigetta il primo motivo di ricorso ed il secondo motivo di ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

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