Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25782 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. II, 13/11/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 13/11/2020), n.25782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5941-2016 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA, 2,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentata e

difesa dagli avvocati ALBERTO BAGNOLI, e ANTONELLA IDA ROSELLI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI (OMISSIS) DENOMINATO “(OMISSIS)”, in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

V.LE B.BUOZZI 77, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO TORNABUONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO LATERZA, giusta procura

in calce al controricorso;

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRASCATI 10,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE MARELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato NUNZIO PALMIOTTO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.S., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 244/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con ricorso depositato in data 01.02.2002, L.A., proprietaria di un immobile compreso nel complesso edilizio “(OMISSIS)” di (OMISSIS), conveniva in giudizio i condomini del complesso (OMISSIS) ed il Sig. C.S. – amministratore del Condominio – al fine di ottenere la reintegra nell’esercizio dell’attività di passaggio nel suolo di sua proprietà attraverso il varco del viale interno al complesso, mediante ordine da impartire ai summenzionati soggetti di cessare ogni attività che impedisse quel transito, abbattendo le opere eseguite per ostacolarlo, con conseguente diritto al risarcimento del danno.

1.1. A sostegno della pretesa azionata, parte attrice asseriva di essere proprietaria di una villa facente parte del complesso edilizio “(OMISSIS)”, attraversato da un viale interno condominiale. Al contempo, la medesima era, altresì, proprietaria di un suolo adiacente al detto complesso, privo di accesso stradale e confinante con la parte finale di detto viale interno. Pertanto, l’accesso a questo suolo avveniva unicamente attraverso un ampio varco su detto viale interno, di cui originariamente si servivano anche gli altri proprietari, in considerazione del fatto che, fino al 1998, il suolo di proprietà della L. era stato locato per parcheggio agli stessi condomini del complesso. Cessata la locazione, per evitare il perdurante parcheggio abusivo, L.A. poggiava su detto varco una rete metallica, continuando ad accedere al suo fondo e, successivamente, sostituiva la rete con un cancelletto. Il Condominio, nella persona del suo amministratore, faceva prima apporre transenne metalliche dinanzi al cancelletto e, successivamente, costruiva abusivamente un muro di recinzione per impedire l’accesso dal viale interno al fondo della L..

1.2. Con ricorso del 27.07.2001, il Condominio proponeva, nei confronti di L.A. e del coniuge Lo.Ma., azione di manutenzione dinanzi al Tribunale di Bari per sentir ordinare la cessazione della turbativa e di tutti i comportamenti della L., tesi ad impedire la realizzazione di un muro di recinzione privo di varco di accesso al fondo della medesima L.. Il giudizio si concludeva con sentenza numero 2537/09, con cui il Tribunale accoglieva il ricorso del Condominio e condannava i resistenti ad astenersi da ogni turbativa in relazione alla realizzazione di recinzione da parte del Condominio.

1.3. Nelle more del suindicato giudizio, L.A. proponeva nei confronti dell’amministratore del condominio e di tutti i condomini del complesso “(OMISSIS)” azione di reintegra nell’esercizio dell’attività di passaggio nel suolo di sua proprietà, al fine di far cessare da ogni attività che impedisse quel transito.

1.4. All’esito del giudizi di merito, la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 20.02.2015, confermava la decisione di primo grado, che aveva rigettato la domanda della L..

1.5. Osservava, a tal proposito, la Corte che, quanto al profilo della legittimazione, la stessa sussisteva perchè l’amministratore del condominio, citato quale coautore del preteso spoglio, aveva il potere, ex art. 1130 c.c., n. 4, di resistere, per conto del Condominio, ad un’azione intesa alla modifica urgente della situazione esistente. Nel merito, la Corte, ritenendo che la causa decisa con sentenza definitiva n. 2537/09 riguardasse la stessa situazione di fatto di quella oggetto di giudizio, e cioè il possesso o meno, da parte della L., della servitù di passaggio sulla striscia di viale condominiale, riteneva che si fosse formato il giudicato in ordine al mancato possesso di L., anche in ragione della sostanziale coincidenza temporale tra i giudizi instaurati.

1.5. Quanto, infine, al mancato accoglimento delle istanze istruttorie proposte, la Corte ne motivava il rigetto per essersi parte appellante limitata ad invocare per relationem l’ammissione dei mezzi di prova richiesti al Tribunale, senza, tuttavia, indicare, neppure nella comparsa conclusionale, sotto quali profili tali mezzi avrebbero potuto condurre a modificare la ricostruzione del fatto.

2.Avverso la sentenza d’appello L.A. ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre diversi motivi.

2.1. Hanno resistito con distinti controricorsi il Condominio denominato “(OMISSIS)” e G.L..

2.2. In prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 1130 c.c., n. 4, dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per aver la Corte d’appello di Bari ritenuto sussistente la legittimazione processuale del Condominio “(OMISSIS)” che non avrebbe la titolarità del viale interno, di proprietà di terzi. Inoltre, l’amministratore sarebbe carente di legittimazione processuale, esulando la lite dalle previsioni di cui all’art. 1130 c.c., con la conseguenza che il potere di resistere avrebbe dovuto essere conferito dai singoli condomini attraverso un mandato assunto con rituale delibera, di cui però non vi era traccia negli atti processuali.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la legittimazione dell’amministratore dal lato attivo coincide con l’ambito delle sue attribuzioni (art. 1131 c.c.), mentre, dal lato passivo, non incontra limiti e sussiste in ordine ad ogni azione, anche di carattere reale, concernente le parti comuni dell’edificio, sicchè l’amministratore ha la facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della “vocatio in ius”. (cfr. Cass. sez. 2, 2 dicembre 1997, n. 12204, Cass., sez. 2, 21.05.2003, n. 7958). Così come va riconosciuta la legittimazione attiva dell’amministratore di condominio – in base ad un’interpretazione estensiva dell’art. 1130 c.c., n. 4), ad esercitare l’azione di reintegrazione nel possesso, allo stesso modo deve riconoscersi la sua legittimazione passiva qualora un’azione relativa alle parti comuni venga svolta nei confronti del condominio e si tratti di compiere atti conservativi sui beni di proprietà comune del condominio (Cassazione civile sez. II, 27/07/2007, n. 16631).

1.3. In particolare, l’amministratore di un condominio che compia un atto di impossessamento violento o clandestino in base ad autorizzazione o delibera assembleare, deve considerarsi autore materiale dello spoglio, mentre autore morale dello stesso deve essere considerata la collettività condominiale rappresentata dall’assemblea, per cui l’azione di reintegrazione può essere proposta sia contro il condominio, sia contro l’amministratore, quale autore materiale dello spoglio (Cass. civ., sez. 2, 24.05.2002, n. 7621).

1.3. Nel caso di specie, trattandosi di una situazione di preteso spoglio ascritto al condominio e non ai singoli condomini perchè realizzato con la collocazione delle transenne metalliche disposta dall’amministratore, di dette lesioni non poteva che rispondere quest’ultimo, quale rappresentante dell’ente di gestione per la tutela delle parti comuni.

2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324c.p.c., dell’art. 124disp. att. c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c., oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte d’appello erroneamente ritenuto che sul possesso dell’area contestata si fosse formato un giudicato esterno, costituito dalla sentenza del Tribunale di Bari numero 2530/09, pronunciata sulla domanda di reintegra del possesso proposta dal Condominio nei confronti della L.. A tal proposito, parte ricorrente censurava, in primo luogo, l’omessa produzione in giudizio di detta sentenza, munita dell’attestazione di Cancelleria, da cui si sarebbe dovuto evincere la sussistenza del giudicato esterno. Inoltre, a dire di parte ricorrente, il giudicato esterno non poteva neppure essere rilevato d’ufficio, stante l’evidente diversità delle parti delle due cause, in quanto nel primo giudizio, l’amministratore del Condominio aveva agito, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c., per la tutela dei diritti esclusivi dei condomini mentre, nel secondo giudizio promosso da L. con azione possessoria, le controparti erano i singoli condomini e l’amministratore del condominio in proprio. A ciò si aggiungeva il fatto che il giudicato esterno non poteva essere ravvisato anche per la diversità del petitum e della causa petendi fra le due azioni esperite: la prima, di manutenzione, avviata dal Condominio al fine di far cessare le turbative frapposte alla costituzione di un muro di cinta; la seconda, proposta dalla L. nei confronti dell’autore materiale dello spoglio, l’amministratore del condominio, e di quelli morali, i condomini, attinente specificamente alla N, sussistenza e modalità di esercizio del potere di accesso al fondo privato da parte della medesima. Infine, parte ricorrente evidenziava come il giudicato esterno non poteva coprire tutte le questioni sollevate in giudizio e non affrontate, quali la pretesa interclusione del fondo ed il possesso esercitato sulla striscia di viale condominiale, testimoniata dal fatto che la stessa, al pari degli altri condomini, si serviva della cosa comune per accedere alla sua villa e al suo fondo.

3.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la “violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (omesso accertamento ed esame di fatto decisivo)” per aver la Corte d’appello rigettato le richieste istruttorie avanzate da parte ricorrente già in primo grado, con memoria del 20.02.2007, e riproposte in appello, motivando tale decisione sull’assunto per cui l’istante avrebbe dovuto indicare sotto quali profili tali mezzi avrebbero potuto condurre a modificare la ricostruzione del fatto.

4. I motivi, che per la loro connessione meritano una trattazione congiunta, non sono fondati.

4.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia” (Cass. civ., sez. 2, 04.03.2020, n. 6091). In particolare, qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo (Cass. civ., sez. 6, 14.05.2018, n. 11600).

4.2. Nel caso di specie, la corte distrettuale ha accertato che la decisione, coperta da giudicato escludeva il possesso dell’area in contestazione nell’azione possessoria svolta dal condominio nei confronti della medesima in un periodo o perfettamente sovrapponibile tale da non generare alcun dubbio in relazione allo stato dei luoghi. Inoltre, la decisione coperta dal giudicato riguardava, secondo l’accertamento del Tribunale, le medesime parti del giudizio del giudizio. Avendo l’amministratore agito quale rappresentante del condominio e per la tutela delle parti comuni.

4.3. La contestazione relativa all’assenza della certificazioni di cui all’art. 124 disp. att. c.c. costituisce motivo nuovo proposto per la prima volta in sede di legittimità e, per tale ragione inammissibile.

4.4. Parimenti inammissibile è la doglianza relativa alla mancata ammissione dei mezzi istruttori, reputati superflui dalla corte di merito per l’esistenza del giudicato esterno, in quanto le richieste istruttorie non risultano nemmeno trascritte, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 6, in modo da consentire alla Corte di valutarne la decisività.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

5.1.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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