Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25778 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25778 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 17375-2010 proposto da:
BEA DI FRANCO SILVESTRO & C SNC 08202740018, IN
PRSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 79, presso lo
studio dell’avvocato LUBRANO FILIPPO, rappresentata e
difesa dall’avvocato GRAMAGLIA DARIO;

,

– ricorrente –

2013
2000

contro

COMUNE CARMAGNOLA P.I.01562840015, IN PERSONA DEL
SINDACO P.T., elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE SANZIO l, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 15/11/2013

ROMANO ALBERTO,

che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GALLO CARLO EMANUELE;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 701/2009 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 12/05/2009;

udienza del 01/10/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Gramaglia Dario difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. Romano Alberto difensore della
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 20-12-2004 la BEA s.n.c. di
Franco Silvestro e C. conveniva dinanzi al Tribunale di Alba,
Sezione Distaccata di Bra, il Comune di Carmagnola, per sentir

prelazione di cui agli artt. 61 e 62 d.lgs. 22-1-2004 n. 42, per non
aver notificato all’attrice la delibera del Consiglio Comunale di
Carmagnola di esercizio del diritto di prelazione, non essendo valida
né opponibile la notifica eseguita in data 2-7-2004 dall’Ufficiale
Giudiziario, avendo la stessa un destinatario del tutto diverso.
L’attrice chiedeva, conseguentemente, accertarsi che la proprietà
dell’immobile sito in Carmagnola si era consolidata in capo alla
deducente, per essere venuta meno la condizione sospensiva alla
quale era sottoposta la compravendita di cui al rogito Perosino del
21-4-2004, con cui l’ente “Casa di Torino dell’Istituto delle Suore di
Sant’Anna della Provvidenza” aveva venduto alla BEA s.n.c. il
predetto immobile, dichiarato di interesse particolarmente importante
ai sensi del digs. n. 490\1999 con provvedimento del 5-11-1993 del
Soprintendente Regionale per il Piemonte.
Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della
domanda, sostenendo che la notifica della delibera consiliare n. 76
del 29-6-2004 era valida e che, comunque, la sua eventuale nullità

dichiarare il convenuto decaduto dall’esercizio del diritto di

doveva considerarsi sanata, per avere la BEA s.n.c. proposto
tempestivi ricorsi al TAR del Piemonte avverso tale delibera.
Con sentenza in data 9-5-2006 il Tribunale rigettava la
domanda.

Con sentenza in data 12-5-2009 la Corte di Appello di Torino
rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la BEA
s.n.c., sulla base di due motivi.
Il Comune di Carmagnola ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 335 c.p.c.
All’esito della discussione orale svoltasi in udienza, il
procuratore della ricorrente ha depositato brevi osservazioni scrittr
sulle conclusioni del P.G.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo, articolato in tre censure, la ricorrente
lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione agli artt. 2729,
2697 c.c., 244 e 148 c.p.c.
In primo luogo, la BEA s.n.c. contesta l’affermazione della
Corte di Appello, secondo cui il titolare dello studio “non avrebbe
certamente accettato la consegna e ritirato l’atto …se lo stesso non
fosse stato indirizzato ad una delle società che presso il suo studio
avevano la sede legale”. Sostiene che la motivazione è errata,

Avverso la predetta decisione proponeva appello la BEA s.n.c.

trattandosi di una presunzione che, non essendo grave, precisa e
concordante, ai sensi dell’art. 2729 c.c. non poteva essere utilizzata
dal giudice; tanto più che dalla visura camerale risulta che la BEA
non aveva affatto la sua domiciliazione presso il predetto studio di

solo ed esclusivamente allo studio Tomatis-Durando.
In secondo luogo, la ricorrente censura l’affermazione secondo
cui “la stessa BEA s.n.c. …né ha provato che vi siano locali distinti
dallo Studio Tomatis-Durando nei quali vi era la sede legale della
società (fisicamente e concretamente) distinta dai locali dello studio
dei commercialisti ove è avvenuta la notifica”. Deduce che il giudice
del gravame ha erroneamente applicato l’art. 2697 c.c., in quanto
l’onere della prova non gravava sulla BEA, ma sul Comune di
Carmagnola, che aveva eccepito la validità della notifica effettuata
presso lo studio dei commercialisti.
La società ricorrente, infine, censura il rilievo secondo cui “il
Comune di Carmagnola ha provato (v. doc. 8) di avere già in
precedenza notificato all’appellante in data 22-6-2004, tramite il
messo comunale, un’altra deliberazione, la n. 278, sempre
intervenuta nel procedimento di prelazione e in quel caso la notifica
è avvenuta nei confronti della BEA s.n.c., con sede di Carmagnola,
via Garibaldi n. 39, proprio presso lo studio dei commercialisti
Tomatis e Durando, ove l’atto è stato consegnato e ritirato

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commercialisti. L’atto, inoltre, non era indirizzato alla BEA, bensì

dall’impiegata dello studio predetto, tale Urchili S’intona, la quale si
è dichiarata al corrente della domiciliazione, presso lo studio dei
commercialisti, della società BEA e si è incaricata di effettuare la
consegna”.

Sostiene che il documento 8) non poteva essere

scritta di carattere assertivo proveniente da un terzo, la cui
produzione era stata contestata dalla BEA sin dalla prima udienza del
1-3-2005.
Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha ritenuto certo, in punto di fatto, che la
società BEA ha la propria sede legale in Carmagnola, via Garibaldi
n. 39. La circostanza non ha costituito oggetto di contestazione da
parte della odierna ricorrente, la quale, come si evince dalla lettura
della sentenza impugnata, in appello ha piuttosto insistito nel
dedurre che dalla visura camerale non emerge la sua domiciliazione
presso il suddetto studio di commercialisti.
Ciò posto, si osserva che il giudice del gravame, partendo dal
dato incontroverso secondo cui la sede della società è posta in
Carmagnola, via Garibaldi n. 39, ha ritenuto valida la notifica
effettuata in tale luogo presso lo studio dei commercialisti TomatisDurando, a mani del contitolare Tomatis Sergio, rilevando, in
particolare, che la BEA non ha provato che all’indirizzo sopra

utilizzato come elemento di prova, trattandosi di dichiarazione

indicato vi siano altri locali, distinti dal predetto studio, nei quali sia
posta la sua sede legale.
Nell’addossare alla BEA l’onere di provare l’esistenza,
civico n. 39 di via Garibaldi, di altri locali adibiti a sede di tale

notifica, la Corte territoriale non è affatto incorsa nella dedotta
violazione dell’art. 2697 c.c., Contrariamente a quanto sostenuto
dalla ricorrente, infatti, spetta al soggetto che agisce in giudizio per
far valere l’invalidità della notifica l’onere di fornire la prova
contraria a quella di regolare espletamento del procedimento di
notificazione, basata su argomenti

presuntivi connessi

alla

coincidenza materiale tra il luogo in cui doveva essere effettuata la
notifica e quello in cui la stessa è avvenuta, nonché alla presenza del
consegnatario in tale luogo.
Si richiama, al riguardo, il principio più volte enunciato dalla
giurisprudenza, secondo cui, ai fini della regolarità della
notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona
addetta alla sede, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., è sufficiente che il
consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un
particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di
prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico,
eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza;
sicché, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti in

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società, distinti dallo studio professionale in cui è avvenuta la

alcuna delle predetti sedi la presenza di una persona che si trovava
nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse
addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche
se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la

oltre a non essere un suo dipendente, non era neppure addetta alla
sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno, nel senso che la
prova dell’insussistenza di un rapporto siffatto non è adempiuto con
la sola dimostrazione dell’inesistenza di un rapporto di lavoro
subordinato tra la persona in questione ed il destinatario della
notifica, attesa la configurabilità di altri rapporti idonei a conferire
la richiesta qualità (tra le tante v. Cass. 13-12-1999 n. 13935; Cass.
18-11-2000 n. 14928; Cass. 5-9-2012 n. 14865)..
In particolare, è stato affermato che, in tema di notificazione a
società munita di personalità giuridica (ma il principio è estensibile,
per identità di rullo, anche alle persone giuridiche sprovviste di
personalità giuridica, alle quali fa riferimento l’art. 145 secondo
comma c.p.c.), che abbia la propria sede presso uno studio
professionale, la persona addetta a tale studio deve ritenersi addetta
anche alla sede della società medesima, e, pertanto, abilitata a
ricevere l’atto, a norma dell’art. 145 primo comma c.p.c.,
indipendentemente dal fatto che sia o meno dipendente di detta

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presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona,

destinataria, o con essa legata da altro rapporto giuridico (Cass. 226-1985 n. 3757).
Alla luce degli enunciati principi, nessuna rilevanza può
assumere, al fine di escludere la ritualità della notifica in questione,

lo studio Tomatis-Durando. L’acclarata coincidenza fisica tra la sede
della predetta società e lo studio professionale in cui è stata
effettuata la notificazione, infatti, costituisce elemento di per sé
sufficiente a fondare la presunzione che il consegnatario rinvenuto in
tale luogo fosse addetto alla ricezione degli atti per conto della
odierna ricorrente.
L’ulteriore affermazione, contenuta nella sentenza impugnata,
secondo cui già in passato erano avvenute altre notifiche nei
confronti della BEA presso lo studio Tomatis-Durando costituisce
una considerazione aggiuntiva rispetto a quella, di per sé idonea a
sorreggere la decisione, inerente alla mancanza di prova circa
l’eventuale esistenza, presso il civico n. 39 di via Garibaldi, di altri
locali adibiti a sede legale della società, distinti dallo studio
professionale in cui è avvenuta la notifica.
Le censure mosse al riguardo dalla ricorrente, pertanto, si
rivelano inammissibili.
Secondo un principio affermato dalla giurisprudenza, infatti,
nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una

la mancanza di una formale domiciliazione della società BEA presso

sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte
autonomamente idonee a sorreggerla è necessario, per giungere alla
cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia
formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia

censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di
impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza,
“in io/o”

o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che

autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è
sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato
oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta,
perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo
di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo
inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre
ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (v. per tutte
Cass. S.U. 8-8-2005 n. 16602).
2) Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e
la falsa applicazione degli artt. 145, 141, 160 e 156 c.p.c., nonché il
vizio di motivazione.
In particolare, sostiene che nella specie la notificazione è da
considerare inesistente, in quanto il destinatario (studio TomaisDurando) indicato nella relata di notifica era un soggetto diverso
rispetto alla società. Rileva che l’esistenza di un semplice rapporto

esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le

professionale, di cui ha dato atto la Corte di Appello, non è
sufficiente per creare un collegamento tra il consegnatario e il
destinatario dell’atto, tale da evitare l’inesistenza della notifica. Il
commercialista Tomatis, infatti, ha accettato la consegna e ritirato

fosse legato da un rapporto professionale con la società BEA:
Deduce, inoltre, l’erroneità dell’ulteriore argomentazione
svolta dalla Corte di Appello, secondo cui l’atto avrebbe comunque
raggiunto il suo scopo, per essere la BEA venuta a conoscenza della
delibera e averla tempestivamente impugnata. Rileva che la
notificazione prevista dagli artt. 60 e 61 d.lgs. 4212004 non assolve
la funzione di mera conoscenza legale del provvedimento, ma
costituisce requisito costitutivo dell’efficacia del provvedimento
medesimo; e che, pertanto, la semplice conoscenza dell’atto non è
sufficiente a completare il procedimento di prelazione previsto dal
d.lgs. 42\2004.
La prima censura deve essere disattesa.
Questa Corte ha più volte avuto modo di precisare che l’errore
sulle generalità del destinatario di un atto importa, in astratto, la
possibilità di configurare un vizio di nullità (non già d’inesistenza)
della notifica, solo nel caso in cui quell’errore, in concreto, risulti
tale da aver determinato una situazione di assoluta incertezza
sull’identità della persona cui la notificazione è diretta (cfr., per

l’atto solo perché lo stesso era indirizzato al suo studio, e non perché

tutte, Cass. 8-10-2001 n. 12325). Per stabilire se tale situazione
d’incertezza assoluta davvero ricorra, non basta limitarsi a prendere
visione della relazione di notifica, ma occorre che sia esaminato
l’intero contesto dell’atto, a cominciare dalla sua intestazione, perché

colmare le lacune riscontrate nella predetta relazione (Cass. 18-52001 n. 6805). E, infatti, l’incertezza sull’identità di colui cui la
notifica è diretta non può incidere sulla validità del procedimento di
notificazione (tanto meno in termini di inesistenza giuridica) se non
in quanto sia tale da rendere effettivamente impossibile la sua
identificazione e, di riflesso, da non permettere neppure di ipotizzare
l’esistenza dell’indispensabile legame tra consegnatario (noto) e
destinatario (incerto) dell’atto medesimo. Quando, invece, il giudice
di merito ha accertato l’errore materiale nell’indicazione del nome
delle parti destinatarie della notifica ed il tenore dell’atto notificato
(cui la relazione di notifica accede) manifesta in modo chiaro ed
evidente a chi quell’atto è davvero destinato, e quando a tali persone
il consegnatario è legato da idoneo rapporto, quel mero errore
materiale non incide sulla validità della notifica e tanto meno è tale
da renderla giuridicamente inesistente (Cass. 22-1-2004 n. 1079;
Cass. 17-2-2006 n. 3511).
Nella specie,

la Corte territoriale ha accertato,

con

apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, che il

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in qualsiasi parte di esso può trovarsi un’indicazione idonea a

contenuto della delibera consiliare notificata non lasciava adito ad
alcuna incertezza circa il fatto che l’effettiva destinataria fosse la
società BEA, e non lo studio professionale. Correttamente, pertanto,
alla luce degli enunciati principi, essa ha escluso che l’erronea

studio dei commercialisti e non la società BEA) potesse comportare
l’invalidità della notifica.
Poichè la Corte di Appello ha coerentemente concluso la sua
disamina affermando che la notifica in questione è

“esistente e

valida”, l’ulteriore rilievo contenuto in sentenza, secondo cui la
società BEA “è certamente venuta a conoscenza della delibera
predetta per averla impugnata con due ricorsi al 7AR del Piemonte”,
sicchè “qualsiasi nullità non potrebbe mai essere pronunciata ex
art. 156 3 0 comma c.p.c., avendo l’atto raggiunto lo scopo cui era
destinato”, costituisce chiaramente una considerazione svolta

ad

abundantiam, per dimostrare che, anche a voler ritenere la nullità
della notifica della delibera consiliare, l’esito della lite non avrebbe
potuto che essere sfavorevole per l’attrice. Tale argomentazione,
pertanto, non incide sull’effettiva

ratio decidendi,

costituita

dall’accertata esistenza e validità della notifica in questione.
Ne consegue l’inammissibilità delle doglianze mosse al
riguardo nella seconda parte del motivo in esame, alla stregua del
principio di diritto secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso

indicazione del destinatario contenuta nella relata di notifica (lo

per cassazione che censura un argomento della sentenza impugnata,
svolto “ad ahundantiam” e che, pertanto, non costituisce la “ratto
decidendi “della medesima (v. Cass. 22-11-2010 n. 23635; 19-2-2009
n. 4053; Cass. 5-6-2007 n. 13068; Cass. 14-11- 2006 n. 24209; Cass.

3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.700,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 1-10-2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

28-3-2006 n. 7074; 23-11-2005 n. 24591).

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