Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25776 del 02/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.G.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza di

Villa Fiorelli n. 5 int. 4 c/o sig. Mario De Sena, rappresentato e

difeso dall’avv. CACCAVALE Salvatore;

– controricorrente –

GEST LINE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sez. 31, n. 142 del 20 novembre 2006.

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che il contribuente propose ricorso avverso cartella di pagamento per Irpef e Ilor relative all’anno 1986, notificata il 13.6.2003, emessa, in relazione a ruolo reso esecutivo il 20.12.2002, in esito al passaggio in giudicato, in data 28.4.2002, di decisione di appello sul correlativo accertamento;

– che, a fondamento del ricorso, il contribuente deduceva unicamente l’intervenuta definizione agevolata della lite;

che l’adita commissione tributaria accolse il ricorso, sul presupposto dell’intervenuta decadenza dell’Ufficio dal potere di riscossione per tardività della notifica; ciò previo rigetto dell’eccezione dell’Agenzia d’inammissibilità del motivo in quanto proposto in violazione della previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24;

– che la decisione fu confermata dalla commissione tributaria;

che il giudice a quo respinse la doglianza dell’Agenzia tesa a far affermare l’inammissibilità del motivo aggiunto (poi accolto) sul presupposto che “l’integrazione dei motivi aggiunti è ammessa, alla stregua del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 24, quando resa necessaria dal deposito ad opera di una delle parti di documenti non conosciuti dalle altre” e che nel caso di specie, in assenza di preventiva notifica di avviso di liquidazione e per le generiche indicazioni in merito alla sentenza definitiva sulla cartella impugnata, il contribuente aveva avuto piena consapevolezza di questa solo con la costituzione in giudizio dell’ufficio e ciò, anche in considerazione del fatto che l’Agenzia non aveva provato che il contribuente aveva avuto contezza del riferimento della cartella alla sentenza con anticipo di oltre sessanta giorni rispetto alla data di deposito dei motivi aggiunti;

rilevato:

– che, avverso la sentenza di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, in due motivi;

che il contribuente ha resistito con controricorso ed illustrato le proprie ragioni anche con ricorso;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “violazione e falsa applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2” e formulato il seguente quesito: “… se, ai sensi del D.L.gs. n. 546 del 1992, art. 24 cpv., l’integrazione dei motivi di ricorso sia consentita solo in conseguenza del deposito di documenti avversari non conosciuti e vada effettuata, a pena di inammissibilità, nei sessanta giorni successivi all’acquisita conoscenza di tali documenti; con la conseguenza che, ove i documenti consistano nella costituzione in giudizio dell’ufficio ragioni di certezza dei rapporti giuridici impongono di identificare il dies a quo di decorrenza dei sessanta giorni con la data della costituzione in giudizio medesima;

considerato:

– che il motivo di ricorso è fondato;

– che deve, infatti, rilevarsi che, in tema di contenzioso tributario, il meccanismo d’instaurazione del processo è imperniato sull’impugnazione del provvedimento impositivo, tesa ad ottenere sindacato giurisdizionale sulla legittimità formale e sostanziale del medesimo, sicchè l’indagine sul rapporto tributario è rigorosamente circoscritta ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, che il contribuente abbia specificamente dedotto nel ricorso introduttivo di primo grado, con l’unico temperamento costituito dalla facoltà, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, di integrare i motivi di ricorso con la prospettazione di doglianza configurabile solo a causa del deposito, ad opera delle altri parti o su ordine del giudice di documenti non conosciuti: cfr. Cass. 7766/06, 28680/05, 12147/04, 9745/03) e, peraltro, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notizia di tale deposito;

– che deve, d’altro canto, considerarsi che, nella specie, la circostanza che la cartella derivasse da accertamento definitivo in forza di giudicato e ne riportasse la seppur generica indicazione risulta attestata dalla stessa sentenza impugnata ed è, del resto, incontroversa, sicchè, essendone conoscibili i presupposti sin dalla notifica dell’atto impugnato, deve escludersi che ricorressero le condizioni per la deduzione della decadenza dell’ufficio dal potere di riscossione con i motivi aggiunti;

che peraltro, a fronte della deduzione da dell’inammissibilità dei motivi aggiunti da parte dell’Agenzia, incombeva al contribuente fornire la prova della relativa tempestività incontestatamente contrastata;

ritenuto:

che, restando assorbito il secondo motivo, il ricorso va, pertanto, accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente;

– che, per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna del contribuente alla refusione alla controparte costituita delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente alla refusione alla controparte costituita delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.900,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011

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