Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25775 del 14/12/2016

Cassazione civile, sez. II, 14/12/2016, (ud. 13/05/2016, dep.14/12/2016),  n. 25775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27881/2011 proposto da:

EDILIZIA GABBIANO SRL, (OMISSIS), in persona dell’amministratore

unico, elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama 26, presso lo

studio dell’avvocato MARIA CRISTINA PIERETTI, che la rappresenta e

difende, come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Di Sant’Agnese 16, presso lo

studio dell’avvocato PAOLA DANESI, che lo rappresenta e difende,

come da procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 5267/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

uditi gli avvocati Giorgio D’Alessio, delega Pieretti, e Danesi, che

si riportano agli atti e alle conclusioni assunte;

udito il Sostituto Procuratore Generale, Dott. RUSSO Rosario

Giovanni, che conclude per l’inammissibilità del ricorso e condanna

aggravata alle spese.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società ricorrente è proprietaria di due locali ad uso commerciale con sottonegozio che si trovano all’interno dello stesso edificio in (OMISSIS), ma ciascuno dei negozi fa parte dei due diversi condomini, da tempo costituiti, con accessi da civici e vie diversi.

I negozi sono tra loro adiacenti in alcuni punti, sia al piano terra che nell’interrato, e la società, per meglio utilizzarli sul piano commerciale, realizza una apertura che li mette tra loro in collegamento. Abbatte così in parte il muro tra i due condomini, muro strutturalmente unico se riferito all’intero edificio.

2. Agisce uno dei due Condomini, lamentando l’abbattimento del muro perimetrale comune condominiale e chiedendo la condanna a compiere le opere necessarie per il ripristino della situazione statica e di sicurezza.

3. Il tribunale in primo grado rigetta tutte le domande con condanna alle spese.

4. La Corte territoriale, in parziale accoglimento dell’appello del Condominio, condanna l’odierna ricorrente al ripristino dello stato dei luoghi, sul presupposto che si trattava di muro perimetrale, dovendosi far riferimento alla incontestata esistenza dei due Condomini e non già alla circostanza che essi facevano parte di un unico edificio sul piano strutturale.

5. Impugna tale decisione la Società che avanza undici motivi. Resiste con controricorso il condominio. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce omessa o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in quanto la sentenza impugnata è apodittica quando ha ritenuto che si era in presenza due edifici condominali, pur trattandosi di un unico fabbricato; solo affermando la esistenza di due distinti edifici si può affermare che il muro divisorio abbattuto aveva natura perimetrale.

1.2 – Col secondo motivo si deduce omessa o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in quanto non è spiegato perchè il muro divisorio dovesse essere considerato di proprietà condominale, presupposto per affermare la violazione dell’art. 1102 c.c..

1.3 – Col terzo motivo si deduce motivazione illogica e contraddittoria in ordine ad un punto decisivo della controversia, in quanto la sentenza ha affermato che, malgrado l’unitarietà dell’edificio, si era di fronte a due edifici solo perchè ivi sussistevano due Condomini.

1.4 – Col quarto motivo si deduce motivazione illogica e contraddittoria in ordine ad un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte ha ritenuto che il muro abbattuto fosse condominiale solo perchè qualificato perimetrale, ma contraddittoriamente ha affermato anche che si trattava di muro interno al fabbricato stesso.

1.5 – Col quinto motivo si deduce violazione degli artt. 1117, 1102 e 61 disp att. c.c., in quanto la corretta applicazione delle norme citate doveva condurre ad individuare un unico edificio, con la conseguenza che il muro oggetto della causa non è perimetrale ma interno.

1.6 – Col sesto motivo si deduce falsa applicazione degli artt. 1117, 1102 c.c., in quanto si è erroneamente presupposta la proprietà condominiale della parete divisoria.

1.7 – Col settimo motivo di ricorso si deduce omessa o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in quanto non è stato accertato, nè si è motivato sul punto che il muro fosse considerabile muro maestro.

1.8 – Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 1122 c.c., in quanto l’abbattimento di un muro divisorio tra due locali, non avrebbe arrecato danni alle parti comuni.

1.9 – Con il nono motivo di ricorso si deduce falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. e art. 14 preleggi, in quanto non si è applicata una norma speciale ossia l’art. 1122 c.c., ma solo quella generale.

1.10 – Col decimo motivo si deduce error in procedendo nel richiamo delle risultanze della CTU sullo spessore del muro.

1.11 – Con l’undicesimo motivo si deduce error in procedendo nell’affermazione del pregiudizio della statica dell’edificio condominale.

1.12 – Col dodicesimo motivo si deduce l’erroneità della condanna alle spese.

1.13 – Col tredicesimo motivo si avanza domanda di sospensione dell’esecutorietà della condanna.

2. La motivazione della Corte di appello.

Prima di esaminare i motivi del ricorso, appare opportuno richiamare i passi salienti e pertinenti della motivazione della sentenza impugnata, che afferma guanto segue. “…posto che la struttura architettonica unitaria degli edifici costituenti i due condomini non rileva giacchè ciò che rileva è che i due edifici abbiano autonomia amministrativa e gestionale, ritiene la Corte che i muri abbattuti, benchè di divisione tra due proprietà contigue svolgessero l’ulteriore funzione di recingere i due diversi condomini e che sostanzialmente fossero dunque muri perimetrali. La circostanza che il muro abbattuto fosse interno non ne elide la funzione di recinzione giacchè esso serviva a dividere non solo le due proprietà bensì a delimitare i due diversi edifici costituenti enti separati. Di conseguenza l’abbattimento degli spicchi di muro al piano terra e seminterrato, posti tra i due locali commerciali insistente n ei due diversi condomini, ha comportato uso abnorme del muro stesso in violazione dell’art. 1102 c.c.. In tal senso è costante la giurisprudenza della Corte di Cassane, che anche con pronuncia recente ha affermato che “mentre l’apertura di un varco nel muro perimetrale per le esigenze del singolo condomino può ritenersi consentita, quale più intenso uso del bene comune ex art. 1102 c.c., non può ritenersi legittima – costituendo un uso abnorme del bene comune – allorchè il varco consenta la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, seppure di proprietà del medesimo condominio, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale, ciò perchè il collegamento tra tali unità abitative determina, inevitabilmente, la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture del fabbricato e può, in ipotesi, creare una eventuale servitù di passaggio a carico di un eventuale ingresso condominiale su via pubblica (Cass. 3035/09; 15814/2008). Che nella specie entrambi i locali abbiano ingresso sulla via pubblica comunque non rileva in quanto la servitù di passaggio, oltre che quella su fondamenta, solai, suolo, sussiste in quanto il varco aperto nel muro perimetrale comporta l’asservimento del muro al passaggio dall’uno all’altro immobile. Nè rileva che l’eventuale maggior peso imposto non riguardi il solo appellante perchè ciò che rende abnorme l’uso è la costituzione di servitù, senza il consenso unanime dei condomini, servitù prima non esistente in quanto il varco dà luogo ad un passaggio cui il muro non era destinato.

La sentenza nr. 16097 del 2003, citata dall’appellata per sostanziare la propria tesi sulla legittimità dell’intervento demolitivo, pur inerendo a diversa ipotesi, in realtà conferma giurisprudenziale condiviso da questa Corte anche sul punto della servitù che si instaura e conclude in tali termini: “deve pertanto rilevarsi che l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte per il quale costituisce uso illegittimo del muro perimetrale l’apertura da parte di un condomino di un varco che consenta la comunicazione di una unità immobiliare di sua esclusiva proprietà con altro immobile sempre di sua proprietà ricompreso in diverso edificio condominiale, in quanto il collegamento tra tali immobili determina la creazione di una servitù a carico del muro e quindi delle parti comuni del fabbricato in favore di un bene estraneo al condominio, non può trovare applicazione nella fattispecie, considerato che l’apertura nel muro perimetrale dà accesso da un locale del condominio ricompreso nell’edificio condominiale, non già ad un altro immobile di sua proprietà esclusiva estraneo al condominio, ma ad una rampa utilizzata da tempo per accedere ad altra unità immobiliare”. Va quindi dichiarata, a sensi dell’art. 1102 c.c., l’illegittimità della demolizione e della congiunzione dei due locali commerciali con condanna della società Edil Gabbiano al ripristino dello stato dei luoghi”.

3. Il ricorso è infondato e va rigettato.

3.1 – Va rilevato in primo luogo che non è contestata in fatto sia l’unicità strutturale, sul piano costruttivo, dell’edificio, sia l’esistenza, al suo interno, in due diversi ed autonomi condomini con distinti accessi dal civico (OMISSIS) e dal numero (OMISSIS). Tali condomini sono specificamente individuati attraverso le unità immobiliari che li compongono e sono tra loro confinanti. E’ pure incontestato che la società ricorrente è proprietaria di immobili tra loro attigui (su due piani), ma ciascuno collocato in uno due diversi condomini. La società ricorrente con dovizia di argomentazioni, anche svolte nella memoria depositata, sostiene che, trattandosi di un unico edificio, il muro che separa i due distinti condomini non è muro perimetrale, nè muro maestro, ma solo un muro divisorio, così rendendo legittimo il suo utilizzo (mediante parziale abbattimento) per la realizzazione del collegamento tra i due immobili dello stesso proprietario. Sostiene che l’esistenza di due distinti condomini non può far venir meno l’entità strutturale-costruttiva del muro di delimitazione tra gli stessi condomini, dovendosi invece aver riguardo esclusivamente alla specificità costruttiva del muro stesso. Di qui, sotto i diversi profili oggetto delle plurime censure articolate nei motivi da uno a nove, l’errore compiuto dalla corte d’appello che ha ritenuto illegittimo il collegamento operato dei due immobili mediante parziale eliminazione del muro divisorio tra i Condomini.

3.2 – Tanto premesso, questa Corte, pur nella specificità della situazione (unico edificio sul piano strutturale-costruttivo con la presenza di due distinti Condomini), ritiene che debba darsi prevalenza, per la soluzione delle questioni prospettate, alla circostanza dell’esistenza di due distinti condomini, circostanza questa che implica la necessaria ed ontologica delimitazione tra gli stessi, risultando la diversa soluzione incompatibile con la nozione stessa di condominio. Tale affermazione determina la inevitabile conseguenza che il muro in questione (almeno per una parte di esso) debba essere ritenuto perimetrale perchè delimita ciascun Condominio e quindi svolge tale funzione; tale specificità del muro lo rende comune (per la parte che qui interessa) ai condomini facenti parte di ciascun Condominio. E ciò in applicazione del costante orientamento di questa Corte (vedi Cass. n. 4978 del 02/03/2007, Rv. 597453) secondo cui “i muri perimetrali dell’edificio in condominio, pur non avendo funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri al fine della presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c., in quanto… delimitano la superficie coperta…”.

3.3 – Una volta stabilita la condominialità del muro in questione, il suo uso non può che essere effettuato nei limiti di cui all’art. 1102 c.c., dovendosi escludere la legittimità dell’uso fattone dalla ricorrente. E ciò in applicazione del costante orientamento di questa Corte (Cass. n. 4501 del 05/03/2015, Rv. 634770), secondo cui “in tema di uso della cosa comune, è illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacchè in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini”.

3.4 – In tal senso risultano infondati tutti i motivi articolati dal numero uno al numero nove.

3.5 – E’ infondato il decimo motivo non sussistendo il dedotto error in procedendo, avendo invece la Corte locale motivatamente fatto riferimento agli accertamenti del c.t.u. sullo spessore del muro, potendosi al riguardo far ricorso anche all’utilizzo di elementi presuntivi sulla determinazione dell’esatta dimensione dello spessore del muro originario a fronte delle modificazioni apportate allo stesso dall’odierna ricorrente.

3.6 – E’ infondato anche l’undicesimo motivo che, pur denunciando un error in procedendo quanto alla valutazione dell’influenza della eliminazione del muro sulla statica dell’intero edificio, in realtà, inammissibilmente in questa sede, tende a contrastare le conclusioni dell’apprezzamento in fatto del giudice di merito.

3.7 -. E’ inammissibile perchè generica la censura avanzata col dodicesimo motivo sulla regolazione delle spese.

3.8 – Infine è inammissibile in questa sede la richiesta di sospensione dell’esecuzione della condanna di secondo grado.

4. Le spese seguono la soccombenza. Non sussistono i presupposti per disporre, come richiesto dal Procuratore Generale, la condanna aggravata alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in Euro 5.500,00 (cinquemilacinquecento) per compensi e Euro 200,00 (duecento) per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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