Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25775 del 02/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.G.A., M.G., S.P.,

elettivamente domiciliati in Roma, Viale dell’Università n. 11,

presso lo studio dell’avv. Valerio Menaldi, rappresentati e difesi

dall’avv. NERI Sergio;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sez. 10, n. 40 del 21 novembre 2006.

Letta la relazione scritta del Consigliere relatore Dott. Aurelio

Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3;

udito, i controricorrenti, l’avv. Marco Mariani;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo, che ha concluso in adesione alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che i contribuenti proposero ricorso avverso l’avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni, con il quale l’Agenzia aveva revocato i benefici previsti per l’acquisto della “prima casa”, in relazione all’acquisto, con atto registrato il 31.3.2004, di un immobile ad uso abitativo;

che l’avviso si fondava sul presupposto che l’immobile presentava le caratteristiche dell’immobile di “lusso”, cosicchè non ricorrevano i presupposti per l’agevolazione in oggetto;

che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello dei contribuenti, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale;

– che, nel suo nucleo essenziale, la decisione è così motivata:

“Nel merito il Collegio osserva che, a norma del D.M. 2 agosto 1969, n. 303000, art. 5, devono essere escluse, ai fini del calcolo della superficie oltre la quale l’immobile va considerato di lusso, le cantine e le soffitte …, nel caso in esame, i Giudici … hanno ritenuto che le parti dell’edificio che il privato classifica come soffitte e cantine, siano invece vani utili a tutti gli effetti, con la conseguenza che la superficie supera il limite previsto per la classificazione come abitazione di lusso.

Questo Collegio, esaminati gli atti e verificato che non vi fu contestazione circa le misure dei vani sui quali vi era divergenza, ritiene che l’altezza di mt. 2,35 rilevata per il “seminterrato” conduca ad escludere che quella parte dell’edificio possa essere considerata come composta da vani utili. Invero, il limite minimo di altezza per l’abitabilità è generalmente di mt. 2,70 e non consta che lo strumento urbanistico preveda, per quel sito, altezze inferiori. Quanto alla “soffitta”, se è vero che nel colmo ha un’altezza di mt. 3,00, è anche vero che “in gronda” degrada ad altezze variabili fra mt. 1 30 e mt 2,15, dovendosi così escludere che l’altezza media sia tale da consentirne l’abitabilità Per entrambe le porzioni dell’edificio de quo è dunque da escludere che ne sia consentito il computo al fine di stabilire se la superficie totale superi i limi di cui al citato D.M. 2 agosto 1969″;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in due motivi;

che i contribuenti hanno resistito con controricorso;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “erronea e falsa applicazione D.M. 2 agosto 1969, n. 303000, art. 5” e formulato il seguente quesito “… se i giudici della CTR abbiano omesso di motivare sulla questione relativa al computo della veranda ai fini della determinazione della superficie utile e abbiano erroneamente interpretato il D.M. 2 agosto 1969, art. 5, in merito al concetto di superficie utile dettato dalla stessa, che è da intendersi nel senso che la veranda sia a tutti gli effetti superficie utile visto che il suddetto decreto indica dettagliatamente le superfici che vanno escluse dal calcolo (balconi, terrazze)”;

– che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia e violazione D.M. 2 agosto 1969, n. 30300, art. 8” e formulato il seguente quesito “… se la motivazione della sentenza impugnata sia da censurare per violazione del disposto di cui al D.M. 2 agosto 1969, n. 303000, art. 8, nella parte in cui i giudici hanno ritenuto che l’abitazione de qua non rientrasse tra quelle di lusso, senza valutare minimamente i requisiti previsti dal D.M. 2 agosto 1969, n. 300300, art. 8 e senza dare una. minima giustificazione sui motivi che li hanno indotti a disconoscere l’esistenza delle caratteristiche richieste dal D.M. per poter considerare un immobile quale abitazione di lusso”;

considerato:

– che il ricorso dell’Agenzia va disatteso.

che prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che i motivi di ricorso proposti dall’Agenzia sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

che infatti, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico.

ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v.

Cass. s.u. 3519/08); mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);

– che entrambi i quesiti non colgono, poi, la ratio della decisione impugnata, che è incentrata sull’inidoneità del seminterrato e della soffitta in rassegna, per le relative specifiche caratteristiche strutturali, ad entrare nel computo della superficie complessiva dell’immobile rilevante al fine della sua qualificazione quale immobile “di lusso”;

– che, nel loro complessivo sviluppo, le censure appaiono, peraltro, introdurre sindacato di fatto sull’accertamento del giudice del merito, inammissibile in questa sede di legittimità e, peraltro, in carenza di autosufficienza, non fornendo indicazioni circa la deduzione nelle pregresse fasi processuali delle circostanze qui addotte (in merito, in particolare, ad un’asserita veranda), ma non risultanti dalla decisione di appello;

ritenuto:

che, alla luce degli esposti rilievi, il ricorso dell’Agenzia si rivela manifestamente infondato, sicchè va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, per la soccombenza, l’Agenzia va condannata alla rifusione delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso; condanna l’Agenzia alla refusione delle spese, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011

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