Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25774 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 14/12/2016, (ud. 28/04/2016, dep.14/12/2016),  n. 25774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18992/2011 proposto da:

T.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA L. MANCINELLI 1, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SAOLINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO TORRESE;

– ricorrente –

nonchè da:

C.M., (OMISSIS), C.V. (OMISSIS),

C.G. (OMISSIS), TUTTI UNICI EREDI DI M.C. VED.

C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RUBICONE 27 C/O

TESSITORE, per l’avvocato GIUSEPPE TEDESCHI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALFONSO TEDESCHI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

T.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA L.MANCINELLI 1, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SAOLINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO TORRESE;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1391/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Tedeschi Giuseppe difensore dei controricorrenti e

ricorrenti incidentali che ha chiesto l’accoglimento delle difese in

atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine, il rigetto del ricorso principale, e l’assorbimento del

ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La causa è stata promossa nel 1993 da M.C., deceduta nel (OMISSIS), alla quale sono subentrati i tre figli signori C., costituitisi con l’atto di appello.

La M. aveva lamentato che il vicino T.R. aveva abbattuto e ricostruito un vecchio fabbricato, ampliandolo con un aggetto in direzione del vecchio varco dal quale si accedeva alla via pubblica, senza rispettare la distanza di 10 m. dal confine edificato e di mt. 5 da quello inedificato.

T. aveva resistito deducendo di aver solo parzialmente ristrutturato il fabbricato preesistente e aggiungendo che a causa della costruzione, avvenuta circa dieci anni prima, di un corpo di fabbrica M. sul lato ovest del fabbricato T., la propria costruzione sorgeva comunque su confine e non era soggetta alle distanze legali, dovendosi demolire la nuova costruzione edificata dall’attrice, perchè costruzione abusiva e in violazione delle distanze legali.

Aveva spiegato domanda riconvenzionale per il rispetto delle distanze violate dal corpo di fabbrica dell’attrice.

Il tribunale di Torre Annunziata ha rigettato entrambe le domande. La Corte di appello di Napoli, rinnovata la consulenza tecnica, ha in primo luogo respinto l’eccezione di carenza di legittimazione attiva di C.G., il quale aveva alienato alle

sorelle già nel 1994 le proprie quote del fabbricato comune, pervenutegli per successione paterna del 1990 e donazione materna di pochi giorni prima della morte di lei.

La Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello incidentale T., logicamente pregiudiziale.

Ha ritenuto che il T. a supporto della azione proposta, che egli qualifica negatoria servitutis, avrebbe dovuto provare che il fabbricato fosse stato costruito dopo l’approvazione nel gennaio 1981 del PRG di Pompei che prevedeva le distanze; che il fabbricato non risultava nelle mappe catastali fino al 1957, ma compariva nei rilievi aerofotogrammetrici già dal 1981.

La corte ha poi accolto l’appello Carotenuto, perchè ha ritenuto che il nuovo fabbricato, sebbene di 55 cm meno alto del precedente, costituisca non mera ristrutturazione del precedente, ma nuova costruzione per la parte eccedente il piano terra, avendo elevato con nuovi pilastri due diversi piani sopra il piano terra, in luogo dell’ammezzato e del primo piano preesistenti.

Ha quindi ordinato l’arretramento del fabbricato T. a 10 mt dalla costruzione attorea limitatamente alla parte frontista con il fabbricato indicato come autorimessa, cioè del nuovo fabbricato M. – C., ritenuto legittimo.

La Corte ha precisato che non poteva legittimarsi la costruzione sul confine, giacchè consentita solo in aderenza ad edifici esistenti.

Ha poi ordinato l’abbattimento di una copertura in lamiera posta dal convenuto su parte del viale comune.

T. ricorre con otto motivi.

I C. resistono con controricorso e ricorso incidentale condizionato, illustrati da memoria.

Parte ricorrente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Preliminarmente va esaminato e respinto il rilievo svolto da parte T., nel controricorso al ricorso incidentale, in ordine alla inammissibilità di quest’ultimo per violazione del principio di autosufficienza, mancata sommaria esposizione dei fatti di causa e mancata espressa richiesta di cassazione dell’impugnata sentenza.

I rilievi dipendono da una malintesa concezione del canone di specificità e completezza del ricorso per cassazione.

Esso non deve rispondere a una serie di formule precompilate, nè deve consistere nel riempimento di spazi mediante pedissequa copia di atti precedenti, ma è un’opera dell’ingegno i cui caratteri sono delineati agli artt. 360 c.p.c. e segg., al fine di far comprendere alla Corte quali sono le censure portate alla sentenza impugnata, nell’ambito dei vizi per i quali è ammessa la censura in cassazione.

Lo svolgimento è affidato alle regole di buona tecnica redazionale esposte in giurisprudenza e al dovere di rendere chiara l’indicazione dei fatti controversi, nonchè dei profili giuridici e di fatto delle doglianze svolte, senza inutili ripetizioni o superflue lungaggini.

Pertanto il ricorso incidentale, che verta sulla stessa questione controversa nel ricorso e in un corposo controricorso, non necessita di una nuova ripetitiva dettagliata esposizione degli atti di causa, ormai più che noti all’organo giudicante. Non necessita neppure di una formale richiesta di cassazione della sentenza impugnata nei termini attesi dal ricorrente, poichè se è chiara la richiesta, come nella specie, con la formulazione, fin dall’intestazione, di ricorso incidentale, è implicito e inequivocabile in essa la volontà della parte di ottenere che la sentenza impugnata sia cassata.

Quanto al difetto di autosufficienza, la trascrizione integrale degli atti di causa è necessaria soltanto per quella parte che sia di fondamentale e irrinunciabile rilevanza ai fini di far comprendere i termini esatti della pronuncia, i presupposti di essa e le censure svolte. Superflue e nocive sono trascrizioni integrali di atti di causa che non siano strettamente funzionali ai profili controversi, nella specie sufficientemente delineati.

2.1) E’ invece da chiedersi se sia inammissibile il ricorso principale.

Esso, seguendo una tecnica redazionale che mette in grandissima difficoltà l’organo giudicante, è stato composto (parte A) intervallando le prime 18 facciate (parte riservata all’esposizione di fatto) con centinaia di pagine che riportano la fotocopia di tutti gli atti e documenti di causa e così ostacolano la selezione delle parti che effettivamente compongono il ricorso; impediscono la rapida lettura; rendono difficoltosa la percezione del filo logico che prepara i motivi sviluppati nella parte B).

Tuttavia la accortezza grafica di distinguere le parti proprie del ricorso da quelle riproduttive di atti precedenti e la circostanza che la parte motiva sia stata vergata senza indebite inserzioni di atti integrali hanno consentito al Collegio di individuare, sia pur faticosamente, il contenuto dell’atto e quindi di esaminare il ricorso, che va considerato ammissibile.

Il ricorso per cassazione confezionato con l’assemblaggio di parti eterogenee del materiale di causa (cioè mediante l’inserimento in esso della sentenza impugnata e di atti e documenti dei pregressi gradi di giudizio, tra di loro giustapposti con mere proposizioni di collegamento) è infatti l’inammissibile soltanto quando ciò renda incomprensibile il mezzo processuale (cfr. Cass. 3385/16; 22185/15; 18363/15; 26277/13) nei sensi esposti dalla citata giurisprudenza.

3) Il primo motivo, secondo quanto si legge in ricorso, denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento in relazione alla norma contemplata dall’art. 102 c.p.c., “con riferimento alla circostanza che la corte di appello, nonostante si vertesse in un’ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., non ha ritenuto nulla la sentenza n. 275/2002 emessa dalla sezione stralcio del Tribunale di Torre Annunziata al termine del giudizio di prime cure oppure nullo il procedimento di prime cure svoltosi innanzi la sezione stralcio del tribunale di Torre Annunziata con riferimento alla circostanza che non tutte le parti titolari del diritto di proprietà risultavano costituite in giudizio impedendo così la pronuncia sulla domanda riconvenzionale spiegata dall’allora convenuto sig. T.R.”.

I ricorrenti sostengono che avrebbe dovuto essere disposta l’integrazione del contraddittorio in primo grado con i figli della M., signori C. che erano già parzialmente proprietari del bene per successione paterna apertasi nel 1990. Pertanto, si sostiene (pag. 23), che essi erano litisconsorti rispetto alla domanda riconvenzionale.

Inoltre vi sarebbe “manifesta dipendenza” della domanda principale da quella riconvenzionale.

Da ultimo, secondo il motivo svolto, il contraddittorio non potrebbe essere sanato dall’avvenuto intervento in appello dei tre odierni ricorrenti.

La censura è infondata.

Il ricorso riconosce che la questione viene sollecitata per la prima volta in sede di legittimità (pag. 23 penultimo capoverso).

Va pertanto rilevato che nell’ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in appello ed accetti la causa nello stato in cui si trova, chiedendo che sia così decisa, e nessuna delle altre parti resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non può rilevare d’ufficio il difetto di contraddittorio, nè è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma deve trattenerla e decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio fondamentale della ragionevole durata del processo (Cass. 23701/14).

4) Il secondo motivo denuncia ex art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione della norma contemplata dall’art. 100 c.p.c., con riferimento alla circostanza che la corte di appello di Napoli “non ha ritenuto carente di legittimazione ad impugnare il sig. C.G. nonostante non fosse più comproprietario del cespite relitto dalla propria dante causa sig.ra M.C.”.

Secondo i ricorrenti già prima della morte della madre ((OMISSIS)) C.G. aveva ceduto alle sorelle (in data (OMISSIS)) la propria quota di proprietà del fabbricato.

Anche questo motivo è infondato: in primo luogo va rilevato che esso è contraddittorio con il precedente, in cui si affermava che al momento dell’instaurazione della lite, G., era comproprietario e quindi litisconsorte.

In tale veste, ormai acquisita in causa, la sua qualità di parte restava consolidata ex art. 111 c.p.c.: dunque, anche dopo la vendita aveva diritto di partecipare al giudizio anche perchè interessato all’esito della lite, quantomeno per assicurarsi di avere venduto un bene non soggetto ad azioni pregiudizievoli da parte di terzi. Inoltre era interessato al giudizio quale erede legittimario della M., quantomeno per le obbligazioni potenzialmente derivanti dalla madre sua dante causa in relazione al giudizio di primo grado.

5) Il terzo motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della norma contemplata dall’art. 873 c.c., con riferimento alla circostanza che la corte di appello di Napoli “sebbene nei due precedenti gradi di giudizio sia emersa non solo la preesistenza del manufatto di proprietà del sig. T.R. rispetto al manufatto attualmente di proprietà delle sig.re C.M. e V. ma anche la realizzazione contra legem di quest’ultimo manufatto prima dell’entrata in vigore del p.r.g. del comune di Pompei, avvenuta in data 21.01.1981, non ha ritenuto che al sig. T.R. spettasse la tutela ripristinatoria e risarcitoria nonostante l’inosservanza ad opera della sig.ra M.C. della distanza legale nelle costruzioni pari a tre mt. prevista dall’art. 873”.

La Corte di appello ha respinto la domanda riconvenzionale di T.R., che lamentava la costruzione a distanza illegale di un corpo di fabbrica M. in corrispondenza del lato ovest del proprio fabbricato. Dall’illegittimità di tale costruzione l’odierno ricorrente fa dipendere la legittimità della propria, ove considerata come nuova costruzione, in quanto non più soggetta alle distanze dalle costruzioni.

La Corte (pag. 9) ha valorizzato la circostanza che l’appellato (attore in riconvenzionale) non aveva dato prova dell’epoca di costruzione del locale adibito ad autorimessa dalla M. e quindi della sussistenza delle condizioni tali per rendere applicabile la distanza legale prevista dal PRG di Pompei, approvato nel gennaio 1981, di cui aveva “invocato il rispetto”.

Il ricorrente ha buon giuoco nel rilevare che in tal modo la Corte ha trascurato di esaminare un altro dei profili di illegittimità dell’opera denunciata, il profilo relativo al vincolo contenuto nell’art. 873 c.c., per mancato rispetto della distanza di tre metri dal proprio preesistente fabbricato.

La censura è fondata, perchè la distanza di cui all’art. 873 c.c., poteva risultare applicabile, essendo l’immobile T. sicuramente anteriore: il ricorso evidenzia infatti che risale al 1947 la donazione per notaio B. richiamata nella ctp (ricorso pag. 29), mentre l’autorimessa appare solo nel 1981 dai rilievi aerei fotogrammetrici, secondo quanto si legge in sentenza impugnata.

Quanto alla distanza, il ricorso evidenzia che essa era inferiore a 2,30 mt secondo le ctu acquisite in atti e quindi a distanza inferiore a quella codicistica.

Le difese di parte C. non riescono a neutralizzare la rilevanza di questi rilievi. Viene affermato che la data del garage non era accertata, ma a tal fine viene citata la sentenza del tribunale (anno 2002) che parlava di garage risalente a 40 anni prima, epoca che era comunque successiva al 1947 e che comunque andava confrontata con quella della costruzione T., preesistente alle controverse opere.

La sentenza di appello è incorsa nella violazione di legge per non avere esaminato il profilo ex art. 873 c.c, ma solo quello ex PRG; non ha dunque vagliato il caso secondo le leggi astrattamente applicabili, che richiedevano anche un più puntuale accertamento di fatto.

6) L’accoglimento di questo motivo di ricorso impone il rinvio dalla causa al giudice di appello, restando assorbiti sia i restanti motivi di ricorso, sia il ricorso incidentale condizionato.

Il ricorso principale per la restante parte ruota infatti sotto vari profili sempre intorno alla violazione dell’art. 873.

Il ricorso incidentale condizionato chiede che ove venga ritenuto il confine C. inedificato (come preteso dal T.), venga disposta, trattandosi di confine inedificato, l’applicazione dell’art. 17 del PRG del Comune di Pompei e, pertanto, l’obbligo del rispetto di una distanza pari al doppio dell’altezza del fabbricato di mt. 19,60 “con la relativa demolizione per tutto il confine inedificato C..”

Poichè la questione non sembra esser stata oggetto di esame in sentenza, essa era comunque riproponibile davanti alla Corte di appello e non propriamente bisognosa di ricorso incidentale, come ha osservato la stessa parte ricorrente.

Il giudice di rinvio, altra sezione della Corte di appello di Napoli, provvederà quindi a riesaminare le questioni controverse che dipendono dall’accoglimento del terzo motivo, il quale impone in primo luogo di stabilire se il manufatto C. si trovasse legittimamente, alla data in cui è stato oggetto della pretesa di controparte, alla distanza legale anche in relazione alla controversa applicabilità del disposto di cui all’art. 873 c.c., riesaminando anche quanto, dipendente da questa questione, prospettato nei motivi dei ricorsi per cassazione considerati assorbiti.

La Corte partenopea provvederà anche sulle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso principale. Accoglie il terzo motivo. Dichiara assorbiti gli altri. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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