Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25772 del 15/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 25772 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA
sul ricorso 2787-2013 proposto da:
MODICA TERESA LIVIA MARIA (MDCTSL43P52L8280)
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CALABRETTA
PAOLO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
CAVARRA ENZO;

– intimato avverso la sentenza n. 96/2012 della CORTE D’APPELLO di
CATANIA, depositata il 23/01/2012;

Data pubblicazione: 15/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;
è presente il P.G. in persona del Dott. AURELIO GOLIA.
CONSIDERATO IN FATTO

Siracusa – Sezione distaccata di Augusta, conseguente alla
proposizione da parte di Teresa Livia Maria MODICA nei
confronti di Enzo CAVARRA di domanda di accertamento della
nullità assoluta del contratto di vendita per atto notarile
del 17.2.1982 avente ad oggetto terreno sito in Augusta,
c.da Arcile, di cui era stato effettuato un frazionamento
abusivo, in assenza di un piano di lottizzazione approvato
e convenzionato, nella resistenza del convenuto che
eccepiva la natura agricola del fondo acquistato (che
pertanto non rientrava nella disciplina della lottizzazione
abusiva a fini edificatori), il Tribunale adito, con
sentenza n. 163 del 2005, rigettava la domanda attorea sul
presupposto della carenza di prova in ordine alla dedotta
esistenza di una lottizzazione abusiva. Avverso la
menzionata sentenza proponeva appello la MODICA, lamentando
la erroneità della decisione del giudice di prime cure per
avere ritenuto applicabile alla specie l’art. 31 della
legge n. 1150 del 1942, contemplante ipotesi di nullità
relativa, come tale rilevabile unicamente dall’acquirente
in buona fede, e nella resistenza dell’appellato, il quale

Ric. 2013 n. 02787 sez. M2 – ud. 27-09-2013
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Nel giudizio di primo grado, svolto dinanzi al Tribunale di

eccepiva la inammissibilità della documentazione prodotta
unitamente all’atto di appello, la Corte di appello di
Catania, riteneva l’infondatezza del gravame e con
sentenza n. 96/2012 (depositata il 23 gennaio 2012)

Con ricorso notificato il 7 gennaio 2013, Teresa livia
Maria MODICA ha impugnato per cassazione la richiamata
sentenza della Corte di appello di Catania (non notificata)
prospettando sei motivi.
Con il primo motivo ha denunciato, con una complessa
censura, sia la nullità della sentenza in relazione
all’art. 345 c.p.c. ratione temporis vigente, sia la
violazione – ed in subordine falsa applicazione – dell’art.
345 c.p.c., ratione temporis vigente, nonché dell’art. 12
delle preleggi sia l’omessa o insufficiente motivazione su
un punto decisivo ai fini del giudizio.
Con il secondo motivo ha dedotto la nullità della sentenza
impugnata o del procedimento per violazione degli artt.
112, 210, 213 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 31 legge
n. 1150/1942 (come modificata dall’art. 10 della legge n.
765/1967).
Con il terzo motivo ha denunciato la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 31 della legge n. 1150 del 1942
(come modificata dall’art. 10 della legge n. 765 del 1967),

Ric. 2013 n. 02787 sez. M2 – ud. 27-09-2013
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confermava la decisione di primo grado.

dell’art. 47 della legge n. 47 del 1985, dell’art. 1418
c.c. e dell’art. 12 delle preleggi.
Con il quarto motivo ha lamentato la omessa e/o
insufficiente motivazione su un fatto controverso e

Con il quinto mezzo ha dedotto la violazione – ed in
subordine falsa applicazione – dell’art. 10, comma 4, della
legge n. 765/1967 (abrogato dall’art. 18 della legge n. 47
del 1985) e dell’art. 15, comma 7, della leffe 28.1.1977 n.
10.
Con il sesto mezzo ha censurato la violazione o falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonché degli artt.
130 e 131 del D.P.R. n. 115 del 2002.
L’intimato non si è costituito nel giudizio di legittimità.
Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377
c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis
c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso.
All’udienza camerale il Procuratore Generale ha rassegnato
conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.
RITENUTO IN DIRITTO
Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le
conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c.
che di seguito si riporta:

“Con il primo mezzo la

ricorrente ha dedotto, sotto vari profili, censure per non
avere la corte di merito tenuto conto ai fini de/ decidere

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decisivo.

della copiosa documentazione da lei prodotta in grado di
appello, del tutto incoerentemente con la formula dell’art.
vigente alla data

345, comma 3, c,p.c. nel testo

di

proposizione dell’appello (ossia ottobre 2006).

Si osserva, in termini opposti

a

quanto invoca

parte

ricorrente, che nel giudizi come il presente instaurati
dopo il 30 aprile 1995, con riguardo alla produzione
nuovi documenti in grado di appello,

/’art.

di

345 c,p.c.,

comma 3, va interpretato nel senso che esso fissa sul plano
generale il principio della inammissibilità di mezzi di
prova

nuovi – la cui ammissione, cioè, non sia stata

richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni
documentali, indicando nello stesso tempo i /imiti dl tale
regola, con il porre in via alternativa

i requisiti che

tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono
presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame
(sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza,
mediante

specifica indicazione degli stessi nell’atto

introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la
loro formazione non sia successiva e la loro produzione non
sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto
dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione
che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad
esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice

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Il motivo non appare meritevole di accoglimento.

della indispensabilità degli stessi

per

la decisione

(Case., sez. un., 20 aprile 2005, n. 8203; Case. 26 giugno
2007 n. 14766; Casa. 8 marzo 2007, n. 5323; Casa, 16
febbraio 2007, n. 3644; Caos. 7 luglio 2006, n. 15514;

Nessuno di

detti

requisiti ricorre nella specie

trattandosi dí documenti preesistenti alla introduzione del
giudizio, volti a fornire la prova di circostanze dedotte
dalla stessa originaria attrice a fondamento dalle proprie
ragioni avanti al giudice

di

prime cure (pretesa

lottizzazione non autorizzata del terreno venduto dalla
MODICA al resistente).
Con il secondo motivo viene denunciato il mancato
esercizio di poteri officlosi al

fini

dell’acquisizione

della documentazione diretta a provare l’esistenza di opere
di lottizzazione non autorizzate.

Anche detta censura non può trovare ingresso.
Al riguardo mette conto di premettere che il potere di cui
all’art. 213 c.p.c. non à sostitutivo dell’onere probatorio
incombente alla parte, con la conseguenza che può essere
attivato

soltanto quando sia necessario acquisire

informazioni relative ad atti o documenti dellajp.a. che la
parte sia impossibilitata a fornire. Ora, à appena il caso
di osservare che nella specie si

tratta di documenti che

vengono formati dall’Amministrazione locale su impulso di

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Case. 28 marzo 2006, n. 76073, tra le tantissime)

parte, per cui la stessa è ben in grado di acquisire le
informazioni relative

a procedimento di interesse di un

bene di cui è proprietaria (o che almeno in passato è stata
titolare di un tale diritto). Giova aggiungere che

alla p.a.

le informazioni

relative ad atti

e documenti

della stessa che sia necessario acquisire al processo,
costituisce peraltro una facoltà rimessa alla
discrezionalità del giudice, il cui mancato esercizio non è
censurabile in sede di

legittimità

(cfr Cass. n.

3720/2011).
Il terzo ed il quarto motivo, da

trattare

congiuntamente per la loro stretta connessione, denunciano
l’erroneo inquadramento della

fattispecie in

esame sia

sotto il profilo della violazione di legge sia quale vizio
di motivazione.
La complessiva censura è inammissibile là dove non
identifica il vizio del procedimento logico seguito dal
giudice del gravame – mettendone in luce, in via di
ipotesi, la insufficienza o la mancanza su un punto
essenziale della controversia o, anche, la
contraddittorietà

rispetto

alle premesse

dell’argomentazione – ma si limita a non condividerne í
risultati interpretativi, adducendo un’erronea ricognizione
del dati di causa attestanti l’esistenza di un piano di.

Ric. 2013 n. 02787 sez. M2 – ud. 27-09-2013
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l’esercizio del potere in questione, di chiedere d’ufficio

lottizzazione, in cui era ricompreso il terreno oggetto

di

cui all’elenco alle pagine 37-38-39 del

vendita (di

di merito ha

ricorso), senza tenere conto che la corte
confermato che nessuna prova della esistenza

di opere di

offerta dalla attrice. Del resto l’unico documento da cui
potrebbe risultare indiziariamente

detta

circostanza è

quello relativo alla pratica edilizia n. 156/96 (pag. 39 punto 6 del ricorso), prodotto però solo in appello.
Quanto poi al profilo che denunzia l’esistenza di
violazione

di

legge, deve rilevarsi innanzitutto che la

lottizzazione abusiva degli
1942 n. 1150 e 17 lettera 12)

artt.

28, 41 legge 17 agosto

legge 28 gennaio 1977 n. 10

viola insieme l’interesse generale al regolare svolgimento
del processo di trasformazione del territorio e la riserva
di programmazione stabilita dalla legislazione urbanistica
in favore dell’autorità comunale (v. Caso. Penale sez. III
15.6.1983);

l’invalidità dell’atto traslativo del terreno

contemplata dall’art. 31 comma 4 della legge 17 agosto 1942
n. 1150 nel testo fissato dall’art. 10 della legge 6 agosto
1967 n. 765 tutela la circolazione dei beni e demandà alle
parti interessate l’accertamento delle cause che potrebbero
inficiare il negozio.
Ciò posto, l’erroneità dell’assunto di partenza della
ricorrente sta nel fatto che per la configurazione della

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urbanizzazione o della loro progettazione sarebbe stata

lottizzazione c.d. negoziale

o, indiziarla, così

denominata per la necessità di una ricerca della direzione
della volontà dei soggetti a derogare le previsioni
dell’assetto urbanistico del terreno – la quale costituisce

consapevoli

tentativi di

aggirare le previsioni

urbanistiche e di derogarvi, nella sistematica della legge
non è sufficiente l’atto di iniziativa privata se ad esso
non si accompagni un’ulteriore, pur se connessa,

attività

e come tale immediatamente perc epibile

diretta

all’inveramento di tale scopo derogatorio delle previsioni
urbanistiche.
Posto quanto precede, la interpretazione di legittimità in
merito

al requisiti minimi per aversi lottizzazione

negoziale ricomprende un’attività che non sia solo
univocamente

diretta

alla deroga

di

prescrizioni

urbanistiche, ma che sia altresì idonea – per le forme
negoziali scelte – ad incidere sull’assetto urbanistico.
Essenziale dunque

appare

il concreto frazionamento

una difesa avanzata che l’ordinamento appresta contro i

negoziale che non può rinvenirsi nel nero scorporo di un
appezzamento minore da uno maggiore, pur con la previsione
del futuro – e sperato – inserimento nella urbanizzazione
di cui

era pendente l’approvazione, perché la direzione

della volontà a porre in essere una condotta potenzialmente
lesiva

(vendita di più lotti) deve essere indagata nelle

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sue manifestazioni concrete e soprattutto nel suo carattere
univoco (v. Caos. 4 dicembre 1999 n. 13569; Casa. 17
febbraio 2004 n. 3004).

Del pari à infondata la quinta censura, con la quale
invalidità

dell’atto traslativo del

terreno con riferimento alla normativa che disciplina gli
insediamenti urbanistici, per essere l’acquirente
pienamente consapevole della abusività della lottizzazione,
in

difetto

senso

di prova dell’esistenza di lottizzazioni in

stretto,

configurabili laddove sussistano fondi

destinati ad insediamenti edilizi urbani, id est alla
realizzazione di una pluralità di edifici residenziali o
turistici o industriali che di necessità abbia comportato
la previsione, la progettazione e l’esecuzione di opere

di

urbanizzazione non solo primaria ma anche secondaria (Caso.
27 marzo 1998 n. 3247; Case. 2 giugno 1993 n. 6168; Case. 4
febbraio 1992 n. 1194; Cass. 29 marzo 1989 n. 1521; Caso.
10 luglio 1985 n. 4107; Cass. 20 giugno 1985 n. 3710; Cass.
27 gennaio 1983 n. 739).
Il sesto motivo denuncia la violazione del principi in
tema di attribuzione delle spese processuali, oltre a
quella della disciplina della liquidazione di cui al T.U.
delle spese di giustizia per essere la ricorrente stata
ammessa al gratuito patrocinio.

Ric. 2013 n. 02787 sez. M2 – ud. 27-09-2013
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viene denunciata la

Esso è infondato sotto entrambi i profili: in primo luogo
correttamente le spese di entrambi i gradi di giudizio sono
state poste a carico della ADDICA, stante la soccombenza
della

Quanto,

infine, alla doglíanza

relativa

al carico delle

spese legali in relazione alla parte ammessa al patrocinio
a spese dello Stato, questa Corte, con la recente ordinanza
19 giugno 2012, n. 10053, alla quale va data continuità, ha
affermato che il patrocinio

a

spese dello Stato nel

processo civile, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, art. 74, camma 2, vale solo per le spese da addossare
allo Stato per la parte ammessa al gratuito patrocino, ma
non anche quando detta parte sia condannata

a

pagare

all’altra parte risultata vittoriosa, perché “gli onorari e
le spese” di cui all’art. 131 del citato D.P.R., sono solo
quelli dovuti al difensore della

parte

assistita dal

beneficio, che lo Stato si impegna ad anticipare, senza che
si possa considerare estesa tale assistenza fino a
ricamprendere anche le spese conseguenti alla soccombenza.
Ne deriva che la ricorrente non può invocare gli

effetti

favorevoli previsti dal T:à. n. 115 del 2002 per l’Erario.
In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le
condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380

Ric. 2013 n. 02787 sez. M2 – ud. 27-09-2013
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stessa.

bis c.p.c.,

ravvisandosi la possibile manifesta

infondatezza dei motivi del ricorso.”.
Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di
cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche di

modo le deduzioni fatte pervenire dalla parte
personalmente a mezzo posta (né ha rilievo la rinuncia al
mandato difensivo del procuratore depositato il
19.9.2013), sono condivisi dal Collegio, e, pertanto, il
ricorso va rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di
cassazione, non costituito l’intimato.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte di Cassa ione 27
settembre 2013.

sorta, non potendo essere prese in considerazione in alcun

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