Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25772 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. III, 13/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25772

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4124-2019 proposto da:

B.M.J., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA COLA

DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA NARDONE, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SALVATORE SCARANO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CABRAS, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO

MONTANARI, domiciliazione p.e.c. alessandro.montanari.gmail.com;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 801/2018 del TRIBUNALE di ORISTANO, depositata

il 05/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.M.J. si opponeva a una cartella esattoriale cui erano sottese violazioni al codice stradale, deducendo, in particolare, l’omessa notifica del verbale di accertamento presupposto e comunque l’insussistenza dell’infrazione;

il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione quale proposta; e compensava le spese di lite;

il Tribunale, pronunciando sull’appello principale di B., limitato alla compensazione delle spese, ma anche su quello incidentale ritenuto proposto sul merito dal Comune, convenuto insieme all’esattore, riformava la decisione di primo grado, rilevando che il Giudice di Pace aveva accolto la domanda intendendo la mancata notificazione del verbale di accertamento quale vizio che si rifletteva sulla regolarità della notifica della cartella, sicchè, trattandosi di opposizione formale, avrebbe dovuto essere ritenuta tardiva perchè oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c.;

aggiungeva il giudice di appello che, in ogni caso, l’opposizione era tardiva anche in chiave recuperatoria, perchè introdotta oltre il termine stabilito dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 “ratione temporis” applicabile, fermo restando che, come emerge peraltro solo dalla sentenza qui gravata, i motivi ulteriori, con cui l’opponente si lamentava, in modo valutato generico, dell’irregolare formazione del ruolo e della cartella, dichiarati assorbiti in prime cure, non erano stati riproposti;

avverso questa decisione ricorre per cassazione B.M.J. articolando cinque motivi;

resiste con controricorso il Comune di Roma;

le parti hanno depositato memorie;

il Pubblico Ministero, con la sua requisitoria scritta, chiede il rigetto del ricorso, previa correzione della motivazione.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e quella dell’intervenuto giudicato, poichè il Tribunale avrebbe errato, ledendo il diritto di difesa del deducente, nel ritenere proposto, da parte del Comune, un appello incidentale, come confermato sia dall’intestazione dell’atto di parte, indicato come di mera costituzione, sia dalla dichiarazione ai fini fiscali del c.d. contributo unificato, che escludeva la proposizione di domande riconvenzionali o chiamate in causa ulteriori, sia dalle allegazioni fatte a verbale dalla difesa dell’ente;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 292 e 331 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che l’appello incidentale ritenuto proposto dal Comune avrebbe dovuto essere notificato al riscossore quale parte non costituita in appello, come invece non era avvenuto nè era stato richiesto che avvenisse da parte dell’ente locale;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che il Comune, in prime cure, si era costituito tardivamente, dopo che il processo era stato rinviato per la discussione, sicchè, stante il rito laburistico, le produzioni documentali della controparte, avrebbero dovuto ritenersi tardive;

con il quarto motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che l’opposizione c.d. recuperatoria, in quanto contenente contestazioni, non vagliate, afferenti al merito della pretesa sanzionatoria, sarebbe stata tempestiva in ragione del principio di scissione da applicare alle notificazioni;

con il quinto motivo si prospetta l’erronea quantificazione delle spese processuali liquidate dal Tribunale secondo valori medi piuttosto che minimi, tenuto conto dell’esigua portata della lite, e inoltre del fatto che il Comune in prime cure aveva assistito solo alla lettura del dispositivo e e in secondo grado non aveva espletato alcuna istruttoria;

Rilevato che:

il primo motivo di ricorso è manifestamente inammissibile;

come osservato anche dal Pubblico Ministero, la parte non riporta il tenore delle deduzioni del Comune in appello, cui si riferisce genericamente con richiami a commento senza permetterne la verifica;

peraltro, l’erronea interpretazione delle domande e delle eccezioni e così pure, pertanto, delle deduzioni configurabili quali appello incidentale, non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), come fatto dal ricorrente, perchè non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (cfr., di recente, Cass., 03/12/2019, n. 31546);

in ogni caso è opportuno evidenziare che anche nell’ottica dell’affermata ultrapetizione la conclusione sarebbe stata la medesima: questa Corte ha infatti chiarito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, per cui il ricorrente non è dispensato dall’onere di dettagliare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale precisazione dev’essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sicchè il ricorrente non può limitarsi a rinviare all’atto di processuale medesimo, ma deve riportarne compiutamente il contenuto nella misura necessaria a evidenziarne la pretesa errata valutazione ovvero obliterazione da parte del giudice di merito (cfr. Cass., 25/09/2019, n. 23834, Cass., 29/09/2017, n. 22880);

va poi sottolineato che, naturalmente, nessun rilievo decisivo avrebbero potuto avere aspetti formali quali l’intestazione dell’atto di parte o le dichiarazioni ai meri fini fiscali;

il secondo motivo è infondato;

come chiarito anche dalla giurisprudenza evocata da parte ricorrente (Cass., 28/03/2017, n. 7886), la necessità di notifica dell’appello incidentale sussiste, a norma dell’art. 331 c.p.c., nelle cause inscindibili, quale, come pure ritenuto dall’organo requirente, non è quella in esame, per quanto ancora “sub iudice” sia l’estinzione del credito anteriore alla notifica della cartella (cfr.: Cass., 02/02/2012, n. 1532, che sottolinea come qualora sia impugnata una cartella esattoriale emessa dal concessionario per la riscossione, per motivi che attengono alla mancata notifica degli atti presupposti, si può agire indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo, ed essendo rimessa al concessionario la facoltà di chiamare in giudizio l’ente in parola; Cass., 26/02/2019, n. 5625, in cui è precisato che l’agente per la riscossione non è litisconsorte necessario nella controversia avente ad oggetto esclusivamente il diritto di credito originario, perchè l’eventuale annullamento della cartella per vizi “sostanziali” produce comunque effetti “ultra partes” verso l’esattore, senza necessità che questi abbia partecipato al processo; cfr., nella giurisprudenza di questa sezione, Cass., 21/01/2005, n. 1278 e succ. conf.; orientamento conforme a Cass., Sez. U., 25/07/2007, n. 16412);

nell’opposizione c.d. recuperatoria, infatti, la contestazione è diretta ad esplicare le difese che, se il verbale di accertamento fosse stato ritualmente notificato, avrebbero potuto articolarsi in ordine all’insussistenza del credito, prima che alla legittimità dell’azione propriamente esecutiva, trattandosi, come condiviso dalla medesima parte qui ricorrente, dell’opposizione di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 (cfr., Cass., Sez. U., 22/09/2017, n. 22080, e succ. conf.); e comunque, nelle cause scindibili, l’omessa notifica dell’appello incidentale al contumace può farsi valere esclusivamente da questi:

il quarto motivo, da scrutinare prima del terzo per ragioni logiche, è inammissibile;

se non vi fosse stata impugnazione incidentale, per mantenere “sub iudice” il merito dell’opposizione, l’appello principale sulle sole spese processuali non avrebbe permesso alcuna valutazione sulla tempestività dell’opposizione, ostandovi un giudicato interno (Cass., 27/03/2019, n. 8458, cui si rimanda per la ricostruzione);

essendovi stato, dunque, appello incidentale, la questione è ancora giudicabile, e anzi rilevabile officiosamente;

ora, parte ricorrente afferma che stante la scissione degli effetti della notificazione della cartella tra notificato e notificante, l’opposizione sarebbe stata tempestiva, in chiave c.d. recuperatoria, a mente dei principi di Cass., n. 22080 del 2017, sopra citata, qui applicabili posto che, come evidenzia pure il Pubblico Ministero, l’opposizione avrebbe dovuto essere qualificata tale essendo stata dedotta la mancata notifica del verbale produttiva dell’estinzione della pretesa sanzionatoria;

la censura, però, non chiarisce neppure di quale modalità notificatoria non meglio compiutamente descritta nè riportata – si sia trattato, quando e come lo specifico tema risulti allegato nelle previe fasi di merito e dove siano reperibili, per la verifica, i documenti che sul punto siano stati prodotti, con conseguente aspecificità per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469), fermo che, se la sequenza in parola fosse stata, in tesi, di notifica per c.d. compiuta giacenza, la stessa si sarebbe perfezionata, per il destinatario, decorsi i dieci giorni previsti dal deposito presso l’ufficio postale e non dal ritiro effettuato a discrezione del c.d. notificato (L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4);

al riguardo deve inoltre sottolinearsi che le integrazioni contenute, sul punto, nella memoria di parte, meramente illustrativa, non possono essere in alcun modo utili a colmare le lacune del ricorso (cfr., da ultimo, Cass., Sez. U., 09/03/2020, n. 6691);

deve poi rimarcarsi che, una volta rimasto “sub iudice” il merito in senso proprio dell’opposizione, restava comunque in capo all’opponente l’onere di provarne la tempestività, quale momento costitutivo dell’azione svolta, sicchè a nulla rileva che solo il Comune avesse, in tesi, prodotto i correlativi documenti;

ne discende il dirimente profilo d’inammissibilità;

il terzo motivo è pertanto assorbito;

il quinto motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;

la scelta dei valori medi dei parametri per la liquidazione delle spese di lite rientra, all’evidenza, nella discrezionalità del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità (Cass., 10/05/2019, n. 12537);

quanto poi alle attività istruttorie, le stesse sono afferenti anche alle produzioni documentali;

al contempo, va sottolineato che il Comune si costituì e non restò contumace in primo grado;

ciò detto, per il resto la censura è anche generica non riportando specificatamente le attività difensive della controparte; spese secondo soccombenza; e raddoppio contributo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 1.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie, e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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