Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25771 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.14/12/2016),  n. 25771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15400/2015 proposto da:

M.B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ARCHIMEDE 122, presso lo studio dell’avvocato FABIO MICALI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO MICALI giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELLECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 264/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

19/02/2015, depositata il 04/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’08/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Mauro Ricci difensore del controricorrente che si

riporta ai motivi scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 8 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 4.3.2015, la Corte di appello di Messina accoglieva per quanto di ragione il gravame proposto da M.B.A. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda del predetto di riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità, in quanto, pure essendone stata riconosciuta la condizione di totale invalidità, utile ad integrare il requisito sanitario, era carente il requisito reddituale richiesto dalla legge sino al 28.6.2013, epoca a partire dalla quale era da ritenere rilevante il solo reddito individuale.

La Corte osservava che il D.L. n. 76 del 2013, all’art. 10, comma 5, aveva previsto che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati ed invalidi civili di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12, fosse calcolato con riferimento al reddito personale, con esclusione di quello percepito da altri componenti del nucleo familiare, e che tale limite si applicasse anche alle domande di pensione in relazione alle quali non fosse intervenuto un provvedimento definitivo alla data di entrata in vigore della norma (28.6.2013), limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza pagamento di arretrati e senza recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della stessa disposizione. Doveva quindi considerarsi che la disposizione era applicabile al procedimento in corso ma senza il pagamento di importi arretrati, sicchè occorreva fare riferimento ancora al reddito familiare per il riconoscimento dei ratei della prestazione antecedenti all’entrata in vigore dell’innovazione, mentre solo per la concessione dei ratei di pensione relativi al periodo successivo poteva aversi riguardo al reddito personale.

Considerato che l’appellante aveva conseguito un reddito cumulato con quello del coniuge superiore al limite annualmente fissato, la prestazione non poteva essere riconosciuta prima della data anzidetta. Per la cassazione di tale decisione ricorre il M., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS.

Il M.E.F. è rimasto intimato.

Con il primo motivo, il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e segg. e della L. 9 agosto 2013, n. 99, art. 10, rilevando che la prova degli ulteriori requisiti reddituali debba esse data solo qualora le parti resistenti, ritualmente costituite in giudizio, abbiano expressis verbis contestato la sussistenza in capo al ricorrente dei suddetti requisiti. Per quanto attiene ai limiti reddituali richiesti per il riconoscimento del beneficio de quo, rileva che la L. 9 agosto 2013, n. 99, all’art. 10, è intervenuta a risolvere il contrasto interpretativo relativo alla individuazione del requisito economico richiesto per la pensione, escludendo il cumulo dei redditi dei coniugi, senza alcuna esclusione dei periodi antecedenti l’entrata in vigore della stessa. Tale limite deve ritenersi valevole anche per il riconoscimento del diritto alle pensioni di invalidità aventi decorrenza antecedente, poichè la disposizione si applica espressamente anche alle domande anteriori alla sua entrata in vigore, con il solo limite del giudicato.

Alla stregua di tali rilievi, ritiene che l’appello dovesse essere accolto integralmente, con riconoscimento del beneficio a far data dal gennaio 2010, non superando l’assistito il limite annualmente fissato per la prestazione assistenziale richiesta.

Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rilevando che la Corte del merito non ha dato contezza dell’iter seguito per negare la prestazione in data antecedente al 1.7.2013.

Il ricorso è manifestamente infondato.

In primo luogo deve essere disatteso il rilievo secondo cui la questione relativa al reddito non era stata mai eccepita dall’Istituto e pertanto l’esame ne rimaneva precluso, in quanto il requisito reddituale integra un elemento costitutivo del diritto fatto valere, la cui mancanza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, salvi gli effetti del giudicato interno, formatosi ove il giudice di primo grado abbia accolto la domanda all’esito della verifica del solo requisito sanitario e per effetto della mancata impugnazione della decisione implicita in ordine alla sussistenza degli altri requisiti (cfr. Cass. 13055/2013, conforme a Cass. n. 11914/2003, Cass. n. 14035/2002, Cass. n. 7716/2001).

Nella specie si versa al di fuori di tale ipotesi, atteso che la domanda era stata rigettata dal Tribunale.

Quanto alle ulteriori doglianze, da trattarsi congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne rappresentano l’oggetto, è sufficiente richiamare il principio reiteratamente affermato da questa Corte in numerosi precedenti (cfr. tra gli altri, Cass. n. 6262 del 2014, n. 6534 del 2014, n. 9391 del 2014, n. 1997 del 2016), alla cui stregua “ai fini della sussistenza del requisito reddituale per il riconoscimento della pensione di inabilità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12, D.L. n. 76 del 2013, art. 10, comma 5, conv. con modif. in L. n. 99 del 2013, secondo cui assume rilievo il solo reddito personale dell’invalido e non più quello degli altri componenti il nucleo familiare, trova applicazione, ai sensi del comma 6 dello stesso articolo, anche alle domande amministrative già presentate ed ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data della sua entrata in vigore, limitatamente al riconoscimento del diritto alla pensione e con esclusione del pagamento di importi arretrati, sicchè, in tali casi, l’erogazione della prestazione spetterà sulla base del reddito personale dal 28 giugno 2013 in poi e sulla base del reddito familiare per il periodo antecedente”.

La Corte di Messina, nel pervenire all’accoglimento parziale del gravame, si è attenuta a tale principio, sicchè devono essere ritenuti privi di fondamento i rilievi tendenti ad affermare la rilevanza del reddito individuale anche per il periodo precedente al 1.7.2013. Al riguardo si richiamano le motivazioni espresse nell’ordinanza 11.2.2016 n. 2707 ( L. – INPS) resa da questa Corte in giudizio sovrapponibile a quello per cui è causa, motivazioni integralmente richiamabili per pervenire al rigetto del presente ricorso.

In tale senso la proposta del relatore”

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ciò comporta la reiezione del ricorso del M..

Le spese del presente giudizio di legittimità vanno dichiarate irripetibili nei riguardi dell’INPS, stante l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c. (vi è allegata dichiarazione sottoscritta dalla ricorrente richiamata in ricorso). Nulla va statuito nei confronti del MEF, rimasto intimato.

Attesa la proposizione del ricorso in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, vigente il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve rilevarsi, in ragione del rigetto dell’impugnazione, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’indicata normativa, posto a carico del ricorrente (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità nei confronti dell’INPS. Nulla per le spese nei confronti del M.E.F..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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