Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25770 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. III, 13/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27499-2016 proposto da:

ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI

GIOVE n. 21, presso gli UFFICI DELL’AVVOCATURA COMUNALE,

rappresentato e difeso dell’avvocato ENRICO MAGGIORE;

– ricorrente –

contro

B. SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DANDOLO, 74,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FERMANELLI, che la

rappresenta e difende;

N.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE

n. 88 in ROMA, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO IOVINO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5644/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

N.A.M. conveniva in giudizio il Comune di Roma per ottenere il risarcimento dei danni alla persona subiti per essere caduta a terra, mentre percorreva una strada comunale, a causa di una buca presente sul marciapiede;

il Comune, nel resistere alla domanda, otteneva la chiamata in causa della B. s.r.l. quale appaltatrice dei lavori di manutenzione stradale; e quest’ultima parimenti si costituiva opponendosi alle pretese svolte nei propri confronti dall’ente locale in termini d’imputazione esclusiva della responsabilità ovvero manleva;

il Tribunale, escluso che il contratto di appalto potesse esonerare l’ente locale dalla responsabilità custodiale, rigettava la domanda ritenendo interrotto il nesso causale per caso fortuito integrato dalla condotta colposa, per imprudenza, posta in essere dalla vittima che, percorrendo la strada da lei ben conosciuta, in uscita da una palestra, non si avvedeva, come avrebbe potuto fare prestando idonea attenzione, della sconnessione presente;

la Corte di appello per un verso affermava essersi formato il giudicato interno sulla qualificazione della domanda ex art. 2051 c.c., per altro verso riformava la decisione di prime cure con opposta lettura dei fatti allegati, disattendendo, d’altra parte:

-sia la domanda del Comune d’imputazione esclusiva della responsabilità alla B. s.r.l., per mancanza d’idonea censura in ordine alla carenza di prova, ritenuta in prime cure, riguardo alla riconduzione all’appaltatrice della manutenzione del tratto di marciapiede lungo il quale era avvenuto il sinistro, con conseguente assorbimento della questione sull’estensione automatica della domanda attorea nei confronti della chiamata in causa;

-sia la domanda di manleva, non essendo neppure allegato il presunto inadempimento, non basato su alcuna specifica circostanza o richiamo a specifiche clausole contrattuali;

avverso questa decisione proponeva ricorso per cassazione il Comune di Roma articolando due motivi;

resisteva N.A.M. con controricorso corredato di memoria;

con ordinanza interlocutoria del 5 marzo 2019 veniva disposto il rinnovo della notificazione alla B. s.r.l., evidenziando che, nelle more, le Sezioni Unite di questa Corte avrebbero dovuto pronunciarsi sulle conseguenze della produzione della copia analogica della sentenza notificata, con relata di notifica, priva di asseverazione autografa, senza contestazioni ad opera della controricorrente e dell’allora società intimata;

all’esito dell’eseguito rinnovo della notificazione, la B. s.r.l. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale condizionato adesivo alla prima censura formulata in questa sede dal Comune.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., art. 116 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè la Corte di appello avrebbe errato, anche per omissione, nel valutare le prove addotte invece correttamente vagliate in primo grado, valorizzando l’obbligo di prudenza che grava sul danneggiato;

con il secondo motivo si prospetta l’erroneità della sentenza anche con riferimento alla domanda di manleva nei confronti della s.r.l. B., poichè la Corte di appello avrebbe errato nell’omettere di considerare che il contratto di appalto stipulato con il deducente, e prodotto all’atto di costituzione del Comune, avendo per oggetto la manutenzione e relativa sorveglianza delle strade e vie pedonali, nonchè l’intervento immediato anche per buche o alterazioni dei marciapiedi, e l’obbligo di tenere indenne il Comune da richieste risarcitorie come quella in parola, rendeva documentalmente evidente l’inadempimento dell’appaltatrice;

con il proprio controricorso la B., s.r.l., come anticipato, dichiara di aderire al primo motivo di ricorso principale;

Rilevato che:

deve preliminarmente evidenziarsi che:

a) è stato effettuato tempestivamente il rinnovo della notificazione del ricorso alla B. s.r.l., con successivo deposito parimenti tempestivo;

b) la copia analogica della sentenza telematica gravata, notificata, con relativa relata p.e.c., non è stata contestata dalle parti controricorrenti tutte, sicchè il ricorso è procedibile (Cass., Sez. U., 25/03/2019, n. 8312);

c) la s.r.l. è litisconsorte necessario processuale, trattandosi di un unico giudizio intervenuto tra più parti nei gradi di merito che, se sciolto, potrebbe determinare un contrasto tra giudicati, vertendosi in cause rese interdipendenti dai presupposti di fatto oggetto di allegazione (cfr. Cass., 28/02/2018, n. 4597, Cass., 20/06/2019, n. 16590);

d) il (tempestivo) rinnovo della notifica del ricorso principale esclude che vi sia stato il passaggio in giudicato eccepito, in proprio favore, dalla società;

e) la stessa società (a pag. 5 del proprio atto) ha proposto, evidentemente, un ricorso incidentale adesivo al primo motivo di ricorso principale, condizionato all’accoglimento del secondo motivo dello stesso ricorso: l’esigenza di proporre tale impugnazione è, logicamente, sorta a seguito del ricorso principale, sicchè l’impugnazione in parola è tempestiva (cfr., in generale, Cass., 15/06/2018, n. 15770);

ciò posto, nel residuo merito cassatorio vale ciò che segue;

il primo motivo è manifestamente inammissibile, poichè risulta articolato come mera richiesta di rilettura istruttoria, indeducibile in sede di legittimità;

inoltre, alla fattispecie è applicabile la previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 citato, che dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicchè in cassazione è denunciabile – con ipotesi che si converte in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dando luogo a nullità della sentenza – solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si traduce nella motivazione apparente o irriducibilmente illogica e nell’omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione, e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia, fermo restando, naturalmente, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., 12/10/2017, n. 23940 e succ. conf.);

per completezza si rimarca che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli invocati artt. 115 e 116 c.p.c., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che dev’essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo, qui non dedotto, del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., 12/10/2017, n. 23940), fermo il limite dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5;

ciò posto, la violazione dell’art. 116, c.p.c., è idonea per altro verso a integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; mentre la violazione dell’art. 115, c.p.c., può essere dedotta come analogo vizio solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito per attribuire maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass., 10/06/2016, n. 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 33);

la censura in scrutinio, sotto il profilo dell’art. 116 c.p.c., eccede del tutto il perimetro descritto;

il secondo motivo è inammissibile;

il motivo non coglie la “ratio decidendi” esplicitata dal Collegio di merito, che ha rimarcato come la domanda di manleva avrebbe voluto fondarsi su un inadempimento “neppure allegato”, “con conseguente genericità” di una deduzione non basata su specifiche circostanze o sul richiamo a precise clausole contrattuali (pag. 3, penultimo capoverso della sentenza impugnata);

a fronte di questa statuizione, il ricorrente, violando l’art. 366 c.p.c., n. 6, non riporta quando e in quali termini avrebbe invece effettuato le allegazioni presupposte dal supporto istruttorio che invoca in questa sede, limitandosi, in particolare, a indicare:

– di aver prodotto il contratto di appalto e il relativo capitolato in uno alla costituzione della quale non si specifica il grado (cfr. pag. 16 del controricorso);

– la reperibilità del capitolato speciale nel proprio fascicolo di primo grado, senza specificare esattamente dove (pag. 13);

– la dimostrazione di quanto nel proprio interesse in base alla “documentazione” allegata e all’istruttoria anche orale svolta, della quale null’altro si specifica (pag. 16);

questa Corte ha chiarito che anche l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, per cui il ricorrente non è dispensato dall’onere di dettagliare specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale precisazione dev’essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sicchè, il ricorrente non può limitarsi a rinviare agli atti in questione, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria (cfr. Cass., 25/09/2019, n. 23834, Cass., 29/09/2017, n. 22880);

inoltre, sono inammissibili, anch’esse per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero, ancora, senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);

la censura, dunque:

i) sovrappone il momento assertivo e quello probatorio, peraltro quest’ultimo propriamente fattuale;

ii) risulta complessivamente aspecifica;

resta assorbito il motivo di ricorso incidentale, proposto – come detto – in via subordinata all’accoglimento del secondo motivo di ricorso principale;

le spese seguono la soccombenza; raddoppio contributo.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali delle parti controricorrenti liquidate per ciascuno in Euro 2.300,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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