Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25769 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. III, 14/10/2019, (ud. 22/03/2019, dep. 14/10/2019), n.25769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26158-2017 proposto da:

TIEMME SERVICE SRL, in persona del suo Amministratore Unico e Legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI VILLA SEVERINI 54, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE TINELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO

ARENA;

– ricorrente –

contro

BASE SPEDIZIONI INTERNAZIONALI SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MARESCIALLO PILSUDSKI, 118, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

PAOLETTI, rappresentata e difesa dagli avvocati SARITA DE LUCA,

ROBERTO RIGHI, DOMENICO BECHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1890/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Livorno e notificato il 20 giugno 2012 la società Tiemme Service s.r.l. richiedeva il pagamento alla società Base Spedizioni Internazionali S.p.A. dell’importo di Euro 79.438,77 oltre accessori, quale corrispettivo per la prestazione di servizi di “magazzinaggio”, riferita all’anno 2011;

con atto di opposizione del 27 luglio 2012 la Spedizioni Internazionali S.p.A. deduceva che le somme non erano dovute in virtù di un accordo transattivo del 10 febbraio 2012 relativo ai crediti e debiti esistenti tra le parti, tra i quali nulla era indicato con riferimento alle pretese fatte valere in sede monitoria. Deduceva, comunque, che Tiemme non aveva erogato le prestazioni indicate e che le fatture erano state emesse qualche giorno dopo la conclusione della transazione, contestuale alla cessione, da parte di B.M., socia di maggioranza e legale rappresentante di Spedizioni Internazionali S.p.A., delle quote sociali di Tiemme Service s.r.l. ai rimanenti soci. Deduceva, pertanto, che la nuova maggioranza di Tiemme aveva tenuto una condotta fraudolenta nei confronti di Base Spedizioni Internazionali S.p.A;

si costituiva Tiemme Service s.r.l. contrastando l’opposizione;

il Tribunale, con sentenza del 18 febbraio 2015, accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo ritenendo inesistente l’obbligazione fatta valere in sede monitoria rilevando che l’accordo menzionato dall’opponente non aveva natura transattiva, difettando le reciproche concessioni che le parti avrebbero dovuto pattuire, ma che dalla documentazione esibita e dalle testimonianze assunte era, comunque, emerso che le prestazioni in oggetto non erano state eseguite da Tiemme Service s.r.l. la quale nel periodo in questione (gennaio-maggio 2011), non svolgeva più alcuna attività all’interno dei locali aziendali e che altro soggetto, dipendente della opponente si era occupato delle operazioni materiali di magazzinaggio;

avverso tale decisione proponeva appello Tiemme Service s.r.l. con atto di citazione notificato il 21 marzo 2015 rilevando che erroneamente il Tribunale aveva fatto riferimento alle prestazioni di magazzinaggio e movimentazione doganale delle merci, mentre l’oggetto della prestazione contrattuale era rappresentato dal “deposito doganale” e cioè dall’attività mediante la quale si realizza il “regime sospensivo ed economico che consente, a fronte di apposita autorizzazione da parte dell’autorità doganale, la sospensione del pagamento dei diritti gravanti sulle merci depositate”. Attività svolta da Tiemme Service s.r.l. in quanto unico soggetto autorizzato a ciò. Si costituiva Base Spedizioni Internazionali S.p.A. contrastando il gravame;

la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 9 agosto 2017 rigettava l’appello condannando Tiemme Service s.r.l. al pagamento delle spese di lite. La Corte rilevava che, come ritenuto dal Tribunale, la scrittura privata del 10 febbraio 2012, non aveva una funzione transattiva, ma rendeva definitive e immutabili le situazioni economiche caratterizzate da obiettiva incertezza, vincolando le parti ad attribuire al rapporto precedente gli effetti che risultavano dall’accertamento e precludendo ogni ulteriore pretesa;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Tiemme Service s.r.l. affidandosi a tre motivi e depositando memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. Resiste con controricorso Base Spedizioni Internazionali S.p.A.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, del regolamento CEE n. 2913 del 1992 (Codice doganale comunitario), dell’art. 1697 c.c., dell’art. 115 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 Tiemme Service s.r.l. avrebbe domandato, sin dal primo atto introduttivo del giudizio, il riconoscimento della prestazione relativa all’attività di immagazzinamento, custodia e mantenimento presso il proprio deposito di merce, per conto di Base Spedizioni Internazionali S.p.A., in regime di deposito doganale. I servizi di magazzinaggio, riguardando il regime del deposito doganale, avrebbero richiesto una serie di adempimenti sopportati da Tiemme Service s.r.l. quale soggetto titolare di autorizzazione rilasciata dal Compartimento Doganale della Toscana. Tali elementi sarebbero stati precisati nella comparsa di risposta, nelle memorie illustrative e nell’atto di appello. Sotto altro profilo nelle ipotesi di semplice qualificazione giuridica del medesimo fatto costitutivo del diritto non ricorrerebbe una mutatio libelli. La Corte avrebbe errato nel valutare una prova documentale offerta e nell’aver ignorato le argomentazioni svolte negli scritti difensivi, da porre a confronto con i motivi di appello al fine di rilevare la assenza di elementi di novità;

la doglianza è infondata. Oltre al fatto che la censura è dedotta in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo la ricorrente trascritto l’oggetto specifico della originaria pretesa e le successive modificazioni intervenute in corso di causa, il motivo consiste nella richiesta di qualificare diversamente la domanda rispetto a quanto ritenuto dai giudici di merito;

la corte d’appello ha rilevato che solo in corso di causa la ricorrente ha sostenuto che la propria pretesa si riferiva non tanto alle prestazioni materiali di movimentazione delle merci, ma al “deposito doganale” intrinsecamente inteso. Con valutazione non sindacabile in questa sede, la corte territoriale ha rilevato che si trattava di una prospettazione diversa e incompatibile rispetto a quella originaria e per ciò inammissibile, tanto più in grado di appello. Osserva la corte che il regime del “deposito doganale” era il semplice effetto giuridico del deposito presso la Tiemme Service. Al contrario nel ricorso per decreto ingiuntivo le prestazioni erano descritte diversamente, come “servizi di magazzinaggio per introduzione in deposito doganale”;

con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e l’errore processuale della Corte territoriale per avere omesso la valutazione della prova documentale offerta dall’odierna ricorrente. Già nella fase monitoria Tiemme Service s.r.l. aveva depositato i documenti di trasporto provenienti da Base Spedizioni Internazionali S.p.A. attestanti che la merce era stata introdotta presso il magazzino doganale della ricorrente. Ulteriore documentazione era stata depositata nel corso del giudizio di primo grado e sarebbe stata rilevante ai fini dell’esatta individuazione della natura giuridica del contratto intercorso tra le parti. Tali prove avrebbero dovuto essere valutate anche in considerazione delle ammissioni di controparte;

il motivo, erroneamente dedotto quale vizio sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, è inammissibile perchè in realtà si traduce nella censura di omessa valutazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, del materiale istruttorio e, in particolare, della documentazione descritta in ricorso. Si tratta di censure che esulano del tutto dai confini dell’art. 360 c.p.c., n. 5 che si riferisce alla omessa valutazione di un fatto storico e non di un elemento istruttorio, avente rilevanza decisiva ed oggetto di contraddittorio delle parti;

in secondo luogo il rilievo è inammissibile perchè dedotto in assoluta violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6 in tema di autosufficienza poichè parte ricorrente individua una pluralità di documenti dei quali omette di trascrivere il contenuto, specificarne la collocazione all’interno del fascicolo di legittimità e precisare la fase processuale nella quale sarebbero stati sottoposti ai giudici di merito;

in terzo luogo le censure relative al principio di non contestazione presentano il medesimo limite poichè parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere gli atti processuali di controparte successivi alla produzione dei documenti menzionati o delle deduzioni e non i passaggi relativi ai propri scritti;

con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 345 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 nella parte in cui la Corte d’Appello ritiene erroneamente di riesaminare, accogliendola, l’eccezione di merito

proposta da Base Spedizioni Internazionali S.p.A. e rigettata dal Tribunale, in assenza di proposizione di un appello incidentale sul punto. Il Tribunale aveva escluso che la scrittura del 2012 avesse funzione transattiva o di negozio di accertamento e la Corte territoriale, in assenza di appello incidentale di Base Spedizioni Internazionali S.p.A., non avrebbe dovuto prendere in esame l’eccezione riproposta, ma prendere atto dell’intervenuto giudicato interno sul punto;

il motivo è inammissibile poichè non coglie la ratio decidendi, censurando un profilo che non riveste il carattere della decisività;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 22 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA