Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25768 del 30/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.30/10/2017),  n. 25768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19111-2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134 presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

E.M.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2036/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/09/2011 R.G.N. 8744/07.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza n. 2036/2011, la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia n. 16862/2006, emessa dal Tribunale della stessa città, con la quale era stata dichiarata la nullità della clausola di apposizione del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra E.M.P. e Poste Italiane spa, dall’11 novembre 2002 al 31 dicembre 2002, per “sostenere il livello di servizio della sportelleria durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità tuttora in fase di completamento, di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile, 30 luglio e 18 settembre 2002, che prevedono, al riguardo, il riposizionamento su tutto il territorio degli organici della Società”, con conseguente riammissione in servizio della lavoratrice e condanna della società a corrispondere la retribuzione globale di fatto maturata a far tempo dalla messa in mora;

che avverso tale decisione Poste Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

che E.M.P. non ha svolto attività difensiva;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, si censura: 1) l’erronea motivazione in ordine all’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175,1375,2697,1427 e 1431 c.c., art. 100 c.p.c.(art. 360 c.p.c., n. 3) per non avere ritenuto la Corte distrettuale che sussistessero gli elementi sintomatici di una volontà risolutoria del rapporto per mutuo consenso; 2) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e art. 4, comma 2, art. 12 preleggi, artt. 1362 c.c. e ss e art. 1325 c.c.e ss (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte di appello ritenuta generica la motivazione posta a fondamento dell’assunzione reputando che una plurima indicazione di ragioni di giustificazione dovesse ritenersi poco compatibile con l’obbligo di specificazione imposto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e per non avere esaminato compiutamente l’intera causale e gli accordi in essa richiamati per relationem; 3) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115,116,244 e 253 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2 (art. 360 c.p.c, n. 3) assumendosi che la Corte territoriale avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova non tenendo conto del mutato quadro normativo di riferimento alla luce del quale il datore di lavoro sarebbe ormai esonerato da ogni onere probatorio circa le ragioni che avevano indotto le parti alla stipula di un contratto a termine, essendo ciò limitato esclusivamente alle esigenze legittimanti la eventuale proroga dello stesso; e, comunque, la sussistenza delle esigenze organizzative poste a fondamento del contratto a termine de quo era dimostrata attraversò il richiamo per relationem al contenuto degli Accordi aziendali indicati nella clausola appositiva del termine e la Corte territoriale, quand’anche avesse dovuto ritenersi gravata essa società del relativo onere probatorio, erroneamente non aveva ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta di prova orale formulata dalla società medesima omettendo di fare ricorso ai poteri officiosi in materia di ammissione della prova; 4) l’omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla ritenuta erronea mancanza di prova delle esigenze poste a fondamento ella specifica assunzione e in relazione al mancato esercizio dei poteri di ufficio;

che, preliminarmente, deve essere respinta l’istanza di trattazione congiunta del presente giudizio con quello recante il n. 5330/2011 essendo stato quest’ultimo già definito con ordinanza di questa Corte n. 13945/2017 depositata il 5.6.2017;

che il primo motivo non è fondato: invero, quanto alla questione della eccezione di risoluzione per mutuo consenso, l’indirizzo consolidato di questa Sezione (cfr. tra le altre Cass. n. 5887/2011; Cass. n. 23057/2010) è nel senso di ritenere che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a far considerare sussistente una risoluzione per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata -sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, sicchè la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto: ipotesi queste non ravvisabili nel caso in esame; inoltre, è stato affermato che non costituisce elemento idoneo ad integrare la fattispecie di tacita risoluzione consensuale il fatto che il lavoratore abbia, nelle more, percepito il TFR, ovvero cercato o reperito altra occupazione (Cass. n. 22489/2016; Cass. n. 21310/2014; n. 6900/2016);

che il secondo motivo è meritevole di accoglimento, limitatamente al dedotto mancato esame degli accordi richiamati nella causale del contratto de quo, alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui la specificazione delle ragioni giustificatrici D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1 può risultare da atto scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relationem ad altri testi richiamati nel contratto di lavoro (Cass. n. 8286/2012; Cass. n. 10382/2015): nel caso di specie, i giudici di secondo grado non hanno adeguatamente valutato, al fine di verificare la sussistenza delle specificate ragioni dell’assunzione, la rilevanza degli accordi richiamati dallo stesso contratto individuale e non hanno esaminato in concreto gli elementi di specificazione emergenti dal contratto a termine de quo, attraverso i richiami agli accordi collettivi ivi contenuti, alla luce delle deduzioni della società, al fine di valutarne l’effettiva sussistenza nonchè la sufficienza sul piano della ricorrenza o meno del requisito di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 (Cass. n. 11513/2016);

che, pertanto, rigettato il primo motivo ed assorbiti gli altri, la sentenza va cassata in relazione al secondo motivo con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame in conformità dei su esposti principi, provvedendo, altresì, alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo, rigettato il primo e assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2017

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