Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25765 del 30/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.30/10/2017),  n. 25765

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9773-2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134 presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2011 R.G.N. 8259/06.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza 13 aprile 2011, la Corte d’appello di Roma dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 1 dicembre 2001 e condannava Poste Italiane s.p.a. al pagamento, in favore di M.G. a titolo risarcitorio, delle retribuzioni spettantile dal 30 luglio 2003, oltre accessori di legge: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva respinto le domande della lavoratrice (di accertamento della nullità del termine apposto al contratto concluso tra le parti per il periodo dal 1 dicembre 2001 al 31 gennaio 2002, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per esigenze tecniche organizzative e produttive connesse anche al maggior traffico postale delle festività natalizie; di sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla prima data, con le conseguenti condanne ripristinatoria e risarcitoria);

che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ricorreva per cassazione con sei motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso;

che era depositata dalla lavoratrice memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 e vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento alla vigenza all’epoca di stipulazione del contratto tra le parti della disciplina prevista dall’art. 25 CCNL 2001 (primo motivo); omessa motivazione in ordine al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, in quanto norma regolante la transizione dal regime regolato dalla contrattazione collettiva in virtù della cd. “delega in bianco” prevista dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 a quello introdotto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, di conservazione della prima nei limiti della sua scadenza (secondo motivo); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 e comma 2, art. 4, comma 2, art. 12 preleggi, art. 1362 c.c. e ss. e art. 1325 c.c. e ss., per la specificità delle ragioni giustificative indicate nel contratto, nella compresenza di più ragioni tra loro ben incompatibili, per la sufficienza dei riferimenti in particolare al settore recapito nell’ambito della Filiale di assegnazione (Ufficio di Recapito di (OMISSIS)) ed alla circostanza del maggior traffico postale nel periodo delle festività natalizie (terzo motivo); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115,116,244 e 253 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2, per inesistenza di un onere probatorio a carico datoriale delle esigenze giustificanti l’assunzione a termine, anzi da presumere in base al richiamo degli accordi sindacali suindicati: in ogni caso, assolto in virtù della produzione di copiosa documentazione (quarto motivo); erronea motivazione sul fatto decisivo e controverso di negazione della prova dai testi escussi del nesso causale tra esigenze indicate in contratto e assunzione della lavoratrice, eventualmente integrabile con il ricorso ai poteri istruttori officiosi giudiziali (quinto motivo); violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 per la sua vigenza, in ordine alle conseguenze economiche della conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, anche per tutti i giudizi in corso e non soltanto di primo grado (sesto motivo);

che ritiene il collegio che i primi due motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione, siano inammissibili;

che, in disparte la palese inconfigurabilità dei vizi denunciati, tanto di violazione di legge quanto di motivazione, meramente enunciati ma carenti dei requisiti loro propri, essi difettano di specificità sotto il profilo di autosufficienza, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, per omessa indicazione, nè tanto meno trascrizione degli atti nei quali la questione del regime di vigenza applicabile al contratto a termine de quo sia stata sollevata, non essendo stata trattata dalla sentenza (nè essendo stata oggetto di contestazione tra le parti: Cass. 28 gennaio 2009, n. 2175): così dovendo la questione essere ritenuta inammissibile per novità (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; 11 gennaio 2007, n. 324);

che il terzo motivo deve essere rigettato in quanto infondato, posto che le ragioni giustificative del contratto tra le parti non sono di natura sostitutiva (con la conseguente non pertinenza del richiamo alla giurisprudenza costituzionale e di legittimità al riguardo operato dalla Corte territoriale a pgg. 4 e 5 della sentenza), ma sono state piuttosto individuate in esigenze tecniche organizzative e produttive connesse anche al maggior traffico postale delle festività natalizie, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comportanti la necessità di un incremento del personale;

che in proposito la Corte territoriale ha operato un accertamento in fatto, con una valutazione nel merito di genericità (così da rendere impossibile la conoscenza della loro effettiva portata e il relativo controllo di effettività: Cass. 27 gennaio 2011, n. 1931; Cass. 2 agosto 2013, n. 18532) delle suddette esigenze tecniche ed organizzative (per le ragioni esposte dal penultimo capoverso di pg. 3 al terzo di pg. 4 della sentenza), pertanto insindacabile in sede di legittimità: nell’irrilevanza della compatibilità di ragioni compresenti (non ex se causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso: Cass. 17 giugno 2008, n. 16396; Cass. 28 marzo 2014, n. 7371);

che anche il quarto e quinto motivo, congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione, devono essere rigettati;

che, in particolare, il quarto è infondato, per la parte relativa all’erronea pretesa di diversa allocazione dell’onere probatorio, atteso che correttamente esso è stato posto (come chiaramente esplicitato al primo capoverso di pg. 6 della sentenza) a carico della società datrice: come si trae dalla stessa conformazione del contratto a termine come eccezione alla regola del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (secondo il chiaro tenore del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, per cui “E’ consentita l’apposizione di un termine” sulla base delle ragioni ivi indicate ed inefficace, a norma dell’art. 1, comma 2 D.Lgs. cit., se non risultante, direttamente o indirettamente, da “atto scritto”, a fronte della libertà di forma del contratto a tempo indeterminato);

che esso, nella residua parte, è inammissibile, come parimenti il quinto motivo, siccome intesi ad una rivisitazione nel merito della valutazione probatoria della Corte territoriale, alla luce della congrua motivazione offerta (all’ultima parte del primo capoverso di pg. 4 e ai primi due di pg. 6 della sentenza), insindacabile in sede di legittimità, laddove congruamente argomentata (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 marzo 2007, n. 5066), come appunto nel caso di specie;

che deve invece essere accolto il sesto motivo, tenuto preliminare conto dell’applicabilità della L. n. 183 del 2010, art. 32 secondo l’interpretazione della Corte costituzionale con la sentenza n. 303 del 2011, anche in sede di legittimità ove sia pertinente alle questioni dedotte nel ricorso;

che occorre infatti prescindere, alla luce di una interpretazione costituzionalmente conforme della disciplina transitoria, nell’applicazione dello ius superveniens, dalla fase in cui il processo si trovi e che tale soluzione trova conferma nella lettera del secondo periodo del comma 7 che, nel prevedere che “il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 c.p.c.”, premette l’inciso “ove necessario” con valore disgiuntivo/inclusivo, a dimostrazione che la possibilità di modifiche del petitum e di esercizio dei poteri istruttori va modulata in ragione dello stato e del grado in cui si trova il processo (Cass. 2 marzo 2012, n. 3305);

che esso è fondato, dovendo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 essere correttamente interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto possa concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perchè dotate di efficacia retroattiva: in tal caso essendo ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta; neppure nel caso di specie sussistendo il limite del giudicato, precluso anche, qualora la sentenza si componga di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determini necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, dalla proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale, pur in assenza di impugnazione specifica della parte dipendente (Cass. s.u. 27 ottobre 2016, n. 21691);

che pertanto il ricorso deve essere accolto in relazione al sesto motivo, rigettati gli altri, con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte controricorrente ai sensi dell’art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (per tutte: Cass. 10 luglio 2015, n. 14461), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (per tutte: Cass. 17 febbraio 2016, n. 3062).

PQM

La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2017

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