Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25765 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. I, 22/09/2021, (ud. 14/05/2021, dep. 22/09/2021), n.25765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17423/2020 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Via Groscavallo, 3 (TO),

presso lo studio dell’Avv. Alessandro Praticò che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 482/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 08/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/05/2021 da ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 482/2020, ha rigettato l’appello proposto dal cittadino senegalese, S.M., avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Torino ha rigettato la sua domanda di protezione internazionale ed umanitaria.

2. Il richiedente ha dichiarato di aver lasciato il paese di origine a seguito delle minacce subite dagli abitanti del villaggio i quali erano contrari al finanziamento, da parte di uno zio benestante residente in Francia, del progetto di ricostruzione della moschea del villaggio, oramai pericolante. Per tale ragione, ha dichiarato di essere esposto al rischio di nuove violenze da parte dei suddetti abitanti.

3. In via preliminare, il giudice di appello ha rilevato che il giudizio sulla credibilità della vicenda, seppur sia stata negata dalla C.T. ed anche, motivatamente, dal Tribunale, non appare dirimente ai fini della risoluzione della controversia considerato che il primo giudice, espressamente, ne ha potuto prescindere per raggiungere il suo convincimento. Tuttavia, all’interno del racconto del richiedente, sono stati evidenziati sia profili di complessiva inverosimiglianza (oltre a quelli evidenziati dal Tribunale, anche la circostanza inverosimile che il richiedente ignori qualunque riferimento – persino il nome ed il luogo di dimora – dello “zio benestante”), sia aspetti di estraneità a quegli istituti della protezione internazionale il cui riconoscimento si domanda.

3.1. Alla luce di tali elementi è stato negato il riconoscimento delle protezioni maggiori. Con riferimento specifico all’ipotesi di danno grave di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è stato evidenziato che, alla luce delle COI acquisite e consultate, in Senegal e nella regione del Casamance non è riscontrabile una situazione di violenza indiscriminata, essendo iniziato da diversi anni un difficile processo di pacificazione che non si è mai interrotto e che prosegue tutt’oggi.

3.2. Da ultimo, è stata rigettata la domanda di protezione umanitaria per difetto di specificità del motivo di gravame che non consente di individuare gli errori compiuti dal primo giudice e neppure quale sia la censura rivolta alla complessiva e più che esaustiva ratio, giuridica e fattuale, del capo del provvedimento relativo alla protezione umanitaria.

4. Avverso la decisione della Corte d’appello ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. L’Amministrazione intimata si è costituita oltre i termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo di ricorso si censura l’esame d’ufficio di un punto della decisione (credibilità del ricorrente) non devoluto al giudizio di appello in violazione ex artt. 342 e 343 c.p.c. del principio del contraddittorio. Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello, in assenza di contestazioni, ha rimesso in discussione la complessiva credibilità del ricorrente, ritenendo erroneamente che il Tribunale avesse formulato un giudizio di inattendibilità della vicenda narrata quando, invece, il giudice di primo grado ha ritenuto il racconto “non astrattamente inverosimile”, sollevando dubbi solo in ordine al pericolo effettivo per il ricorrente di subire un accanimento da parte della maggioranza del villaggio in quanto semplice capomastro o manovale. In secondo luogo, si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, posto che il ricorrente è stato ritenuto non credibile sulla base della mancata conoscenza di riferimenti, quali il nome o il luogo di residenza, dello zio che ha finanziato la moschea; circostanza, questa, del tutto priva di giustificazione e smentita sia dall’ordinanza del Tribunale che dal verbale di udienza di primo grado.

5.1. Il motivo è inammissibile poiché volto a chiedere a questa Corte un riesame nel merito della valutazione di cedibilità operata dal giudice d’appello. Il ricorrente si è limitato a prospettare una diversa lettura delle conclusioni del giudice di primo grado e, sulla base di questa lettura, peraltro priva di riscontri oggettivi, a lamentare l’erroneità del giudizio di credibilità emesso dalla Corte d’appello, senza fornire elementi concreti atti a dimostrare la violazione degli indici normativi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

6. Nel secondo motivo di ricorso si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per avere il giudice d’appello negato, con motivazione apparente o comunque contraddittoria ed illogica, l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione del Casamance, posto che si è limitato a rilevare l’esistenza di un difficile processo di pacificazione avviato da diversi anni, senza verificare se tale conflitto permanga o meno.

6.1. La censura non supera il vaglio di ammissibilità perché la Corte d’appello ha correttamente esercitato i propri poteri officiosi ed ha escluso, alla luce di COI relative alla specifica zona di provenienza del ricorrente, che la situazione conflittuale tra i ribelli e le forze governative costituisca integri un’ipotesi di violenza indiscriminata di intensità tale da legittimare la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), tenuto conto che da diversi anni è iniziato un processo di pacificazione che non si è mai interrotto.

6.2. Per contro, il ricorrente, attraverso il mero richiamo delle fonti informative allegate nell’atto di appello, si è limitato a fornire una diversa interpretazione delle COI acquisite al giudizio, lamentando che l’esistenza di un processo di pacificazione nella zona di provenienza non implica che il conflitto tra ribelli e le forze governative sia cessato e, di conseguenza, non permette di escludere il rischio di rimanere vittima di azioni violente e contrarie ai diritti umani fondamentali. Si tratta di censura attinente al merito in quanto finalizzata a contestare non la violazione dei parametri legali che soprintendono il corretto esercizio dei poteri di cooperazione istruttoria, bensì la valutazione, di carattere meramente fattuale, effettuata dal giudice d’appello in relazione al contenuto delle COI consultate.

7. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, la carenza di motivazione e l’omesso esame di fatti decisivi prospettati dalla parte, posto che la domanda di protezione umanitaria è stata rigettata senza che sia stata esaminata la condizione di violenza generalizzata diffusa in Casamance. Lamenta il ricorrente che la Corte Territoriale, dopo aver escluso che ricorressero i requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), avrebbe dovuto valutare se il livello d’instabilità dell’area non fosse rilevante ai fini dell’accoglimento della domanda id protezione umanitaria.

7.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

7.2. Si evidenzia, in via preliminare, che la Corte territoriale ha ritenuto generico il motivo d’appello con il quale il ricorrente ha censurato il mancato riconoscimento della protezione umanitaria alla luce della situazione di conflitto presente nella regione del Casamance, così confermando quanto affermato dal Tribunale in ordine alla mancanza delle condizioni cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

7.3. Per contro, la presente censura si fonda genericamente sulla situazione di conflitto presente in Casamance, senza che sia stato allegato o dedotto alcun profilo di vulnerabilità soggettiva o di integrazione sociale in Italia da comparare alla situazione generale di privazione dei diritti umani.

7.3. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di seri motivi che impongano di offrire tutela a situazioni di vulnerabilità individuale, anche esercitando i poteri istruttori ufficiosi a lui conferiti, ma è necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei a far desumere che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass., 13573/2020).

8. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese poiché l’Amministrazione si è costituita oltre i termini di cui all’art. 370 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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