Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25765 del 14/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 16/09/2016, dep.14/12/2016), n. 25765
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 19642-201 roposto da:
(OMISSIS) S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del liquidatore,
elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLETTA GIULIANI
che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS); GEOTIRRENO S.R.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 54/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
emessa il 21/05/2015 e depositata il 10/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO
GENOVESE.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Con sentenza in data 10 giugno 2015, la Corte d’appello di Genova, ha respinto il reclamo proposto dalla (OMISSIS) srl in persona del liquidatore F.G. avverso la dichiarazione di fallimento data dal Tribunale della Spezia, in quanto, sussistevano i presupposti per la dichiarazione di fallimento della società ed, essendo impossibile utilizzare la casella PEC perchè disabilitata, il ricorso di fallimento (ed il decreto di convocazione di cui alla L. Fall., art. 15) era stato notificato mediante deposito presso la casa comunale, attesa l’irreperibilità della società presso la sede sociale.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso (OMISSIS) srl in persona del liquidatore F.G., con atto notificato il 8 luglio 2015, sulla base di due motivi con i quali lamenta la violazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 10 e art. 15, comma 3, (oltre che dell’art. 137 c.p.c. e ss., artt. 151, 156 e 160 c.p.c. nonchè artt. 24 e 111 Cost. e artt. 2495 e 2196 c.c.).
Nè la Curatela e nè il creditore procedente hanno svolto difese in questa sede.
Il ricorso appare manifestamente fondato, giacchè:
a) Con riguardo alle società estinte e cancellate dal registro delle imprese, come quella dichiara fallita in un termine inferiore all’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenze nn. 18138 del 2013, 10105 del 2014 e 21026 del 2013), a proposito della individuazione del legittimato passivo del ricorso di fallimento, ha affermato il principio di diritto secondo cui “Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione a contraddire spetta – anche ai fini del reclamo avverso la sentenza di fallimento – al liquidatore sociale, poichè, pur implicando la cancellazione l’estinzione della società, ai sensi dell’art. 2495 c.c., in forza della L. Fall., art. 10 è ancora possibile che entro l’anno dalla cancellazione la società sia dichiarata fallita, se l’insolvenza sì è manifestata prima della cancellazione o nell’anno successivo.”;
b) che, tale principio, giustificato dal valore cardine di effettività del contraddittorio nel processo (artt. 24 e 111 Cost.), esige che la società debitrice sia effettivamente raggiunta con la notificazione dell’istanza di fallimento e del decreto pedissequo che ne fissa l’udienza, dove far valere le proprie ragioni;
c) che, pertanto, nel caso di specie, essendosi verificata la mancanza di una sede sociale effettiva (contrariamente a quanto risultato nel precedente esaminato da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 24968 del 2013: “La previsione della L. Fall., art. 10, per il quale una società cancellata dal registro delle imprese può essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione, implica che il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi, per “fictio iuris”, nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale. Ne consegue che pure il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1″) dove la Corte, dopo aver premesso che “poichè la notifica, per potersi ritenere valida, deve aver posto il destinatario quantomeno nella possibilità di avere effettiva conoscenza dell’atto e non può essere effettuata in un luogo che non gli è più riferibile”, ha stabilito che “la “sopravvivenza” per un anno della sede sociale rispetto all’estinzione, espressamente prevista dall’art. 2495 cit., sebbene al limitato fine della notificazione delle domande proposte contro i soci ed i liquidatori, deve ritenersi dato oggettivo e non meramente virtuale: ciò che, del resto, appare implicitamente confermato dal contenuto della censura in esame, nella quale non si deduce la nullità intrinseca della notificazione, per essere stata eseguita a mezzo posta, presso una sede dalla quale Tecnogeo era da tempo sloggiata e dove il liquidatore non aveva più accesso, neppure per il ritiro degli atti.”, così convenendo sul principio di effettività della difesa) il ricorso avrebbe dovuto essere notificato al liquidatore medesimo (e già unico socio), raggiungendolo presso i luoghi di effettiva residenza o dimora o nelle forme surrogatorie di essa;
d) che ogni altra doglianza appare assorbita dalla manifesta fondatezza di quella sopra esaminata.
In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 5.”.
Considerato che, dopo il deposito della proposta di definizione della vertenza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., da parte del consigliere designato, la 1 sez. civile di questa Corte ha definito un caso analogo enunciando i diversi, se non opposti, principi di cui alla sentenza n. 17946 del 13 settembre 2016 (pertanto posteriore alla data di deposito della sopra riportata relazione) si rende opportuno rimettere alla Pubblica udienza la discussione sui rilevanti profili di diritto implicati dall’esame della controversia, mettendo il difensore della ricorrente nelle condizioni di tenerne conto.
PQM
LA CORTE
Rimette la causa all’udienza pubblica.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 1 della Corte di cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 16 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016