Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25762 del 02/12/2011

Cassazione civile sez. un., 02/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Pres.te f.f. –

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente Sez. –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4194-2011 proposto da:

ORTANO MARE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 77, presso lo studio

dell’avvocato BARNESCHI GIANLUCA, rappresentata e difesa dagli

avvocati BENEDETTI ALBERTO, GUCCINELLI LUIGI, per delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

AUTORITA’ DI AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE AATO N 5 TOSCANA COSTA, ASA

– AZIENDA SERVIZI AMBIENTALI S.P.A., in persona dei rispettivi legali

rappresentanti pro-tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

DEI CAPRETTARI 70 presso lo studio dell’avvocato PALLOTTINO DAMIANO –

STUDIO RIPA DI MEANA, rappresentati e difesi dall’avvocato FARNETANI

RICCARDO, per delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

COMUNE DI RIO MARINA, PROVINCIA DI LIVORNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 178/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 10/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

uditi gli avvocati Luigi GUCCINELLI, Riccardo FARNETANI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Ortano Mare S.p.A., gestore di un villaggio turistico, con un primo ricorso, impugnò, per violazione di legge ed eccesso di potere, unitamente agli atti collegati, la delibera dell’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale n. 5 (in seguito AATO) con la quale era stato approvato il progetto definitivo di realizzazione del pozzo Ortano 3 e il suo collegamento alla rete idrica potabile del Comune di Rio Marina (isola d’Elba).

Con un secondo ricorso la medesima società impugnò anche i provvedimenti con cui era le stata concessa l’autorizzazione al rilascio della concessione ad uso idropotabile per i suoi due pozzi con limitazione di erogazione di 50.000 mc. annui e il prelievo era stato sottoposto alla condizione risolutiva del prossimo allacciamento della struttura all’acquedotto pubblico.

2 – Riuniti i ricorsi e radicatosi il contraddittorio, l’AATO, l’ASA – Azienda Servizi Ambientali S.p.A., la Provincia di Livorno e il Comune di Rio Marina hanno sostenuto l’infondatezza dei gravami.

3 – Con sentenza in data 19 maggio – 10 dicembre 2010 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche respinse entrambi i ricorsi.

4. – Il TSAP osservò per quanto interessa: non era stata violata la procedura di espropriazione poichè, ai sensi della L.R. n. 29 del 2007, la Conferenza dei servizi può concludersi anche in difetto di unanimità, per il dissenso di qualche amministrazione partecipante, pur rimanendo vincolanti le decisioni adottate a maggioranza; la preesistenza dei due pozzi della Ottano Mare non era risultata provata e, comunque, essi avevano un uso meramente igienico, quindi recessivo rispetto a quello idropotabile, ai sensi del D.Lgs. n. 132 del 2006; legittimamente era stata costituita la servitù di accesso carrabile al pozzo Ottano 3, non essendo stata dimostrata la sufficienza degli altri accessi indicati dalla ricorrente; i prelievi della Ortano Mare impoverivano la falda acquifera; la cubatura d’acqua attribuita alla ricorrente era obiettivamente sufficiente e corrispondeva alla richiesta da essa inoltrata nel 2007.

5 – Avverso la suddetta sentenza la Ortano Mare ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui la AATO ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno espletato attività difensive. Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1990, n. 241, art. 14 ter, comma 9 e s.m.i, e della L.R.T. 21 maggio 2007, n. 29, art. 4, commi 4 e 5.

La censura ripropone il tema della necessità di voto unanime e favorevole della Conferenza dei Servizi al fine della legittimità della espropriazione. La ricorrente precisa che il verbale della Conferenza del 5 giugno 2008, con il quale avrebbe dovuto approvarsi il progetto, non risultava sottoscritto dal Comune di Rio Marina che, sebbene sollecitato ripetutamente, non aveva espresso il proprio assenso alla realizzazione dell’opera.

1.2 – La censura fa riferimento ad un documento (il Verbale n. 2 della Conferenza dei Servizi del 5 giugno 2008) nei cui confronti non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008) Inoltre, la L. n. 241 del 1990, art. 14 ter, comma 9 è stato abrogato dalla L. n. 122 del 2010, art. 49, comma 2. Il successivo art. 12 quater stabilisce che il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 26, e successive modificazioni, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congrua mente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso.

In ogni caso, dalle modifiche apportate alla L. nel 2005 non si ricava affatto che l’art. 14 ter, comma 9 prevedesse l’unanimità.

1.3 – Non giova alla tesi della ricorrente neppure il riferimento alla L.R. Toscana n. 29 del 2007. Essa detta norme per l’emergenza idrica per l’anno 2007, quindi disciplina una materia particolare la cui attinenza al caso di specie non è stata dimostrata. D’altra parte, proprio dall’art. 4, indicati commi 4 e 5 si trae la conclusione che le deliberazioni della Conferenza dei servizi non richiedono l’unanimità.

1.4 – Il motivo in esame tratta l’ulteriore questione dell’assenza di adeguata motivazione imposta all’AAto dalla L.R. n. 29 del 2007, art. 4, comma 5. Ma questa questione non è stata esaminata dalla sentenza impugnata, per cui, al fine di sfuggire alla sanzione di inammissibilità per novità, la ricorrente aveva l’onere – non adempiuto – non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto, del giudizio precedente lo aveva fatto, al fine di consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti, di eseguire la necessaria verifica.

1.5 – Infine, non è ultroneo rilevare che parte resistente ha evidenziato che il Comune di Rio Marina non aveva espresso alcun dissenso, ma anzi aveva ripetutamente offerto il proprio parere favorevole.

2.1 – Il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 12 luglio 1993, n. 275, art. 10, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 103, artt. 889 e 911 c.c., D.Lgs n. 152 del 2006, art. 144.

Si assume che le previsioni progettuali avversate hanno determinato la recisione della vena acquifera oggetto di sfruttamento da parte della ricorrente. Si censura, con riferimento alla documentazione in atti, l’affermazione del TSAP circa la mancanza di prova della preesistenza dell’emungimento da parte della Ortano Mare.

2.2 – La censura, pur formalmente prospettata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in realtà implica plurimi accertamenti di fatto cui si deve necessariamente pervenire esaminando e valutando le risultanze processuali, attività non consentite al giudice di legittimità.

Il TSAP ha spiegato che era possibile l’allacciamento della società alla rete di distribuzione dell’acqua potabile.

Il motivo in esame non stigmatizza con argomentazioni specifiche la motivazione della sentenza impugnata.

3.1 – Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 12 luglio 1993, n. 275, art. 10, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 93, 95 e 103 e artt. 889 e 911 c.c., motivazione apparente.

La censura attiene ancora al titolo di preferenza alla concessione per l’utilizzazione di cui la ricorrente ritiene essere titolare.

3.2 – Il TSAP ha ritenuto non provata la asserita preesistenza dei pozzi della Ortano Mare e ha privilegiato l’uso idropotabile rispetto a quello igienico.

Anche questa censura – come la precedente – implica esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di merito.

A differenza della precedente, viene qui lamentato anche il vizio di motivazione, che si assume essere meramente apparente. Ma le argomentazioni addotte a sostegno tendono in realtà a dimostrare che il contenuto decisorio del TSAP è in contrasto con la documentazione in atti. Ne consegue che la doglianza esonda dai limiti del giudizio di legittimità.

4.1 – Il quarto motivo ipotizza violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 4, motivazione apparente. La questione sollevata attiene alle prescrizioni che condizionano la derivazione dell’acqua sotterranea e al proprio fabbisogno complessivo, superiore a quello che dovrebbe esserle fornito.

4.2 – La censura non è autosufficiente poichè non riferisce i precisi termini mediante i quali il tema era stato portato all’esame del TSAP. La sentenza Impugnata ha spiegato che la cubatura d’acqua attribuita con la concessione corrispondeva alla richiesta fatta dalla società nel 2007 e che, in ogni caso, appariva sufficiente rispetto al fabbisogno giornaliero standard per persona, riferito all’utilizzo prevalentemente stagionale e alla recettività del complesso. Il TSAP ha, dunque, spiegato le ragioni del proprio convincimento.

5 – Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate cornei dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011

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