Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25760 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25760 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 6883-2010 proposto da:
LOJACONO VINCENZO LJCVCN46P01G203P,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI l, presso lo
studio dell’avvocato MANCA BITTI DANIELE,
rappresentato e difeso dall’avvocato ISETTA FEDERICO
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BASOLI BACHISIO MATTEO BSLBHS69A09G203S, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PREFETTI 17, presso lo
studio dell’avvocato PANDISCIA CARLO, rappresentato e

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Data pubblicazione: 15/11/2013

difeso dall’avvocato MARIO BOZZO giusta delega in
atti;
– controricorrente nonchè contro

RAUGGI NICLA;

avverso la sentenza n. 416/2009 della CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il
20/07/2009 R.G.N. 169/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/10/2013 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO;
udito l’Avvocato DANIELE MANCA BITTI per delega;
udito l’Avvocato CARLO PANDISCIA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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– intimata –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La presente controversia ha per oggetto l’opposizione
proposta da Vincenzo Lojacono avverso il decreto ingiuntivo di
pagamento di 125.000.000 emesso dal presidente del Tribunale
di Sassari in data 06.11.1993 ad istanza di Pietro Paolo

dell’ingiunto priva di data.
L’opponente sosteneva che la scrittura ricognitiva era
stata rilasciata in data antecedente a quella del 25.06.1991
indicata dall’ingiungente e che il debito era stato estinto
con assegno in data 24.06.1991 tratto in favore del Basoli e
da questi incassato il 27.06.1991; dal canto suo l’opposto
deduceva che con l’assegno era stata estinta solo una parte
dell’obbligazione di pagamento della somma di £ 250.000.000,
dovuta, a titolo di conguaglio divisionale, da Giuseppina
Basoli madre del Lojacono, tant’è che quest’ultimo,
nell’assumere detta obbligazione, aveva consegnato sia
l’assegno, sia la ricognizione di debito.
L’opposizione, istruita con prova testimoniale, alla cui
ammissione si era opposto il Lojacono, era rigettata con
sentenza del Tribunale di Sassari in data 05-23.03.2004.
La decisione, impugnata dal Lojacono, nel contraddittorio
di Bachisio Matteo Basoli e di Nicla Rauggi, subentrati per
successione ereditaria all’originario opposto, era confermata
dalla Corte di appello di Sassari la quale, con sentenza in
data 20.04/20.07.2009, rigettava l’appello, condannando
l’appellante al pagamento delle ulteriori spese.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

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cP1

Basoli in forza di ricognizione di debito a firma

Vincenzo Lojacono, svolgendo sei motivi.
Ha resistito Bachisio Matteo Basoli, in proprio e nella
qualità di unico erede di Nicla Rauggi, depositando
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

quesiti di diritto formulati dalla parte ricorrente, atteso
che la sentenza impugnata è stata depositata il 20 luglio
2009, quindi dopo l’espressa abrogazione dell’art. 366

bis

cod. proc. civ. (che ne prevedeva la formulazione) disposta
dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma l, lett. d)
giusta la norma transitoria dettata dalla stessa L. del 2009,
art. 58, comma 5 secondo cui «le disposizioni di cui all’art.
47 si applicano alle controversie nelle quali 11 provvedimento
impugnato con 11 ricorso per cassazione è stato pubblicato
ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione,
depositato successivamente alla data di entrata in vigore
della presente legge».
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod.
proc. civ.). Parte ricorrente si duole che – pur essendo stato
dedotto da parte opposta il collegamento causale tra la
ricognizione dei debito e l’obbligazione di conguaglio
divisionale, facente carico a Giuseppina Basoli e assunta, dal
di lei figlio, Vincenzo Lojacono – la Corte territoriale
abbia, tuttavia, affermato che

«l’accordo concernente i

conguagli non viene direttamente in gioco nella presente

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1. In via preliminare va evidenziata l’irrilevanza dei

controversia, quale titolo su cui si fonda il credito
azionato» e che «la prova testimoniale non concerne un accordo
simulatorio della divisione ereditaria, rispetto alla quale il

implicitamente rigettando le

Lojacono non era parte …»,

eccezioni, da esso appellante formulate, di difetto di

di pagamento; osserva che dalla documentazione relativa alla
divisione ereditaria, prodotta nel giudizio di opposizione in particolare dalla scrittura privata in data 20.06.1991,
nonché dall’atto pubblico di divisione in data 25.09.1991 avrebbe dovuto desumersi che, anche in sede di ricognizione,
esso opponente aveva agito nella veste in cui aveva
sottoscritto la richiamata scrittura privata, e cioè quale
procuratore della madre e, comunque, avrebbe dovuto evincersi
l’assenza di causa del conguaglio, atteso che dagli stessi
atti risultava la parità delle quote.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia
violazione o falsa applicazione degli artt. 1272 e/o 1273 cod.
civ.. Al riguardo parte ricorrente deduce che, anche se egli
avesse assunto gli oneri della divisione in proprio, si
verterebbe sempre nell’ambito di un rapporto (espromissione,
come dedotto dall’opposto, ovvero accollo, come arguito da
esso opponente) che avrebbe comportato l’opponibilità al
creditore delle eccezioni spettanti al debitore principale; di
conseguenza esso opponente era legittimato ad opporre le
eccezioni di inesistenza o mancanza di causa dei conguagli,
nonché il superamento di ogni precedente patto per effetto
della stipulazione dell’atto pubblico definitivo, non potendo

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legittimazione passiva e di assenza di causa dell’obbligazione

tali eccezioni ritenersi respinte con il semplice rilievo
dell’estraneità di esso opponente agli accordi divisionali.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt. 2722, 1414 e 1417 cod. civ.
(art. 360 n.3 cod. proc. civ.). In particolare il ricorrente

testimoniale non era riferita all’atto unilaterale di
ricognizione di debito, come erroneamente ritenuto dalla Corte
di appello, bensì alla scrittura privata del 20.06.1991, nella
quale era configurabile un preliminare di divisione, nonchè
all’atto pubblico di divisione in data 25.09.1991; e poiché in
entrambi gli atti in questione non erano previsti conguagli,
la prova testimoniale avrebbe avuto, nella sostanza, ad
oggetto la simulazione parziale dei medesimi contratti sulla
base di un accordo aggiuntivo di pagamento di conguagli in
danaro, asseritamente intervenuto tra le parti e riconducibile
alla ricognizione di debito sottoscritta da esso Lojacono nel
giugno 1991, nella quale non erano indicate le ragioni per le
quali il debito veniva riconosciuto.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e
nullità del procedimento (art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ.).
Al riguardo parte ricorrente deduce che la Corte di appello
non poteva “utilizzare” la deposizione

de relato

del teste

Fiore in ordine all’assunzione di un’obbligazione di pagamento
di conguagli divisionali, in quanto la circostanza risultava
riferita al testimone dalla stessa parte attrice, ancorchè con
riguardo a documenti direttamente conosciuti dal teste.

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osserva che l’eccezione di inammissibilità della prova

1.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod.
proc. civ.). Al riguardo parte ricorrente deduce che la Corte
di appello – riconducendo la ricognizione di debito ad

riscontro nel preliminare di divisione del 20.06.1991 e
nell’atto pubblico del 25.09.1991 e, segnatamente, affermando
che l’atto pubblico riguardava solo i beni immobili – non ha
tenuto conto che nella scrittura privata del 20.06.1991, da
qualificarsi come preliminare di divisione, non era stato
previsto alcun conguaglio, sebbene le parti avessero diviso
non solo i beni immobili, ma anche beni mobili, frutti e
attrezzature.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. (art. 360 n.3
cod. proc. civ.). Al riguardo parte ricorrente deduce che
sebbene, secondo l’assunto del Basoli, l’atto di ricognizione
sarebbe anteriore o contestuale alla sottoscrizione del
preliminare di divisione di cui alla scrittura del 20.06.1991,
con efficacia integrativa di tale scrittura – occorrerebbe,
comunque, considerare che l’unica fonte dei diritti e delle
obbligazioni negoziali era il contratto definitivo del
25.09.1991 con conseguente superamento di ogni precedente
patto.
2. I motivi di ricorso si esaminano congiuntamente perché
in buona parte ripetitivi e, comunque, strettamente connessi
sotto il profilo fattuale, logico e giuridico.

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un’obbligazione per conguagli in danaro che non trovava

Le censure – incentrate, tutte, sul rilievo della mancata
previsione di conguagli in danaro negli accordi stipulati per
iscritto dagli eredi Basoli in sede di divisione – tradiscono
l’iniziale impostazione difensiva, con la quale si allegava
l’intervenuta estinzione dell’obbligazione a mezzo di assegno

della decisione impugnata e, cioè, l’essere stati sia la
ricognizione di debito (singolarmente priva dell’indicazione
della data), sia l’assegno di £ 125.000.000, consegnati
contestualmente dall’odierno ricorrente all’originario
ingiungente; il che, secondo i giudici del merito, non può
essere altrimenti spiegato se non con il fatto che il Lojacono
– peraltro persona pienamente consapevole del significato di
tali atti (trattandosi di un notaio) – non aveva estinto
integralmente con il rilascio dell’assegno l’obbligazione
assunta e aveva, quindi, riconosciuto di dovere l’ulteriore
importo di £ 125.000.000.
Si tratta di argomentazioni congrue e logiche, cui parte
ricorrente – attraverso la surrettizia deduzione del vizio di
violazione di legge e di quello motivazionale – tenta di
contrapporre una diversa ricostruzione fattuale. Si rammenta
in particolare che il vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione, laddove censuri la
ricostruzione e l’interpolazione del materiale istruttorio
accolta dalla sentenza impugnata, deve evidenziare l’erroneità
del risultato raggiunto dal giudice del merito attraverso
l’allegazione e la dimostrazione dell’inesistenza o della
assoluta inadeguatezza dei dati che egli ha tenuto presenti ai

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di £ 125.000.000 e, soprattutto, eludono l’argomento centrale

fini della decisione, o delle regole giustificative (anche
implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione
accolta, non potendo limitarsi alla mera contrapposizione di
un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più
significativi o di regole di giustificazione prospettate come

Nella specie, nessuno degli argomenti in ricorso
sostanzialmente ripetitivi di censure, già esplicitamente o
implicitamente disattese dalla decisione impugnata – coglie
nel segno. Valga considerare quanto segue:
quanto all’ammissibilità della prova testimoniale, la tesi
di parte ricorrente – secondo cui i capitoli di prova erano
indirizzati alla dimostrazione di un patto aggiunto e
contrario alla scrittura privata del 20.06.1991 e all’atto
pubblico di divisione – è contraddetta dal rilievo, svolto dai
Giudici

a quibus

(e nient’affatto smentito dal tenore dei

capitoli di prova riportati nel ricorso all’esame), secondo
cui la prova testimoniale era, piuttosto, indirizzata a
contrastare l’eccezione di estinzione dell’obbligazione
inizialmente sollevata da parte opponente ed era, comunque,
ammissibile in considerazione della pacifica estraneità del
Lojacono alle convenzioni sopra indicate; in particolare
l’evidenza, posta nella decisione impugnata, sul carattere
unilaterale della ricognizione – lungi dal rivelare l’errore
di prospettiva lamentato da parte ricorrente appare
correttamente funzionale al rilievo dell’ammissibilità dei
contenuti della prova, siccome intesi alla dimostrazione della
circostanza del (contestuale) rilascio vuoi della ricognizione

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più congrue (Cass. 25 febbraio 2005. n. 3994).

di debito, vuoi dell’assegno, non altrimenti giustificabile
che con un

parziale

assolvimento del debito di cui alla

ricognizione;
quanto all'”utilizzabilità” delle dichiarazioni del teste
Fiore, le argomentazioni di parte ricorrente eludono il
a quibus,

secondo cui la

deposizione testimoniale non era sicuramente de relato nella
parte in cui confermava la contestualità del rilascio
dell’assegno e della ricognizione di debito; e ciò per essere
stati sia l’assegno (o gli assegni), sia la scrittura
ricognitiva mostrati dal Basoli al testimone nell’immediatezza
del loro rilascio, durante il viaggio di ritorno da un
incontro nello studio Lojacono, in cui era stato raggiunto
l’accordo sulla divisione;
più in generale le censure di parte ricorrente in ordine
all’interpretazione del materiale istruttorio prescindono
dalla minuziosa disamina del complesso della prova orale e
documentale svolta nella decisione impugnata per inferirne in specie, attraverso una lettura “unitaria” delle deposizioni
anche del teste Bachisio Matteo Basoli (poi subentrato al
padre nel processo per successione ereditaria) e del teste
Oggiano (addotto proprio dall’odierno ricorrente) – il mancato
assolvimento dell’onere della prova dell’estinzione
dell’obbligazione incombente sulla parte opponente e, per
converso, la “convergenza” di tutti gli elementi acquisiti con
la tesi di parte opposta in ordine: a) alla riferibilità della
ricognizione ad un’obbligazione di conguagli; b)
all’assunzione in proprio dell’obbligazione da parte del

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puntuale rilievo dei giudici

Lojacono;

e)

alla

parziale

estinzione

della

stessa

obbligazione;
quanto alla mancata previsione per iscritto di conguagli in
danaro e, più in generale, al rilievo dell’assenza di causa
dell’obbligazione, l’assunto di parte opponente – secondo cui

preliminare di divisione e nell’atto pubblico di divisione
stipulato il 25.09.1991 il contratto definitivo, con
conseguente “superamento” di ogni precedente accordo – non
trova riscontro nella decisione impugnata, laddove, anzi, si
puntualizza che l’atto pubblico si riferiva solo ai beni
immobili, risultando estranea allo stesso atto «la complessiva
sistemazione patrimoniale, in relazione al rendimento di conti
per le gestioni pregresse delle diverse aziende agricole, ai
relativi frutti, al miglioramenti, al bestiame e quant’altro è
ovviamente rimasta fuori da ciò che è stato trasfuso (e doveva
essere trasfuso) nell’atto pubblico»

(pag. 13 della sentenza);

orbene parte ricorrente, attraverso il richiamo all’art. 5
dell’atto pubblico di divisione, contenente l’affermazione
della corrispondenza delle porzioni formate con le quote
spettanti alle parti, tenta surrettiziamente di veicolare
l’idea che tale corrispondenza risultasse anche dalla
scrittura privata o, almeno, di suggerire che l’art. 5 cit.
abbia comportato il “superamento” di ogni precedente patto,
senza considerare che i giudici di merito hanno chiaramente
individuato l’oggetto dell’atto pubblico esclusivamente nei
beni immobili, sottolineando l’esistenza di una più ampia
situazione patrimoniale rispetto a quella considerata nel

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nella scrittura privata del 21.06.1991 andrebbe individuato il

rogito notarile, regolata nel corso degli anni dagli eredi
Basoli, quale emergente dalle allegazioni delle parti e dalle
risultanze della prova testimoniale;
restano superati, sulla base di quanto sopra, anche i
rilievi del ricorrente in ordine al mancato scrutinio da parte

debitrice principale; e ciò prescindendo dalla tesi da
accogliere sull’assunzione dell’obbligazione da parte del
terzo (e cioè: quella dell’espromissione, cui mostra implicita
adesione la decisione impugnata, laddove rinviene nella prova
testimoniale la conferma del “quadro” descritto dall’oppostoingiungente ovvero quella dell’accollo, ipotizzato
dall’opponente, odierno ricorrente), atteso che, sul punto, i
giudici di appello, lungi dal limitarsi a sostenere la mera
estraneità del Lojacono agli accordi divisionali, hanno
senz’altro escluso che fosse stata fornita la prova negativa
incombente sul medesimo opponente dell’obbligazione consacrata
nell’atto ricognitivo, segnatamente rimarcando il suo
collegamento con la vicenda divisionale e, nel contempo,
l’esistenza di aspetti della divisione, che non richiedevano
l’atto scritto.
In definitiva la decisione impugnata è sorretta da una
motivazione sufficiente, coerente e rispettosa della normativa
interessata, per cui il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

12

della Corte territoriale delle eccezioni opponibili dalla

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
C 7.200,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori come
per legge.

Roma 16 ottobre 2013

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