Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25759 del 15/10/2018

Cassazione civile sez. II, 15/10/2018, (ud. 27/04/2018, dep. 15/10/2018), n.25759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8096/2013 proposto da:

S.A., rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO MASCOLO;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO INTERDIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO SORRENTO CASTELLAMMARE DI

STABIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso

lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO ESPOSITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2871/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/04/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale chiede il rigetto del

ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con citazione notificata il 27 dicembre 2000 S.A. si è dichiarata proprietaria di un fondo in Pimonte, località (OMISSIS), sul quale l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Sorrento e Castellammare di Stabia con lettera del 25 maggio 2000 aveva vantato servitù di passaggio a favore del’ proprio confinante fondo; essendo stato il passaggio di affittuari dell’ente consentito per mera tolleranza, la signora S. ha chiesto accertarsi l’inesistenza di servitù e condannarsi l’Istituto al risarcimento dei danni.

2. L’Istituto si è costituito e ha eccepito l’usucapione della servitù, in subordine chiedendo costituirsi servitù coattiva per essere il proprio fondo intercluso.

3. Con sentenza depositata il 31 dicembre 2004 il tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, ha rigettato l’eccezione di usucapione e la domanda riconvenzionale di costituzione di servitù coattiva e, in accoglimento della domanda attrice, ha accertato l’inesistenza della servitù di passaggio.

4. Con sentenza depositata il 3 agosto 2012 la corte d’appello di Napoli, in totale riforma della sentenza del tribunale e in accoglimento dell’appello principale proposto dall’Istituto, ha rigettato la domanda proposta da S.A. (il cui appello incidentale è stato dichiarato inammissibile) e ha condannato quest’ultima alle spese del doppio grado.

5. A supporto della decisione la corte territoriale ha rilevato:

– che il quadro probatorio (mediante le omogenee deposizioni di testi, il documento fotografico e gli accertamenti di c.t.u.) avvalorasse l’esistenza di un possesso ad usucapionem della servitù da epoca anteriore al ventennio antecedente l’8 luglio 1980 attraverso gli affittuari del fondo dell’Istituto;

– che il passaggio dei conduttori fosse idoneo a far acquistare la proprietà dell’usucapione al locatore se conseguente all’uso della cosa locata;

– che la scrittura privata dell’8 luglio 1980 a firma di A.M. fosse irrilevante, potendo solo l’Istituto rinunciare a pretendere il diritto;

– che l’accoglimento dell’eccezione di usucapione fosse tale da condurre al rigetto della domanda attrice.

6. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.A. su tre motivi, cui ha resistito l’Istituto con controricorso illustrato da memoria.

7. Il procuratore generale, in persona del Sostituto Dott. Lucio Capasso, ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1144,1140 e 2702 c.c., per avere la corte d’appello erroneamente disconosciuto l’idoneità della scrittura privata datata 8 luglio 1980, sottoscritta dall’affittuario del fondo dell’Istituto, a provare che il passaggio fosse concesso a titolo di tolleranza.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 1140 c.c., per avere la corte d’appello ricostruito erroneamente il carattere di normalità dell’uso sul percorso di cui si tratta, idoneo a consentire l’acquisto per usucapione in capo al locatore pur essendo il passaggio esercitato dall’affittuario, in funzione del calcolo della distanza rispetto alla via pubblica, ritenuto il più breve; viceversa si deduce essere più breve l’opposto passaggio che comporta un attraversamento in proprietà aliena per soli 10 metri.

3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, dovendo essere dichiarati inammissibili per la medesima ragione.

3.1. Essi non sono pertinenti alla ratio decidendi adottata dalla sentenza impugnata. Mentre infatti la sentenza impugnata fa discendere la prova dell’acquisto per usucapione, mediante il passaggio dei conduttori, dalle omogenee deposizioni di testi, dal documento fotografico e dagli accertamenti di c.t.u.; da epoca anteriore al ventennio antecedente l’8 luglio 1980, con i due motivi da un lato (primo motivo) – si deduce che la scrittura privata dell’8 luglio 1980 a firma di A.M. fosse idonea a far emergere una tolleranza (scrittura invece qualificata dalla corte d’appello irrilevante, potendo solo l’Istituto rinunciare a pretendere il diritto) e – d’altro lato – si attacca il carattere di normalità del passaggio degli affittuari, sostenendosi essere altro il percorso normale. I due motivi, quindi, non censurano adeguatamente il tessuto argomentativo adottato dalla corte d’appello, in cui la scrittura ha rappresentato uno solo degli elementi considerati (testimonianze, risultanze fotografiche, ecc.); mentre, d’altro canto, nessuna preventiva deduzione risulta svolta in merito alla normalità del percorso degli affittuari.

3.2. Tanto esenta questa corte dal rilevare approfonditamente altre ragioni di inammissibilità, la prima delle quali consiste nell’esserb le censure mosse alla sentenza impugnata – sotto l’apparenza di critiche per violazione di legge – di natura fattuale, concretandosi in istanze di riesame, inammissibile in sede di legittimità, del materiale probatorio già valutato dalla corte di merito. Da altro punto di vista, poi, come dedotto dal controricorrente e dal procuratore generale, la scrittura non viene trascritta nè vengono espressamente indicati i passaggi della sentenza impugnata che violerebbero i precetti normativi indicati.

4. Con il terzo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto la corte d’appello avrebbe sviluppato la motivazione della decisione gravata sulla scrittura privata del luglio 1980 ritenendola una rinuncia a un diritto già acquisito espressa dal detentore non legittimato, in luogo di qualificarla come presa d’atto delle condizioni soggettive nelle quali A.M. aveva impegnato il fondo della ricorrente per raggiungere quello detenuto.

4. Anche tale terzo motivo è inammissibile. Esso non. indica specificamente le espressioni della sentenza impugnata in cui si ravviserebbero i dedotti vizi. Nel suo complesso, poi, il motivo – come rilevato dal procuratore generale – si traduce in una richiesta di novello scrutino della scrittura del 1980 e delle residue risultanze istruttorie, mediante critiche di merito non deducibili in sede di legittimità.

3. In definitiva, il ricorso va rigettato, con, condanna della ricorrente alle spese come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 1.100 per compensi, oltre spese generali nella Misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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