Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25758 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. III, 14/10/2019, (ud. 16/01/2019, dep. 14/10/2019), n.25758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6969/2017 R.G. proposto da:

M.G., M.A. e M.P., tutti

rappresentati e difesi dall’Avv. Roberto Bianchi, con domicilio

eletto in Roma, via del Circo Massimo, n. 9, presso lo studio

dell’Avv. Francesco Innocenti;

– ricorrenti –

contro

P.G.C., e G.C. (erede di

D.N.R.), entrambi rappresentati e difesi dagli Avv.ti Roberto Cagno

e Stefania Contaldi, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultima in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina, n. 63;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1466 della Corte d’appello di Firenze

pubblicata il 12 settembre 2016;

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso, i controricorsi, il ricorso incidentale e le

memorie depositate ai sensi dell’art. 380-bis-1 c.p.c..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nell’aprile del 1999 D.N.R. e P.G.C. frazionarono un appezzamento di terreno di cui erano proprietari nel Comune di Sansepolcro, ricavandone un’area a destinazione agricola di circa 7000 mq., di cui conservarono la proprietà, e una seconda porzione, a sua volta composta da 4347 mq. a destinazione agricola e 1443 mq. a destinazione edificatoria, che invece venne alienata, in data 21 giugno 1999 a Gi., Al. e Pa.Lo..

G., A. e M.P., coltivatori diretti di fondi confinanti, esercitarono il diritto di retratto agrario ai sensi della L. n. 590 del 1965, art. 8 e della L. n. 817 del 1971, art. 7, deducendo anche il carattere fraudolento dell’operazione negoziale posta in essere dai convenuti.

Il Tribunale di Arezzo rigettò la domanda.

I M. appellarono la decisione, ma la Corte d’appello di Firenze respinse il gravame.

Contro tale decisione i M. proposero ricorso per cassazione, basato su un unico motivo.

Questa Corte, con la sentenza n. 12039 del 2014, cassò la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione. I Pa. chiesero la revocazione della decisione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, ma il ricorso venne dichiarato inammissibile con ordinanza n. 20393 del 2015.

All’esito del giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Firenze ha nuovamente respinto le domande dei M., condannandoli al pagamento delle spese di lite.

I M. hanno quindi proposto un secondo ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi.

Il P. e G.C., erede del D.N., hanno resistito con controricorso e hanno proposto ricorso incidentale condizionato, illustrato da successive memorie. I M. hanno resistito, a loro volta, con controricorso.

Il pubblico ministero non ha ritenuto di far pervenire le proprie conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione dell’art. 384 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., consistita nell’essersi il giudice di rinvio discostato dal principio di diritto affermato da questa Corte in esito al primo giudizio di legittimità.

Il motivo è fondato.

Con la sentenza n. 12039 del 2014 questa Corte, dopo aver premesso che l’unico motivo dedotto dai ricorrenti era relativo alla violazione delle norme in tema di retratto agrario, ha affermato il seguente principio di diritto: “il diritto (di prelazione e riscatto) in favore del proprietario del fondo agricolo confinante con quello offerto in vendita sussiste anche nell’ipotesi in cui, in occasione dell’alienazione, siano stati realizzati artificiosi diaframmi al fine di eliminare il requisito della confinanza fisica fra i suoli, onde precludere l’esercizio del diritto medesimo”. Poi, ha verificato come la “fattispecie concreta (…) coincide e perfettamente si inquadra in tale principio di diritto”. Nel compiere tale operazione di sussunzione, ha ripercorso i termini fattuali della vicenda, come accertati nei giudizi di merito.

Pertanto, cade platealmente in errore il giudice del rinvio allorquando afferma che “appare evidente (…) che non si tratta della enunciazione di un principio di diritto, ma dell’affermazione di un difetto di motivazione in relazione alla ricorrenza della frode” (pag. 12).

Invero, nel primo giudizio di legittimità il difetto di motivazione non venne neppure dedotto come motivo di ricorso e la Cassazione affermò, come si è già detto, in modo esplicito un principio di diritto vincolante per il giudice di rinvio.

Dall’erronea impostazione di fondo della sentenza impugnata è derivata l’altrettanto erronea convinzione, in capo alla corte territoriale, di poter “non solo valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere, in sostituzione di quella cassata” (pag. 11-12). E dunque il giudice di rinvio ha concluso che la sentenza di legittimità risultava “pacificamente emessa su un’erronea convinzione” e che l’argomento utilizzato dalla Cassazione “è invece del tutto contraddetto dai fatti”. Pertanto, ha concluso che “si impone in questa sede un riesame dei fatti” ed è pervenuta ad un nuovo rigetto della domanda attorea.

La sentenza di rinvio, pertanto, non soltanto travisa in modo assoluto la portata della sentenza rescindente, ma anche attribuisce alla Corte di cassazione un’attività valutativa nel merito che in realtà non vi è mai stata e perviene addirittura alla conclusione di “cassare” la Cassazione, affermando l’erroneità della decisione.

Peraltro, non è neppure vero – come sembra, invece, evincersi dalla lettura della sentenza impugnata – che la decisione della Cassazione sia stata fatta oggetto di riforma per errore di fatto. L’istanza di revocazione è stata dichiarata inammissibile.

E’ dunque palese la violazione dell’art. 395 c.p.c., per un verso, perchè la Corte d’appello non ha saputo individuare il principio di diritto affermato (sostenendo erroneamente che la Cassazione avesse invece rilevato un vizio di motivazione); e, per altro verso, perchè si è espressamente e intenzionalmente discostata dalla sentenza impugnata, con particolare riferimento alla sussunzione del caso concreto nella fattispecie astratta cui era applicabile il principio di diritto.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli altri.

Stante l’accoglimento del ricorso principale, occorre procedere all’esame del ricorso incidentale condizionato.

In particolare, va esaminata preliminarmente l’eccezione di carenza di legittimazione ad agire posta dai ricorrenti principali, i quali – resistendo con controricorso al ricorso incidentale – deducono che i convenuti venditori sono risultati totalmente vittoriosi nel merito e, comunque, l’accoglimento del ricorso principale non procura loro alcun effetto sfavorevole.

L’eccezione è infondata. La circostanza che i ricorrenti incidentali siano risultati vincitori nei gradi di merito non esclude l’interesse a dedurre in sede di legittimità motivi astrattamente idonei a tutelare le loro ragioni nel caso di accoglimento del ricorso principale. Il ricorso incidentale, infatti, è proposto solamente in via incidentale.

Del resto, non è vero neppure che i venditori non subirebbero alcuna conseguenza negativa dall’accoglimento della domanda di riscatto agrario proposta dai M., giacchè nell’eventualità i primi sarebbero esposti all’azione di risarcimento per evizione da parte dei Pa..

Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato, deve rilevarsi che lo stesso presenta una evidente criticità in relazione all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, risultando tutt’altro che agevole l’individuazione dei motivi del ricorso incidentale. Questo apparentemente ha inizio solo a pag. 20 dello scritto difensivo, con la titolazione “Ricorso incidentale condizionato”; ma in tale parte dell’atto processuale non si vi è la chiara formulazione dei vizi di legittimità che i ricorrenti incidentali intenderebbero far valere. Piuttosto, essi sembrano rimandare alle censure indicate, sotto il titolo “Motivi di impugnazione” da pag. 8 del controricorso.

Così individuate, con qualche incertezza, le ragioni del ricorso incidentale, va rilevato che con i due indicati motivi si deduce, rispettivamente la violazione dell’art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4 e art. 100 c.p.c., consistita nell’aver ritenuto esistente la legittimazione passiva dei venditori e sussistente un interesse ad agire degli attori nei confronti dei controricorrenti.

I motivi, che possono essere trattati congiuntamente perchè volti a contestare la stessa circostanza e ottenere identico risultato, sono infondati.

I ricorrenti incidentali (venditori) affermano che i M. avrebbero proposto unicamente una domanda di riscatto agrario, rispetto alla quale l’unico legittimato passivo sarebbe stato l’acquirente.

Questa Corte ha già affermato che l’azione di riscatto agrario, in quanto diretta non ad una sentenza costitutiva ma ad un mero accertamento, può essere esperita nei soli confronti del riscattato, senza la necessaria partecipazione dell’alienante, con la conseguente decisione incidenter tantum sulla sussistenza, in capo all’istante, del diritto di prelazione; tuttavia, nulla vieta che il retraente promuova il giudizio anche contro il venditore, al fine di fare accertare nei suoi confronti, con forza di giudicato, la prelazione da cui si ritenga pretermesso, con la conseguenza che in tale ipotesi sussiste l’interesse del venditore medesimo ad impugnare la pronunzia di accoglimento della domanda di riscatto, rispetto alla quale egli è rimasto, sostanzialmente, soccombente, in quanto il riconoscimento del diritto di riscatto in favore del retraente presuppone di necessità quello del diritto di prelazione (Sez. 3, Sentenza n. 973 del 16/01/2009, Rv. 606265).

In sostanza, sebbene i venditori non siano litisconsorti necessari nel giudizio di retratto agrario (e perciò potenzialmente estromissibili da siffatto giudizio), dal momento in cui vengono chiamati in causa dal retraente (al fine evidente di ottenere una pronuncia costituiva in ordine al riconoscimento del “prodromico” diritto di prelazione) diventano a tutti gli effetti parti del processo, come accaduto in tal caso.

Ad ogni modo, il giudice del rinvio afferma che la legittimazione processuale dei venditori discende anche dalla circostanza che la domanda degli attori era volta anche all’accertamento della natura fraudolenta del frazionamento del fondo e della successiva vendita e che tale accertamento doveva estendersi necessariamente anche ai venditori, prima ancora che agli acquirenti. Tale ratio decidendi non risulta specificatamente, o quantomeno convincentemente, contestata, giacchè sul punto i ricorrenti incidentali si limitano a svolgere considerazioni assolutamente generiche.

In conclusione, trova accoglimento il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento dei restanti. Il ricorso incidentale condizionato, invece, deve essere rigettato. Al giudice del rinvio è demandato di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Stante il rigetto del ricorso incidentale, sussistono i presupposti per l’applicazione, nei confronti dei ricorrenti incidentali, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da loro proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Rigetta il ricorso incidentale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA