Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25758 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 13/11/2020), n.25758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20382/2013 R.G. proposto da:

Foglia Umberto s.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Sergio Morichi e Massimo Gentili

ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Stefano

Notarmuzzi, in Roma, in via Amiterno, n. 3;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata ex lege;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/3/2013 della Commissione tributaria

regionale delle Marche, depositata il 31 gennaio 2013 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 luglio

2020 dal consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Foglia Umberto s.r.l. ricorre con tre motivi avverso l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 8/3/2013 della Commissione tributaria regionale delle Marche, depositata il 31 gennaio 2013 e non notificata che in controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per contestata, omessa indicazione nell’anno 2005 di componenti di reddito positivi pari a 2.141.478,37 Euro, derivanti dalla omessa contabilizzazione quale sopravvenienza attiva dell’importo accantonato tre le passività patrimoniali del “Fondo ripristino ambientale vecchia discarica” ha rigettato l’appello della società contribuente, confermando la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Macerata;

con l’avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate rilevava che, a seguito del trasferimento degli oneri post chiusura in capo alla società consortile “Guglionesi ambiente s.c.a.r.l.”, partecipata dalle società che facevano parte del raggruppamento d’imprese, comprensivo della società odierna ricorrente, si era verificata l’insussistenza dei costi futuri accantonati dalla Foglia Umberto s.r.l. tra le passività di bilancio e pertanto emergeva una sopravvenienza attiva per l’anno di imposta 2005; l’Ufficio determinava, quindi, maggiori Ires ed Irap per l’anno in oggetto, irrogando sanzioni;

avverso l’avviso di accertamento, la società proponeva ricorso, rigettato dalla C.t.p. di Macerata;

la C.t.r., investita dell’appello della contribuente, per quanto ancora di interesse, riteneva che dal punto di vista fiscale, l’art. 107, comma 4, T.u.i.r. stabilisce che non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli considerati dallo stesso Testo Unico, con la conseguenza che la società contribuente non avrebbe potuto detrarre tali costi (cosa che invece aveva fatto, effettuando una procedura di imputazione fiscale non prevista dalle norme cogenti ma soltanto tollerata dall’Amministrazione finanziaria);

secondo i giudici di secondo grado, comunque, a fronte di un accertato e documentato venir meno della futura sopportazione degli oneri di ripristino, non vi era la possibilità di non configurare come sopravvenienza attiva la somma accantonata come onere futuro;

la C.t.r. ha, quindi, concluso sostenendo che la documentazione prodotta dalla parte relativa all’esistenza di due fasi diverse della discarica non fosse dirimente in quanto la problematica era limitata all’accantonamento operato ed alla sua insussistenza, rappresentante il momento in cui si è generata la sopravvenienza attiva che costituisce un provento straordinario;

a seguito del ricorso l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 14 luglio 2020;

la ricorrente ha depositato memoria;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo la Foglia Umberto s.r.l. sussisterebbe un contrasto insanabile tra accertamento e decisione, dato che l’Ufficio aveva ritenuto legittimo l’accantonamento del fondo per i costi futuri di ripristino ambientale, contrariamente a quanto invece ritenuto dal giudice di appello;

con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 107, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

il motivo, sollevato in via subordinata nel caso del mancato accoglimento del precedente, censura l’interpretazione data dal giudice di appello del citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 107;

secondo la ricorrente, infatti, la facoltà per il contribuente, in caso di concessione, di effettuare gli accantonamenti per i costi di ripristino è prevista dallo stesso citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 107, comma 2; detta facoltà costituisce un principio di carattere generale dell’ordinamento tributario al fine di riequilibrare nello stesso esercizio economico ricavi e costi nel rispetto del principio di competenza; conforterebbe l’affermazione il richiamo dell’art. 53 Cost., sull’imposizione proporzionata alla capacità contributiva; i chiarimenti ministeriali in merito, compresa, da ultimo, la circolare 26/E del 20706/2012, sorreggerebbero tale interpretazione; se il legislatore con la finanziaria dell’anno 2007 (L. 244) ha ritenuto per l’avvenire di escludere gli accantonamenti dagli oneri di chiusura della discarica, ciò significherebbe che prima di allora essi erano considerati come legittimi;

i motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono inammissibili, in quanto non colgono la ratio della decisione impugnata, fondata sull’accertamento in fatto del venir meno dei costi di rispristino ambientale a carico della ricorrente e sul verificarsi di una conseguente sopravvenienza attiva tassabile;

invero, le imprese che utilizzano discariche sono tenute, ai sensi delle convenzioni siglate con gli enti concedenti o delle autorizzazioni amministrative ottenute, al ripristino delle condizioni iniziali dei terreni utilizzati;

gli oneri complessivi stimati per il ripristino della discarica, poi, andrebbero civilmente imputati per competenza a tutti gli esercizi nei quali è avvenuto lo smaltimento dei rifiuti e gli accantonamenti annui che confluiscono in bilancio dovrebbero essere rapportati ai quantitativi complessivi smaltiti rispetto alla capacità totale della discarica;

la questione dell’erronea interpretazione dell’art. 107 T.u.i.r. da parte del giudice di appello non assume rilevanza ai fini della decisione, che risulta motivata dal venir meno degli obblighi di ripristino a carico della società e della conseguente sussistenza, nell’anno di imposta 2005, di una sopravvenienza attiva tassabile;

con il terzo motivo di ricorso la ricorrente censura la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88 con riferimento alla norma contenuta nell’art. 1273 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo la società contribuente si può affermare che in tema di imposte sui redditi d’impresa l’insussistenza del passivo iscritto in bilancio in precedenti esercizi, sotto forma di debiti o di accertamenti, costituisce sopravvenienza attiva ai sensi del precedente del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55, comma 1, (ora art. 88), in tutti i casi in cui, per qualunque ragione e, quindi, a prescindere da eventi gestionali straordinari o, comunque, imprevedibili, una posizione debitoria debba ritenersi cessata ed assuma, quindi, una connotazione attiva come liberazione di riserve;

la ricorrente, dunque, sostiene che nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, non vi sia stato il venir meno dell’obbligo di ripristino ambientale gravante sulla società, con i relativi costi, ma, al più, vi sarebbe stato da parte della società consortile un accollo cumulativo;

anche tale motivo è inammissibile, in quanto richiede la revisione del- accertamento in fatto, già compiuto dal primo giudice ed intangibile in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

ogni ulteriore questione (relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale), sollevata dalla ricorrente tardivamente solo in memoria, è parimenti inammissibile (peraltro, la stessa ricorrente, a pag.19 del ricorso, precisa di non voler reiterare la questione dell’omessa valutazione delle osservazioni della contribuente nella fase procedimentale);

in conclusione il ricorso va complessivamente dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza di parte ricorrente e si liquidano in dispositivo;

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento,

in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in

Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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