Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25754 del 30/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.30/10/2017),  n. 25754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5766/2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1013/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/02/2011 R.G.N. 4975/07.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che con sentenza n. 1013/2011, depositata il 21 febbraio 2011, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale di Roma aveva dichiarato la illegittimità del termine apposto al contratto stipulato da C.A. e da Poste Italiane S.p.A., per il periodo dal 2/7/2002 al 30/9/2002, per “esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi dei 17, 18 e 23 ottobre, il dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”;

– che a sostegno della propria decisione la Corte di appello ha osservato come – in relazione ad entrambe le causali – la società non avesse provato l’esistenza delle ragioni giustificatrici e il rapporto di derivazione causale dell’assunzione a termine dall’insorgere delle esigenze indicate nel contratto;

– che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso Poste Italiane S.p.A., affidandosi a quattro motivi;

– che la lavoratrice è rimasta intimata;

osservato che è fondato, e deve essere accolto, il primo motivo di ricorso, con il quale la società, deducendo il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello omesso di valutare l’ammissibilità e rilevanza del capitolo di prova per testi n. 11) e di motivare le ragioni per le quali esso, nonostante la decisività delle circostanze dedotte, non potesse trovare ingresso nei giudizio;

– che, infatti, a fronte di un capitolo di prova specificamente rivolto a dimostrare l’incidenza dei processi di mobilità del personale di Poste Italiane sull’articolazione produttiva cui la lavoratrice era stata applicata, la Corte di merito si è limitata a considerazioni sulla natura “seriale” delle deduzioni della società, tanto sul piano dell’allegazione come su quello istruttorio, senza procedere ad una distinta valutazione delle singole circostanze articolate (e, fra queste, del cap. 11);

– che, in particolare, la Corte ha fondato la mancata ammissione della prova orale richiesta sul rilievo, secondo il quale le allegazioni in fatto e le deduzioni probatorie contenute nella memoria di costituzione in primo grado dell’appellante avrebbero potuto solo “avvalorare l’esistenza di una complessa manovra riorganizzativa in atto all’interno della Poste Italiane S.p.A.” ma non dimostrare la legittimità della singola assunzione nello specifico ufficio e in determinate contingenze: conclusione che, tuttavia, tralascia di valutare l’effettivo tenore del capitolo e la sua idoneità a chiarire le ricadute del processo di riorganizzazione aziendale anche sull’ufficio di concreta assegnazione della lavoratrice;

– che restano assorbiti gli altri motivi di ricorso, con i quali la società ha censurato la sentenza per avere posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle ragioni legittimanti la stipula ex novo di un contratto a termine e ciò in violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, che limiterebbe l’onere esclusivamente al caso della proroga (2^); per avere ritenuto generica la causale relativa alla sostituzione di lavoratori in ferie (3^); per aver fatto decorrere l’obbligo retributivo dalla data di costituzione in mora anzichè da quella di effettiva ripresa del servizio (4^);

ritenuto conclusivamente che – accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri – la sentenza n. 1013/2011 della Corte di appello di Roma deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale procederà alla valutazione di ammissibilità e rilevanza del capitolo di prova n. 11) dedotto da Poste Italiane nella propria memoria di costituzione nel giudizio di primo grado.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2017

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