Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25753 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. I, 22/09/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18451/2019 proposto da:

J.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Tuscolana, 346

presso lo studio dell’avvocato Olivieri Francesco, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Prefettura L’aquila;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di L’AQUILA, depositata il

11/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2021 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Giudice di Pace di l’Aquila, con ordinanza del 11.1.2019, ha rigettato l’opposizione proposta da J.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di l’Aquila in data 20.6.2018.

Ha proposto ricorso per cassazione J.A. affidandolo ad un unico articolato. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. e) e art. 30 e del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1.

Lamenta il ricorrente che il giudizio di pericolosità formulato dal Prefetto, ed avallato dal giudice di Pace, non si fonda su un accertamento in concreto, ma su una presunzione derivante dall’avere lo stesso riportato una condanna per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4 senza considerare le ragioni di coesione sociale poste alla base della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.

2. Il ricorso è inammissibile per genericità.

Va osservato che né dal decreto impugnato, ma neppure dal ricorso emerge quale sia il titolo in virtù del quale il ricorrente sia stato espulso dal territorio italiano.

Il ricorrente lamenta che la valutazione di pericolosità del Prefetto si è fondata su mere presunzioni, ma, non spiegando le ragioni per cui lo stesso è stato espulso, le sue difese non consentono di valutare in modo idoneo la rilevanza delle argomentazioni dallo stesso svolte relative alla dedotta insussistenza della pericolosità, così come prospettate.

Peraltro, neppure la rubrica dell’unico motivo dedotto consente di individuare il thema decidendum o comunque l’illustrazione del motivo si appalesa generica rispetto alle violazioni denunciate.

In primo luogo, risulta incomprensibile il riferimento al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. e), non esistendo una lett. e) in tale norma.

Parimenti incomprensibile, o comunque inconferente rispetto alla problematica della pericolosità, è il richiamo al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30 – norma che disciplina il permesso di soggiorno per motivi familiari – atteso che tutte le questioni relative al rilascio del permesso di soggiorno non rilevano in sede di espulsione, nella quale il giudice deve solo rendere atto della mancanza del titolo di soggiorno e la legittimità o meno del mancato rilascio dello stesso è questione riservata al distinto giudizio che si svolge davanti al giudice amministrativo (cfr., per tutte, Cass. S.U. 22217/2006).

Infine, anche l’illustrazione delle argomentazioni a sostegno della dedotta violazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 (legislazione antimafia) si appalesa come aspecifica al cospetto delle plurime fattispecie previste da tale norma.

Anche ove il Prefetto avesse ritenuto di configurare la fattispecie di cui alla lett. c) della norma in oggetto, il ricorrente non si è sufficientemente confrontato con l’affermazione del giudice di Pace, che ha fondato la valutazione di pericolosità anche sulla base dei suoi precedenti di polizia: sul punto, il ricorrente, ignorando tale rilievo, si è limitato ad evidenziare che lo stesso presentava a suo carico un solo precedente penale (circostanza non confliggente con quanto rilevato dal giudice di pace, che ha evidenziato che lo stesso era stato condannato per il reato previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 4).

Non si liquidano le spese di lite, non avendo l’amministrazione intimata svolto difese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

 

 

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