Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25752 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. I, 22/09/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9550/2020 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’Avv.to Giuseppe Briganti, del foro di Urbino;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 82/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 29/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Ancona con sentenza in data 29/1/2020, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da S.A. nato in (OMISSIS) il (OMISSIS) volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese perché era stato cacciato dalla sua famiglia dopo essersi convertito all’Islam e perché non poteva curarsi in quanto affetto da epatite C e clamidia pneumoniae.

La Corte di Appello di Ancona pur ritenendo credibile la narrazione del ricorrente, ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8 ed i presupposti richiesti da D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale, tortura o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito ha negato il ricorrere di uno stato di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nel suo paese di provenienza nonché una situazione di elevata vulnerabilità individuale in considerazione che le patologie potevano essere curate anche in patria.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, degli artt. 112,132,156,342 c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perché la motivazione della sentenza impugnata è omessa o carente, in particolare, pur non mettendo in dubbio la credibilità non si indaga sulla situazione socio-economico-politica del (OMISSIS).

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in particolare in ordine al sistema sanitario e socio-assistenziale.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione sotto un terzo profilo, per violazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3 e art. 32 Cost., della L. n. 881 del 1977, art. 11 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8, 9, 10, 13, 27, 32 e art. 35 bis, comma 11 e dell’art. 16 della dir. n. 2013/32, nonché degli artt. 2, 3 – anche in riferimento all’art. 115 e 117 c.p.c. – D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 5, 6, 7 e 14 e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, per la ritenuta irrilevanza della credibilità del ricorrente e per la mancanza di un ruolo attivo del giudice del merito: poiché il Giudice si limitava a ritenere irrilevante la vicenda narrata, in quanto vicenda privata e di miglioramento socio-economico, senza argomentare in merito alle ragioni dell’asserita irrilevanza.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 13 della convenzione EDU, dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 46 della dir. n. 2013/32, per mancato rispetto del principio di effettività del ricorso, in presenza della denunciata violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

Il ricorso deve essere accolto in ordine al primo motivo, inammissibili gli altri tre motivi.

In ordine al primo motivo in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la motivazione apparente ricorre quando la motivazione, pur essendo graficamente e, quindi, materialmente, esistente, come parte del documento in cui consiste la sentenza o altro provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).

Con orientamento ormai consolidato e ribadito anche di recente, quindi, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio,né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819).

Nella fattispecie invero la Corte d’Appello non ha motivato adeguatamente sul diniego della protezione umanitaria richiesta e non ha spiegato perché ha ritenuto di escludere l’esistenza di una situazione di vulnerabilità legata alla vicenda individuale dell’istante.

Infatti come rilevato a pag. 25 del ricorso, la Corte di Appello si è limitata ad affermare che le patologie di cui soffre il ricorrente e cioè epatite C, comprovata dalla documentazione medica già prodotta in primo grado ed allegata al ricorso in cassazione, “ben possono essere trattate con successo nel paese di provenienza” senza tuttavia indicare da quali dati o elementi abbia tratto tale conclusione, mentre possono ritenersi non decisive le circostanze della giovane età del richiedente asilo e la sua condizione di povertà che non costituiscono, invece, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte elementi sufficienti al riconoscimento della protezione umanitaria.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto nella fattispecie la Corte d’Appello ha motivato adeguatamente la decisione mentre il ricorrente non ha indicato qual è il fatto storico che il giudice ha omesso di esaminare.

Giova, invero, premettere che, per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oggetto del vizio di cui alla citata norma è oggi esclusivamente l’omesso esame circa un “fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Il mancato esame, dunque, deve riguardare un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un “fatto” costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (Cass., 8 settembre 2016, n. 17761; Cass. 13 dicembre 2017, n. 29883), e non, invece, le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass., SU, 20 giugno 2018, n. 16303; Cass. 14 giugno 2017, n. 14802), oppure gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass., Sez. U.,7 aprile 2014, n. 8053). E’ utile rammentare, poi, che Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053, ha chiarito che “la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come ed il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti. Se poi come fatto storico il ricorrente intende “la mancanza di protezione da parte degli organi statuali” genericamente menzionata è agevole osservare che non è stata menzionata o denunciata dal ricorrente come causa dell’abbandono del suo paese di origine non avendo il predetto, nel narrare la sua vicenda personale, mai fatto alcun riferimento ad una denuncia delle minacce subite presentata alle forze dell’ordine e ad una loro risposta negativa alla sua ricerca di protezione.

Il terzo e quarto motivo di ricorso sono inammissibili, poiché in essi vengono richiamate le norme menzionate in rubrica, ma non viene in alcun modo spiegato come e perché la Corte le avrebbe violate, risolvendosi peraltro i predetti motivi in un richiamo alle argomentazioni già svolte. Il ricorrente deduce la violazione di una pluralità di disposizioni normative, omettendo di precisare le affermazioni in diritto della sentenza che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità), genericamente richiamate nella intestazione del motivo, e senza ricondurre una specifica statuizione della sentenza alla violazione di una determinata norma, impedendo così alla Corte regolatrice di adempiere al suo compito di verificare il fondamento della lamentata violazione.

Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto in ordine al primo motivo, inammissibili gli altri, cassata la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibili gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione, al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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