Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25752 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 14/10/2019), n.25752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21582-2018 proposto da:

C.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 41, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO SEPIACCI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO TURTURICI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 101/12/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 09/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 9 gennaio 2018 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, rigettava il ricorso proposto da C.M.C. contro l’avviso di accertamento con il quale, in relazione all’anno d’imposta 2007, veniva recuperato a tassazione, ai fini IRPEF e IRAP, l’importo dedotto dalla contribuente, quale costo risultante da fatture emesse dal suo difensore distrattario per spese legali, concernenti un giudizio civile nel quale la C. era risultata vittoriosa, e pagate direttamente all’avvocato dalla parte soccombente. Osservava la CTR che dal tenore delle lettere di accompagnamento relative alle fatture trasmesse dal difensore alla contribuente si evinceva che i relativi importi erano stati corrisposti all’avvocato distrattario dalla parte soccombente, essendo state le fatture inviate alla contribuente soltanto ai fini dell’IVA, dovuta, a titolo di rivalsa, al difensore dalla sua cliente, abilitata a detrarla.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 29 giugno 2018, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle entrate non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente – denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. – sostiene che, in mancanza della produzione in giudizio della documentazione comprovante l’avvenuto pagamento da parte della parte soccombente in favore del difensore distrattario, a fronte delle contestazioni sollevate dalla contribuente volte a dimostrare il pagamento diretto dalla stessa effettuato delle fatture in favore del proprio difensore, non poteva ritenersi raggiunta la prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, il cui onere gravava sull’Amministrazione finanziaria.

Il motivo è infondato.

Ed invero, la ricorrente, pur formalmente denunciando violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 2697 c.c., prospetta un vizio che impinge nella valutazione della prova riservata al giudice di merito.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014). Va poi rammentato che “Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. n. 7921 del 2011, Cass. n. 9097 del 2017).

Alla stregua dei richiamati principi, le censure mosse dalla ricorrente si risolvono nella richiesta di una diversa valutazione delle risultanze processuali poste dalla CTR a fondamento della decisione, segnatamente la valenza probatoria attribuita dal giudice di appello alle lettere di accompagnamento con le quali erano state trasmesse alla contribuente le fatture relative alle spese legali, nelle quali il difensore della stessa faceva espresso riferimento alla circostanza che le fatture concernevano “spese legali corrisposte dall’Azienda ASL n. 1 di Agrigento”.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in via subordinata, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti sotto il profilo della radicale omissione della motivazione in ordine alle ragioni dell’indeducibilità del costo relativo alle spese legali sostenute dalla ricorrente e dalla stessa documentate e/o sotto il profilo della motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La censura è fondata.

La contribuente, assolvendo all’onere di autosufficienza del ricorso, ha richiamato la documentazione (n. 28 fatture quietanzate dal difensore, mastrini di contabilità descrittivi delle operazioni eseguite, modello 770 contenente l’indicazione delle ritenute operate a carico del professionista e regolarmente versate e certificate) prodotta con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado al fine di dimostrare di aver provveduto al pagamento delle spese legali in favore del proprio difensore, assumendo conseguentemente che, anche in ipotesi di duplicazione di pagamento in favore del professionista, sussisteva il diritto della ricorrente alla deducibilità dei costi materialmente sostenuti.

Orbene, l’esame di tali circostanze è stato del tutto pretermesso dal giudice di appello, sicchè appare nella specie configurabile il vizio dedotto dalla ricorrente.

In conclusione, la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 14 ottobre 2019

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