Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25750 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. III, 22/09/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11637/18 proposto da:

-) Avv. P.A., elettivamente domiciliato a Olgiate Molgora

(LC), v. Aldo Moro n. 2/4, difeso da se medesimo ex art. 86 c.p.c.;

– ricorrente –

contro

-) C.R.;

– intimato –

per la revocazione della ordinanza della Corte di cassazione

28.9.2017 n. 22756;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24 marzo 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;

viste le conclusioni dei Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI

Annamaria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso quanto

alla fase rescindente, e il rigetto quanto alla fase rescissoria.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.A. ha chiesto la revocazione, ex art. 391 bis c.p.c. della ordinanza di questa Corte 28 settembre 2017 n. 22756.

Ha dedotto che la suddetta ordinanza, per mero errore materiale, ha trascurato di esaminare uno dei motivi di impugnazione da lui proposti avverso la sentenza del Tribunale di Lecco 14.6.2016 n. 424.

2. Con ordinanza 15 novembre 2019 n. 29774 la Sesta sezione civile di questa corte, reputato ammissibile il ricorso, l’ha rinviato alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente sostiene che la sentenza revocanda sarebbe incorsa in un errore materiale per avere deciso solo due dei tre motivi di ricorso.

Il primo motivo di ricorso non solo non sarebbe stato deciso, ma non sarebbe stato neanche “percepito”, come si desume dal fatto che la sentenza revocanda non ne fa cenno.

2. Con riferimento al giudizio rescindente, il ricorso è fondato. La vicenda processuale oggi in esame può infatti riassumersi come segue:

-) P.A. rimase soccombente in un giudizio celebrato dinanzi al Giudice di pace di Lecco, che lo condannò alla rifusione delle spese in favore della controparte Pi.Am., per l’importo di Euro 704,13; tali spese vennero distratte ex art. 93 c.p.c. a favore del procuratore della parte vittoriosa, avv. C.R.;

-) l’avv. C.R. il 10.3.2015 notificò precetto a mezzo PEC ad P.A., odierno ricorrente;

-) P.A. propose opposizione ex art. 615 e 617 c.p.c., fondata su tre motivi subordinati l’uno all’altro, e cioè:

a) due dei tre files allegati al messaggio PEC erano illeggibili;

b) in ogni caso la sentenza di condanna recava la formula esecutiva a favore solo di Pi.Am., sicché l’avvocato distrattario non era legittimati ad agire esecutivamente in proprio sulla base di quel titolo;

c) infine, per l’ipotesi in cui l’esecuzione fosse risultata proposta da Pi.Am., l’opponente eccepì il difetto di legittimazione e l’estinzione del credito per compensazione.

3. Il Tribunale di Lecco con sentenza 14 giugno 2016 n. 424 rigettò l’opposizione.

Il Tribunale, dopo avere rigettato i motivi di opposizione fondati sulla illeggibilità dei documenti allegati al messaggio PEC di notifica del precetto, ritenne che “ogni altra lamentela diviene incompatibile” con l’affermata illeggibilità di quei documenti, e dichiarò inammissibili i restanti motivi di opposizione.

4. Avverso tale sentenza P.A. propose ricorso per cassazione formulando tre motivi di ricorso.

Col primo motivo (pagina 3 del ricorso originario) dedusse la violazione dell’art. 475 c.p.c., sostenendo che con l’opposizione agli atti esecutivi aveva formulato due domande subordinate: la nullità del precetto e, in subordine, il difetto di legittimazione del precettante avv. C.R.; e che il Tribunale aveva invece ritenuto inammissibile la sua opposizione sul presupposto della inconciliabilità dei due motivi di opposizione.

4.1. Col secondo motivo del ricorso originario (pagina 8) il ricorrente lamentò la violazione degli artt. 3 e 24 Cost., nonché dell’art. 149 bis c.p.c.. Dedusse che il precetto notificatogli dall’avvocato C.R. conteneva file allegati in formato “p7m”; che questo formato è illeggibile per il destinatario, e che il destinatario non aveva alcun obbligo di dotarsi di strumenti informatici per la decodifica di quel formato.

4.2. Col terzo motivo del ricorso originario (pagina 15) il ricorrente impugnò la sentenza di merito nel capo relativo alla regolazione delle spese.

5. L’ordinanza di cui si chiede la revocazione ha premesso che l’avv. P.A. ha proposto ricorso per cassazione “affidandosi a due motivi”, ed in effetti ha esaminato solo il secondo motivo (indicato come “primo motivo”, a pagina 3, penultimo capoverso, del provvedimento); ed il terzo motivo (indicato come “secondo motivo”, a pagina 8 del provvedimento).

Sussiste dunque effettivamente l’errore materiale, come si evince non solo dal mancato esame di un motivo di ricorso, ma anche dal fatto che il secondo ed il terzo motivo sono stati espressamente indicati nell’ordinanza revocanda come “primo” e “secondo” motivo.

Un evidente errore percettivo, dunque, probabilmente indotto dalla struttura grafica del ricorso, i cui motivi non erano separati da numeri di paragrafo né da interlinea vuoti tra un paragrafo e l’altro.

L’omesso esame di un motivo di ricorso da parte della Corte di cassazione, secondo la giurisprudenza della medesima, costituisce un vizio revocatorio (ex multis, Sez. U -, Ordinanza n. 31032 del 27/11/2019, Rv. 656234 – 01).

6. Per quanto attiene il giudizio rescissorio sul merito del motivo non esaminato dalla ordinanza revocata, esso è fondato.

Come accennato, nell’opposizione (qualificata dal giudice di merito) agli atti esecutivi l’opponente aveva formulato due motivi di opposizione: da un lato aveva dedotto l’illeggibilità dei files allegati alla notifica a mezzo PEC del precetto; dall’altro aveva dedotto che comunque C.R. non era munito di un valido titolo esecutivo; infine, aveva dedotto che, se si fosse ritenuto che l’esecuzione era stata iniziata in nome e per conto di Pi.Am., il credito di questa si era estinto per compensazione.

6.1. Il Tribunale di Lecco ha dichiarato “inammissibile” questo motivo di opposizione, sul presupposto che, avendo l’opponente con la domanda principale negato che i documenti allegati alla notifica fossero leggibili, ciò gli avrebbe impedito di eccepire anche la mancanza di legittimazione in capo al precettante o l’estinzione del credito per compensazione, in quanto tali eccezioni presupponevano che i documenti allegati alla notifica a mezzo PEC fossero stati letti.

Così decidendo, tuttavia, il Tribunale ha pronunciato una sentenza oggettivamente irrazionale.

L’opponente, infatti, aveva formulato tre motivi di opposizione: uno principale (illeggibilità del documento), gli altri due subordinati (difetto di legittimazione del precettante; estinzione del credito per compensazione).

Due domande si dicono subordinate quando tra esse esista un vincolo di esclusione reciproca: condizione per l’esame della domanda subordinata, infatti, è necessariamente l’infondatezza della domanda principale.

La natura del rapporto logico che deve esistere tra domanda principale e domanda subordinata, perciò, non solo non impedisce che l’una e l’altro siano fondate su tesi giuridiche o di fatto tra loro incompatibili, ma anzi ne costituisce il necessario presupposto, come questa Corte ha ripetutamente affermato da decenni (in tal senso si vedano già Sez. 2, Sentenza n. 80 del 07/01/1967, Rv. 325735 – 01, e Sez. 1, Sentenza n. 1465 del 03/05/1969, Rv. 340263 – 01; più di recente, nello stesso senso, ma ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 6629 del 12/03/2008, Rv. 602088 – 01).

Nulla vietava, dunque, al ricorrente di contestare in via principale l’intelligibilità dell’atto notificatogli; e soggiungere poi, in via subordinata, che ove quell’atto fosse stato ritenuto dal giudicante leggibile, esso era comunque affetto da una nullità formale.

7. I rilievi che precedono impediscono di condividere la richiesta di rigetto dell’impugnazione quanto alla fase rescissoria, formulata dal Procuratore Generale.

Questi muove dal presupposto che il ricorrente, col primo motivo dell’originario ricorso deciso dall’ordinanza revocata, abbia formulato una censura di omessa pronuncia sulle sue domande subordinate: ma avendo il Tribunale dichiarato inammissibili quelle domande, omessa pronuncia non vi fu.

Osserva altresì il Procuratore Generale che il primo motivo del ricorso (originario) anderebbe comunque dichiarato inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, per mancata trascrizione dell’atto di precetto.

7.1. La prima di tali eccezioni non può essere accolta, in quanto l’esame del ricorso originario (p. 6) rivela che il ricorrente non prospettò come vizio della sentenza impugnata una omessa pronuncia, ma censurò il giudizio con cui il Tribunale ritenne che una domanda subordinata possa dirsi inammissibile sol perché in contrasto con quella principale.

7.2. La seconda delle suddette eccezioni nemmeno può essere condivisa, dal momento che il primo motivo del ricorso (originario) non poneva alcuna questione concernente la validità o la nullità del precetto (nel qual caso soltanto il ricorrente avrebbe avuto l’onere di trascrivere il contenuto del precetto).

Il ricorso chiedeva di esaminare una questione ben diversa, e cioè se fosse legittima una sentenza che avesse dichiarato inammissibile una domanda subordinata, sol perché fondata su presupposti di fatto incompatibili con la domanda principale.

8. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione:

-) accoglie il ricorso;

-) revoca in parte qua l’ordinanza n. 22576/17 di questa Corte;

-) pronunciando sulla fase rescissoria, accoglie il primo motivo del ricorso r.g.n. 18664/19, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Lecco, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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