Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25750 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25750 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 4572-2008 proposto da:
LA GRAFFERIA S.R.L. 06605820635 (già LA GRAFFERIA DI
DE PINTO ASSUNTA & C.) in persona del suo
Amministratore Unico e legale rappresentante Sig.ra
DE PINTO ASSUNTA, domiciliata ex lege in ROMA, presso
la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
2013
1808

rappresentata e difesa dall’avvocato PISTONE GIUSEPPE
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

0.S.A.I. S.R.L. 05199071217 in persona del suo legale

1

Data pubblicazione: 15/11/2013

rappresentante pro tempore Sig. CESARE FALCHERO,
elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE
CLODIA 86, presso lo studio dell’avvocato MARTIRE
ROBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato
CHIANTERA AMEDEO giusta delega in atti;

nonchè contro

PARKS AND LEISURE S.R.L.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 3663/2006 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/12/2006, R.G.N.
4093/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

– controricorrente –

R.g.n. 4572-08 (ud. 3.10.2008)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. La s.r.l. “La Grafferia”, qualificandosi come già s.a.s. “La Grafferia” di De Pinto
Assunta & C., ha proposto ricorso per cassazione contro la s.r.l. 0.S.A.I. e la s.r.l. Parks
and Leisure (interventrice nel giudizio di appello, per quello che si legge nella sentenza
impugnata, “in quanto cessionaria” della 0.S.A.I.) avverso la sentenza del 21 dicembre
2006, con la quale la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello principale della detta

s.a.s. e dichiarato assorbito quello incidentale condizionato della 0.S.A.I. contro la
sentenza del Tribunale di Napoli, la quale aveva pronunciato sulla domanda introdotta
dalla 0.S.A.I. nel marzo del 2004, per ottenere la declaratoria della cessazione alla
scadenza del 31 dicembre 2000 di un contratto di affitto di azienda e la condanna della
s.a.s. alla restituzione dell’azienda ed al pagamento di somme a vario titolo dovute in
relazione all’intercorso rapporto, nonché sulla domanda riconvenzionale della convenuta
intesa ad ottenere l’accertamento della natura di locazione ad uso diverso da quello
abitativo del contratto inter partes e della sua cessazione, in forza dei rinnovi ai sensi della
disciplina di cui alla 1. n. 392 del 1978, alla data del 31 gennaio 2011, nonché la condanna
dell’attrice alla restituzione di somme corrisposte in eccedenza rispetto al canone di legge.
§2. Il Tribunale, disposto il cambiamento del rito ed il passaggio della causa,
introdotta con citazione, alla trattazione con il rito di cui all’art. 447-bis c.p.c. con la sua
decisione, dopo aver qualificato il rapporto contrattuale come affitto di azienda, lo
dichiarava cessato alla data del 31 dicembre 2011, condannava la convenuta al rilascio
dell’azienda con le relative pertinenze ed i relativi accessori, nonché al pagamento della
somma di E 24.789,93 oltre interessi dal 30 marzo 2004 (a titolo di canone per il 2011 e di
indennità di occupazione per gli anni 2002, 2003 e 2004, mentre rigettava le domande
riconvenzionali della convenuta stessa.
§3. Al ricorso contro la sentenza della Corte napoletana hanno resistito con
congiunto controricorso la s.r.l. 0.S.A.I. e la s.r.l. Parks and Leisure.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso,
prospettata dalle resistenti sotto il profilo che la s.r.l. ricorrente non avrebbe documentato
le ragioni per le quali essa si identificherebbe con la s.a.s. che risulta essere stata parte nel
giudizio di appello, nel quale è stata pronunciata la sentenza impugnata
3
Est. Cons. Ra

rasca

R.g.n. 4572-08 (ud. 3.10.2008)

I principi di diritto che governerebbero la questione sarebbero i seguenti: «In tema
di impugnazione per cassazione, al fine dell’ammissibilità del ricorso proposto da soggetto
che non è stato parte del giudizio di merito, questi deve allegare la propria “legitimatio ad
causam” e fornirne la dimostrazione per essere subentrato nella medesima posizione del
proprio dante causa. Così, ove ricorrente sia una società che assuma di derivare, per
fusione o trasformazione, da altra società che aveva partecipato al giudizio, questa deve

consentita anche in sede di legittimità e può fornirsi mediante rituale deposito e
comunicazione alla parte avversaria di copia degli atti relativi al procedimento di
trasformazione o fusione.» (Cass. n. 17681 del 2007); «Qualora il giudizio di appello si
sia svolto nei confronti di una determinata società di persone ma il ricorso per cassazione
sia stato proposto da una società di capitali, ancorché avente la stessa denominazione
sociale, è necessario, ove la controparte contesti l’identità soggettiva della ricorrente e la
conseguente legittimazione processuale, che quest’ultima dimostri, a pena di
inammissibilità del ricorso, l’avvenuta sua trasformazione dalla società originariamente
costituita, a norma dell’art. 372 cod. proc. civ., mediante deposito e comunicazione alla
parte avversaria della copia dell’atto pubblico previsto dall’art. 2498 cod. civ..>> (Cass. n.
396 del 2000); «La società che propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di
appello emessa nei confronti di un’altra società, della quale affermi di essere successore (a
titolo universale o particolare), è tenuta a fornire la prova documentale della propria
legittimazione, nelle forme previste dall’art. 372 cod. proc. civ., a meno che il resistente
non l’abbia – nel controricorso, e non successivamente, nella memoria ex art. 378 cod.
proc. civ. – esplicitamente o implicitamente riconosciuta, astenendosi dal sollevare
qualsiasi eccezione in proposito e difendendosi nel merito dell’impugnazione.» (Cass. n.
11650 del 2006).
Nel caso di specie, peraltro, parte ricorrente ha depositato con il ricorso atto per
Notar Prattico rep. 113053, n. racc., 21343, del 13 maggio 2005, dal quale si evince la
trasformazione di denominazione indicata dal ricorso.
§2. Con il primo motivo di ricorso si fa valere “violazione degli artt. 1571 e 2555 e
seg. c.p.c. [rectius: c.c.] Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia”.
L’illustrazione del motivo è conclusa dal seguente quesito di diritto: <> (Cass. n. 15210 del 2005); b) <> (Cass. n. 5989
del 2007).
Tanto si osserva non senza rilevare ulteriormente che tutta l’illustrazione del motivo
si risolve in affermazioni del tutto apodittiche, che vorrebbero demandare alla Corte di
esaminare il problema di qualificazione con una sorte di delega generica.
§3. Con un secondo motivo si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli articoli
2697 e seguenti c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia”.
L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: <>.
§3.1. Anche tale proposizione, se intesa come quesito di diritto, presenta inidoneità
ad assolvere al requisito di cui all’art. 366-bis c.p.c., attesa la mancanza di conclusività per
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Est. Con Raffaele Frasca

R.g.n. 4572-08 (ud. 3.10.2008)

l’assenza di qualsivoglia riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, se intesa,
invece, come momento di sintesi presenta altrettale inidoneità, dato che si omette qualsiasi
indicazione del fatto controverso e delle ragioni del vizio motivazionale, sempre in ragione
di quell’assenza.
§3.2. Il motivo è anche in questo caso inammissibile altresì per inosservanza dell’art.
366 n. 6 c.p.c., atteso che evoca documenti (“titoli bancari prodotti”) nuovamente

§3.3. Inoltre, il motivo appare inammissibile, in quanto, ai fini della questione che
prospetta omette di farsi carico della motivazione della sentenza impugnata nella parte che
segue il passo che evoca in chiusura della illustrazione, riproducendolo fra virgolette (righi
13-17 della pagina 34 del ricorso), parte che si dilunga per tredici righe nella pagina 6 della
sentenza e per sei righe nella pagina successiva.
Sicché l’inammissibilità sotto tale profilo deriva dal principio di diritto per cui il
motivo di ricorso per cassazione, come ogni motivi di impugnazione, suppone la critica
alla motivazione della sentenza impugnata e, dunque, non la può ignorare, essendo
altrimenti inidoneo allo scopo (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).
§4. Un terzo motivo deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697
seguenti c.p.c. [rectius: c.c.]; e 1193 e segg. c.c. Omessa, insufficiente contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia”.
L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: <>.
Anche tale proposizione si presta alla valutazione di inidoneità sia come quesito di
diritto che come momento di sintesi, stante l’assenza di conclusività. Il motivo è, quindi,
inammissibile perché non rispettoso dell’art. 366-bis c.p.c.
E’ inammissibile anche per inosservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c., atteso che in esso si
evocano il contratto e precisamente l’art. 12 di esso e non meglio identificate quietanze, ma
non solo perdura la mancata indicazione del se e dove il contratto sia stato prodotto in
questo giudizio di legittimità, ma nemmeno vengono identificate le quietanze, del tutto
genericamente evocate.

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Est. Con

e Frasca

omettendo di fornirne l’indicazione specifica nei sensi di cui alla ricordata giurisprudenza.

R.g.n. 4572-08 (ud. 3.10.2008)

Si aggiunga che la lettura del motivo evidenzia una prospettazione – quella secondo
cui “in base al principio dell’onere della prova, spettava alla s.r.l. OSAI provare che gli
importi per i quali la società conduttrice aveva proposta l’azione di indebito, riguardavano
il pagamento di altri oneri, ipoteticamente, posti contrattualmente a carico della società
conduttrice” — che è priva di fondamento, là dove omette di porre una sua premessa
necessaria, cioè che la qui ricorrente avesse dimostrato che le quietanze dei propri

Invero, colui che agisce in ripetizione di un indebito pagamento, in tanto può
pretendere che la controparte che deduca l’inesistenza dell’indebito perché il pagamento
aveva diversa causale debba provare quest’ultima, in quanto egli abbia prima dimostrato la
causale del pagamento effettuato.
Il motivo sarebbe, dunque, anche inidoneo a sorreggere in iure quanto vi si prospetta.
Il motivo è dichiarato inammissibile per le indicate ragioni.
§5. L’inammissibilità di tutti i motivi determina quella del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo in base al d.m. n. 140 del 2012.

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro seimiladuecento, di cui
duecento per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 3
ottobr 01

pagamenti per i quali agiva in ripetizione di indebito recassero una certa imputazione.

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