Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25749 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25749 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 32099-2007 proposto da:
GIRASOLI

DANIELA GRSDNL66S41E506R,

elettivamente

domiciliata in ROMA, V. TARO 25, presso lo studio
dell’avvocato MAGARAGGIA DEBORA, rappresentata e
difesa dall’avvocato DELL’ANNA PIERLUIGI giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

1806

TORTORELLA LUIGI

TRTLGU39L22E506U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo
studio dell’avvocato MASTROLILLI STEFANO, che lo

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Data pubblicazione: 15/11/2013

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TIZZANI
GIUSEPPE giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1029/2007 del TRIBUNALE di
LECCE, depositata il 05/06/2007, R.G.N. 3335/2004;

udienza

del

03/10/2013

dal

Consigliere

Dott.

ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato STEFANO MASTROLILLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 05.06.2007, notificata il 19.11.2007
il Tribunale di Lecce ha rigettato l’opposizione proposta ex
art. 615 cod. proc. civ. da Daniela Girasoli avverso
l’esecuzione intrapresa nei suoi confronti da Luigi

credito cambiario di 190.443.484 emesso dal Tribunale di
Torino in data 14.03.2001, notificato

ex art. 140 cod. proc.

civ. e non opposto; rigettava la domanda di risarcimento
danni per responsabilità aggravata; condannava l’opponente
al pagamento delle spese processuali.
Il ricorso ex art. 615 cod. proc. civ. era stato proposto
per contestare il diritto del Tortorella a procedere
all’esecuzione forzata, sull’assunto che la notificazione
del decreto eseguita ex art. 140 cod. proc. civ. – siccome
effettuata in Lecce al numero civico l/a di via Coniger,
anziché al numero l della stessa via, nel quale la Girasoli
indicava la propria residenza fosse inesistente
giuridicamente.
Il Tribunale – rilevato che non era stata proposta querela
di falso avverso la relata di notifica con la quale
l’ufficiale giudiziario aveva, tra l’altro, dato atto di
avere immesso l’avviso nella cassetta postale della
destinataria e considerata, altresì, la discordanza dei dati
emergenti dai certificati prodotti dalle parti – ha ritenuto
che la notifica,

al massimo, potesse ritenersi nulla, con la

conseguenza che la Girasoli avrebbe potuto eventualmente
proporre opposizione tardiva ex art. 650 cod. proc. civ. e

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Tortorella in forza di decreto ingiuntivo di pagamento del

non già opposizione all’esecuzione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Daniela Girasoli, svolgendo due motivi.
Ha resistito Luigi Tortorella, depositando controricorso e
deducendo l’inammissibilità del ricorso, attesa la

impugnazione in appello e comunque l’appellabilità della
sentenza.
E’ stata depositata memoria di parte resistente.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009), è soggetto alla disciplina di
cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg. come risultanti
per effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006; si applica, in
particolare, l’art. 366

bis

cod. proc. civ., stante

l’univoca volontà del legislatore di assicurarne ultraattività

(ex multis,

cfr. Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194),

atteso che la norma resta applicabile in virtù dell’art. 27,
comma 2 del cit. d. Lgs ai ricorsi per cassazione proposti
avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a
decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè
dal 2 marzo 2006, senza che rilevi la sua abrogazione, a far
tempo dal 4 luglio 2009, ad opera della L. 18 giugno 2009,
n. 69, art. 47, comma 1, lett- d), in forza della disciplina
transitoria dell’art. 58 di quest’ultima.
1.1. Inoltre la sentenza – sempre in ragione della data in
cui è stata depositata – non è impugnabile ed è quindi

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contestuale proposizione avverso la stessa sentenza di

ricorribile per cassazione. Va,

infatti,

ribadito un

principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte
regolatrice, secondo cui le sentenze conclusive in primo
grado dei giudizi di opposizione all’esecuzione pubblicate
tra il 1 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 non sono impugnabili

ult. inc., nel testo introdotto dalla L. n. 52 del 2006,
art. 14, (abrogato con la L. n. 69 del 2009, art. 49, comma
2), quindi sono soltanto ricorribili per Cassazione

ex art.

111 Cost. (cfr. tra le più recenti: Cass. 20 marzo 2012 n.
4380, Cass. ord. 30 aprile 2011 n. 9591; Cass. 21 gennaio
2011, n. 14022; nonché

a contrarlo

Sez. Unite, 29 aprile

2009, n. 9940). Invero, al fine di individuare il regime di
impugnazione di una sentenza non rileva la data di
introduzione del giudizio che con quella sentenza si è
concluso, ma la data di pubblicazione della sentenza della
cui impugnazione si tratta (cfr. Corte Cost. 13 marzo 2008
n. 53); ciò in quanto, operando il principio
actum,

tempus regit

il regime delle impugnazioni della sentenza deve

essere determinato dalla legge vigente al momento in cui
l’atto viene posto in essere (cfr. Cass. n. 26294/07, n.
20414/06, n. 6099/00 e con specifico riferimento alla nuova
formulazione dell’art. 616 cod. proc. civ. cfr. Cass. n.
2043/2010, n. 1402/2011).
1.3. Neppure rileva ai fini dell’ammissibilità del ricorso
la circostanza che sia stata proposta

anche impugnazione in

appello. Invero in tema di impugnazioni, il principio di
consumazione del relativo potere non esclude che, fino a

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in ragione di quanto disposto dall’art. 616 cod. proc. civ.,

quando non intervenga una declaratoria d’inammissibilità
dell’atto d’appello preventivamente notificato, possa essere
proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, contro
la quale sia ammessa soltanto la ricorribilità per
cassazione, sempre che la seconda impugnazione risulti

caso di mancata notificazione della sentenza medesima, non
in relazione al termine annuale, bensì in relazione al
termine breve decorrente dalla data di proposizione
prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza

della
legale

del provvedimento impugnato da parte dell’impugnante

(cfr.

con riferimento a un’opposizione agli atti esecutivi:

Cass.

23 maggio 2011, n. 11308)
Nel caso di specie – come riferisce la stessa parte
resistente, che ha eccepito l’inammissibilità – le due
impugnazioni sono state contestuali per essere state
notificate entrambe il 13.12.2007; peraltro la sentenza di
primo grado era stata notificata il 19.11.2007, per cui
rileva il termine breve (qui rispettato) decorrente dalla
data di notificazione della sentenza.
2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione
dell’art. 160 cod. proc. civ. per non avere il Tribunale
qualificato inesistente la notificazione effettuata in un
luogo non avente alcun collegamento con il destinatario. Il
motivo si conclude con il seguente quesito:

«pertanto,

essendo stato il decreto ingiuntivo notificato in un luogo
(abitazione sita in Lecce alla via Coniger n. 1/A) diverso
da quello (via Coniger n.

1 interno A) in cui risiedeva la

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tempestiva, dovendo tale tempestività valutarsi, anche in

Girasoli, vero è che la sua notificazione è giuridicamente
inesistente e non semplicemente nulla».
2.1.

Innanzitutto

il

quesito,

sopra

testualmente

riportato, non ottempera alle prescrizioni di cui all’art.
366 bis cod. proc. civ., secondo la lettura offertane, in

giurisprudenza di questa Corte

(ex plurimis:

Cass. ord. 8

novembre 2010, n.22704; SS.UU. 10 settembre 2009, n.19444;
SS.UU. 2 dicembre 2008, n.28536; SS.UU, ord. 5 febbraio
2008, n.2658; Cass. ord. 17 luglio 2008, n.19769), a tenore
della quale la corretta formulazione del quesito esige che
il ricorrente dapprima riporti sia la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di
merito; sia la sintetica indicazione della regola di diritto
applicata dal quel giudice e, quindi, indichi la diversa
regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe
dovuta applicare al caso di specie.
Invero il suddetto quesito – concretandosi in espressioni
evocante la tesi difensiva non accolte e muovendo da una
premesse assertiva (la non coincidenza dell’abitazione della
Girasoli con il luogo in cui venne eseguita la
notificazione) che non trova riscontro nella decisione
impugnata – si palesa all’evidenza privo di decisività, tale
da non consentire, in base ad una lettura autonoma dal
precedente motivo, di ben individuare le questioni
affrontate e le soluzioni adottate nella sentenza impugnata,
circoscrivendo la pronunzia nei limiti del relativo
accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26 marzo

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merito alle censure di violazione di legge, dalla

2007, n. 7258).
L’inadeguatezza del quesito non è del resto che il
riflesso dell’inammissibile tentativo di riprodurre in
questa sede il “fatto” in contestazione, peraltro ignorando
le motivate argomentazione del giudice del merito in ordine

prodotti dalle parti (quello prodotto dall’opponente,
rilasciato in data 29.04.2003, attestante che la Girasoli
risiede al n.1 della via Coniger; quello prodotto
dall’opposto, rilasciato il 13.02.2004 attestante che la
Girasoli risiede

«dal 04.11.1994 a tutt’oggi»

al n.1/a) e

soprattutto la considerazione che non era stata oggetto di
querela di falso l’attestazione dell’ufficiale giudiziario
in ordine all’immissione dell’avviso nella cassetta postale
della

destinataria (id est

della Girasoli); donde la non

configurabilità di un’ipotesi di inesistenza che avrebbe
postulato l’esecuzione della notificazione in luogo non
avente riferimento con la stessa destinataria.
3. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sulle
richieste istruttorie tempestivamente formulate dalla parte
e riproposte in sede di precisazione delle conclusioni. Il
motivo si conclude con il seguente quesito:

«pertanto

premesso che la Girasoli aveva tempestivamente formulato
richiesta di prova testimoniale, che su tale richiesta è
stata riproposta in sede di precisazioni delle conclusioni e
che anche nella sentenza impugnata il primo giudice non si è
pronunciata su di essa, vero è che la sentenza impugnata è

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alla “discordanza” dei dati emergenti dai due certificati

nulla per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112
c.p.c. e che perciò va cassata con ricorso ad altro giudice,
• che provveda sulle richieste istruttorie».
3. Il motivo è inammissibile per erronea individuazione
del motivo di censura. Invero il vizio di omessa pronuncia

dell’art. 112 cod. proc. civ. ed è rilevante ai fini di cui
all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., sussiste solo in
riferimento a domande, eccezioni od assunti che richiedano
una statuizione di accoglimento o di rigetto. Non è
possibile, viceversa, configurare siffatto vizio in
relazione ad istanze istruttorie, per le quali l’omissione è
denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di
motivazione (Cass. 18 giugno 2013, n. 15196; Cass. 18 marzo
2013, n. 6715).
La censura andava, dunque, formulata in relazione al n. 5
dell’art. 360 cod. proc. civ. e andava corredata dalla
«chiara indicazione»

richiesta, a pena di inammissibilità,

dall’ultima parte dell’art. 366 bis cod. proc. civ..
Non è superfluo aggiungere che è, comunque, ravvisabile un
implicito rigetto delle istanze istruttorie nel rilievo,
svolto nella decisione impugnata in ordine alla mancata
proposizione della querela di falso.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

che determina la nullità della sentenza per violazione

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna
parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate in C 7.700,00 (di cui C 200,00 per
esborsi) oltre accessori come per legge.

Roma 3 ottobre 2013

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